“L’industria ci spieghi perché il latte costa al consumatore tre volte il prezzo pagato all’allevatore”

“Non si capisce perché trasformatori e grande distribuzione non riescano a dare una spiegazione del motivo per cui il latte per i consumatori costa tre volte il prezzo pagato al produttore”, è stato duro nel suo intervento l’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd, durante le audizioni della XIII Commissione Agricoltura della Camera con i rappresentanti di Federalimentare, Federdistribuzione, Associazione nazionale cooperative di consumatori (Ancc-Coop) e Associazione nazionale cooperative tra dettaglianti (Ancd-Conad).

“Il prezzo del latte alla stalla è diverso a seconda del trasformatore che lo compra, ma il margine di differenza è sempre minimo – spiega Cova –. E anche quando nel 2014 gli allevatori hanno preso una media abbastanza alta, non superava mai i 41,5 centesimi al litro. Eppure, al dettaglio, quindi al consumatore, viene venduto anche a 1,60 euro. Nessuno dei presenti è stato in grado di darmi una spiegazione, ma la sensazione che paghi sempre il consumatore e nel frattempo l’allevatore riesca appena appena a coprire le spese, rimane”.

Cova ha attaccato le sigle degli industriali anche sul tema del latte crudo: “Vista la loro richiesta di incentivare i consumi di prodotti lattiero-caseari, ho manifestato il mio disappunto rispetto al fatto che i trasformatori hanno disincentivato l’uso e il consumo del latte crudo prodotto e venduto nelle aziende. Forse perché esce dal loro giro di distribuzione? Sostenere il consumo dei prodotti lattiero-caseari significa farlo a tutti i livelli della filiera”.

Roma, 5 marzo 2015

News dal Parlamento

 

Giudici più responsabili

Questa settimana avrete sentito parlare del provvedimento che abbiamo votato alla Camera sulla responsabilità civile dei magistrati. Ebbene, la modifica della legge Vassalli che la disciplina e che regola l’azione utile a far valere la responsabilità civile dello Stato per i danni causati dalla condotta illecita di un magistrato, si è resa necessaria sostanzialmente per due motivi: la sua scarsa concreta applicazione e l’apertura di una procedura d’infrazione europea. Gli elementi principali della proposta sono il mantenimento dell’attuale principio della responsabilità indiretta del magistrato (l’azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato); la limitazione della clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità del magistrato; la ridefinizione delle fattispecie di colpa grave; l’eliminazione del filtro di ammissibilità della domanda; una più stringente disciplina della rivalsa dello Stato verso il magistrato. I punti più discussi hanno riguardato i nuovi casi di colpa grave e, in particolare, il travisamento del fatto o delle prove.

In altre parole, la legge garantisce i cittadini dai casi di malagiustizia conclamata e non mette in discussione l’indipendenza della magistratura. Ora chiunque potrà fare ricorso senza troppi filtri e barriere e questo ricorso sarà giudicato fondato solo in caso di dolo, colpa grave, grave negligenza, travisamento macroscopico di prove. Abbiamo così tutelato da un lato il diritto di tutti ad avere una giustizia giusta e, dall’altro, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, due principi costituzionali e civili che debbono camminare insieme.

Palestina di Stato e di pace

Anticipata da una comunicazione in Aula del Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, abbiamo approvato una mozione del Pd (300 voti favorevoli, 40 contrari e 59 astenuti) che mira a riconoscere la Palestina come Stato.

Nel suo intervento Gentiloni ha riconosciuto il diritto dei palestinesi a un loro Stato e il diritto di Israele a vivere in sicurezza di fronte a chi, per statuto, vorrebbe cancellarne l’esistenza. In questo quadro, ha detto il Ministro, il Governo valuta favorevolmente l’impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento di uno Stato palestinese e a fare tutti gli sforzi per riprendere il negoziato tra le parti. E la nostra mozione ha di fatto impegnato il Governo a continuare a sostenere in ogni sede l’obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, sulla base del reciproco riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo. A promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele. A ricercare un’azione coordinata a livello internazionale, e in particolare in seno all’Unione europea e alle Nazioni Unite, in vista di una soluzione globale e durevole del processo di pace in Medio Oriente fondata sulla esistenza di due Stati, palestinese ed israeliano, attivandosi per sostenere e promuovere il rilancio del processo di pace tramite negoziati diretti fra le parti.

Al latte serve un tavolo

Nei giorni scorsi, in Comm​issione​ Agricoltura della Camera, è stata incardinata una risoluzione sul prezzo del latte. Un tema su cui sono intervenuto più volte, conoscendo bene il settore. Sono convinto, al contrario, che alcuni vogliono fare notizia e finire sui giornali senza sapere bene di cosa parlano, soprattutto quando affermano che il prezzo del latte è il più basso degli ultimi 30 anni. Invece, il 2014 è stato l’anno in cui gli allevatori hanno preso il prezzo medio più alto dal 1997. Tuttavia, è vero che questo non basta per affrontare con serenità il periodo che segue al regime delle quote latte. Eppure, il punto è tutto qui: capire le cause della volatilità del prezzo del latte in questi anni di quote, aiuta anche a trovare la risposta.

E il mio suggerimento per uscire da questo impasse è la realizzazione dell’Interprofessionale del latte, ovvero un tavolo dove i produttori, i trasformatori e la grande distribuzione si dovrebbero confrontare sulle ‘regole di ingaggio’. L’obiettivo è determinare parametri economici certi per tutti, sistemi per migliorare il prodotto italiano e la sua tracciabilità fino a un riconoscimento certo per i consumatori, aumentare le esportazioni e il consumo del prodotto italiano. In tutto questo, ho apertamente criticato la politica agricola che la Lega sta attuando in Lombardia: la regione che produce più del 40% del latte italiano, non è ancora riuscita ad attivare gli interventi per l​’assistenz​a​ tecnic​a​, a promuovere la consulenza aziendale, come previsto nel decreto ‘Campo libero’, non ha tutelato tutti gli allevatori da latte ma solo gli iscritti all’Aia (Associazione italiana allevatori),​ penalizzando il 40% degli allevatori italiani e lombardi​.

Terra dei fuochi: idee per il rilancio agricolo

In Commissione Agricoltura abbiamo approvato due risoluzioni di altrettanti colleghi che riguardano la Terra dei fuochi e le iniziative di sostegno al settore agricolo in quel territorio. Le richieste di impegno al Governo che contengono i due documenti riguardano il rafforzamento dei controlli sanitari dei prodotti agricoli prima della raccolta; il varo dei regolamenti per la classificazione delle acque sotterranee per uso irriguo e della qualità dei suoli agricoli; la realizzazione delle infrastrutture irrigue; la costituzione di un Centro elaborazione dati ambientali ed agroalimentari e di un centro nazionale per la formazione relativa agli interventi volti al contrasto dei crimini ambientali; l’incremento di organico del Corpo forestale dello Stato della Campania.

Ma nei documenti si chiede anche di assumere iniziative per stabilire che i terreni che dovessero risultare compromessi dall’inquinamento, qualora si dimostri la non colpevolezza del soggetto che ha il godimento del fondo, vengano destinati, anche attraverso incentivi statali, alla produzione di legname, opportunamente trattato in fase di reimpiego nei cicli industriali oppure utilizzato per la produzione di canapa.

Parliamo di politica

Infine, qualcosa che riguarda me e l’attività che sto portando avanti a livello parlamentare. Anche in questo secondo anno di legislatura, desidero, infatti, incontrarvi per un momento di confronto politico e di rendicontazione del mio operato, un’analisi dei passi compiuti, uno sguardo ai cambiamenti istituzionali in atto e alla nuova situazione politica. Terrò, per questo, due incontri: il primo sabato 7 marzo, alle 9.45, alla Cooperativa Ortica di via San Faustino 2, a Milano, per quanto riguarda la città; l’altro venerdì 13 marzo, alle 20.45, al Circolo Pd di via Leonardo da Vinci 1/A, a Gorgonzola, per la Zona Est, Adda-Martesana.

Qui il volantino d’invito

Paolo Cova

Serve un’Interprofessione del latte, sia per i produttori che per i consumatori. Regione Lombardia non sta facendo abbastanza

“Chi vuole andare sui giornali per dire che il prezzo del latte è il più basso degli ultimi 30 anni, forse deve prima informarsi, perché altrimenti non saprà cosa deve mettere in campo per aiutare i nostri allevatori”, lo dice l’on Paolo Cova, parlamentare del Pd, nel giorno in cui viene incardinata una risoluzione sul prezzo del latte che verrà affrontata in Comm​issione​ Agricoltura della Camera.

E per spiegare quanto afferma, Cova fa sapere: “Il 2014 è stato l’anno in cui gli allevatori hanno preso il prezzo medio più alto dal 1997. Tuttavia, è vero che questo non basta per affrontare con serenità il periodo che segue al regime delle quote latte. Eppure, il punto è tutto qui: capire le cause della volatilità del prezzo del latte in questi anni di quote, aiuta anche a trovare la risposta”.

Per il parlamentare Pd “è mancata la realizzazione dell’interprofessione del latte, ovvero un tavolo dove i produttori, i trasformatori e la grande distribuzione si sarebbero potuti confrontare sulle ‘regole di ingaggio’ che poi avrebbero consentito a tutta la filiera di averne un vantaggio economico,​ ​fissando i criteri per l’applicazione dell’art. 62. Invece, in questo contesto, solo i produttori hanno pagato”.

Ecco, dunque, la proposta di Cova: “Per il futuro serve la costituzione dell’Interprofessione del latte che arrivi a determinare parametri economici certi per tutti, sistemi per migliorare il prodotto italiano e la sua tracciabilità fino a un riconoscimento certo per i consumatori. Questo organismo dovrà essere la forza propulsiva per aumentare le esportazioni e il consumo del prodotto italiano e non, al contrario, un modo per contenere le produzioni. In tutto questo, il ruolo delle cooperative agricole e delle organizzazioni produttive diventa strategico e la loro gestione gioca un ruolo fondamentale per aumentare la redditività degli allevatori”.
E se non bastasse, Cova aggiunge che servono “progetti e interventi che migliorino la qualità del prodotto, che riducano i costi di produzione e consentano di ottimizzare la gestione del patrimonio zootecnico”.

Infine, il parlamentare Pd non può esimersi dalla critica alla politica agricola che si sta attuando in Lombardia: “Non consola vedere che la regione che produce più del 40% del latte italiano, non sia ancora riuscita ad attivare gli interventi per l​’assistenz​a​ tecnic​a​, a promuovere la consulenza aziendale, come previsto nel decreto ‘Campo libero’, non abbia tutelato tutti gli allevatori da latte ma solo gli iscritti all’Aia (Associazione italiana allevatori, ndr),​ penalizzando il 40% degli allevatori italiani e lombardi​”.

A maggior ragione, dice il lombardo Cova, se si pensa che “negli anni Ottanta è stata la regione trainante per la produzione di latte e ha messo in campo energie, progetti e innovazione copiati in tutta Italia. Invece, ora sta rallentando l’intero settore”.

Roma, 25 febbraio 2015

News dal Parlamento

 Focolaio Libia: l’Italia non può essere sola

La crisi in Libia e il grave deterioramento del quadro di sicurezza internazionale, è stata al centro di una comunicazione alla Camera del Ministro degli Affari esteri Paolo Gentiloni. Un quadro, ha detto il responsabile del dicastero, che ha portato l’Italia a decidere la temporanea chiusura dell’ambasciata. Dalle sue parole emerge che la realtà della presenza di gruppi terroristici in Libia deve essere valutata con attenzione, distinguendo tra fenomeni locali, criminalità comune, e realtà esterne rappresentate dai combattenti stranieri. Fenomeni che si autoalimentano traendo vantaggio dall’assenza di un quadro istituzionale nel Paese. Gentiloni è stato chiaro su un punto: le origini della crisi attuale vanno cercate negli errori compiuti, anche dalla comunità internazionale, nella fase successiva alla caduta del vecchio regime di Gheddafi. Ci sono di mezzo rivalità politiche, religiose, regionali, etniche e tribali che il vecchio regime teneva sotto controllo e che subito dopo sono scoppiate senza possibilità per alcuno di saperle contenere.

Oggi nel Paese le istituzioni sono praticamente fallite e potenziali gravi ripercussioni potrebbero riflettersi su di noi, ma anche sulla stabilità degli altri Stati africani contermini. Gentiloni ha ribadito che l’Italia ha deciso, sin dal primo momento, di sostenere senza sosta lo sforzo di mediazione delle Nazioni Unite, sapendo bene che l’unica soluzione alla crisi in Libia è quella politica. E sapendo che mentre il negoziato muove questi primi passi, la situazione si aggrava, a cominciare dalla crescita dell’onda migratoria, rispetto alla quale però una cosa è certa: non possiamo voltarci dall’altra parte, lasciando i migranti al loro destino. Dobbiamo, piuttosto, batterci per contrastare le cause delle migrazioni nei Paesi di origine e di transito e dobbiamo rafforzare sensibilmente la missione Triton, per adeguarla alla realtà di un fenomeno di scala enorme. Ma non possiamo ess ere soli di fronte a questa situazione: serve un cambio di passo da parte della comunità internazionale prima che sia troppo tardi.

 

È tempo di proroghe

Anticipato da un voto di fiducia (354 sì, 167 no, 1 astenuto), alla Camera abbiamo approvato il decreto Milleproroghe, quel provvedimento che ha la finalità di prorogare o differire termini legislativamente previsti al fine di garantire la funzionalità in diversi settori.

Tra i più importanti di questi settori la proroga degli sfratti di 4 mesi: si consente, cioè, al giudice di disporre, su richiesta della parte interessata e al fine di consentire il passaggio da casa a casa, la sospensione dell’esecuzione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione.

Un’altra previsione attesa riguardava le partite Iva: si stanziano 120 milioni l’anno per bloccare al 27% l’aumento previsto dell’aliquota contributiva Inps per gli iscritti alla gestione separata. Inoltre, i possessori di partita Iva, con guadagni fino a 30mila euro, per tutto il 2015 potranno optare sia per il nuovo regime dei minimi con l’aliquota forfettaria al 15%, sia per il vecchio regime al 5% ma con il limite fino a 5 anni o al raggiungimento dei 35 anni d’età.

Sul fronte del lavoro e dell’occupazione, si proroga per il 2015 l’incremento del 10% dell’ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà, che passa, quindi, al 70% della retribuzione. Prorogata di 24 mesi anche la cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività.

Importantissimo, poi, l’allungamento da 4 a 6 anni della durata complessiva dei rapporti instaurati per il conferimento degli assegni di ricerca, che dà respiro al mondo dei giovani ricercatori. E per chi è sensibile dal punto di vista ambientale, è stato prorogato anche il regime fiscale di vantaggio relativo alle energie da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, oltre che da carburanti ottenuti da produzioni vegetali.

 

E ora parliamo di doping in divisa

Prosegue il mio impegno su questo argomento che cerco di approfondire in ogni suo aspetto. Sto infatti affrontando la vicenda del doping anche per quanto riguarda i gruppi sportivi delle forze armate o dell’ordine in quanto ritengo che coloro che indossano la divisa debbano essere i primi atleti a risultare puliti e a contrastare questo fenomeno. Ho già spiegato tante volte anche il perché: il doping alimenta il malaffare ed è una pratica sporca, in tutti i sensi.

Per questo motivo ho presentato senza indugi un’interrogazione a risposta scritta in cui chiedo ai Ministri competenti di sapere “se i comandanti dei Gruppi sportivi erano a conoscenza che atleti di tutte le discipline sportive, appartenenti al proprio gruppo sportivo, non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità come previsto dal Codice antidoping del Wada e quale sistema di controllo interno abbiano messo in atto in questi anni per prevenire il mancato invio della reperibilità e del possibile uso di sostanze dopanti da parte dei propri atleti”. Ma anche “se i comandanti dei Gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla Procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non fossero nella condizione di aver disatteso all’obbligo di inviare la reperibilità e quali provvedimenti abbiano messo in atto nei confronti degli atleti che avessero eventualmente disatteso a questo obbligo”.

Infine, “se gli atleti appartenenti ai gruppi sportivi che risultano convocati per chiarimenti dalla Procura antidoping, abbiano concordato una linea difensiva comune assumendo un unico studio legale e se tale percorso sia stato condiviso e concordato dai comandanti e responsabili dei gruppi sportivi”. Ricordo che lo snodo in tema di controllo antidoping è nell’agenzia terza, ma anche nella procedura che vede la comunicazione della reperibilità il punto focale delle verifiche. E se nessuno si preoccupa di sanzionare gli atleti che non fanno sapere con esattezza dove si trovano, è chiaro che il meccanismo non funziona. Ciò, ribadisco, vale per tutti. E chi porta la divisa lo deve sapere a prescindere.

 

Coste italiane a rischio

Ho sottoscritto un’interrogazione, rivolta al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, che tratta dei fenomeni di erosione che interessano sempre più le zone marino-costiere italiane, spesso favoriti da fattori antropici. La questione è sempre quella del consumo di suolo, particolarmente grave quando si tratta della costa: secondo l’annuario Ispra, infatti, il 35,8% del territorio nazionale compreso nella fascia dei 300 metri dalla riva, risulta urbanizzato, per un valore complessivo di 731 chilometri quadrati su 670 comuni. E nel contempo l’erosione dei litorali interessa quasi la metà del Paese: su circa 8.300 chilometri di fascia costiera il 42%, cioè poco meno della metà, è soggetto a questi fenomeni e 2400 chilometri di costa italiana ne mostrano gli effetti. Ogni anno si perdono 75mila metri quadrati di spiagge e in pericolo è soprattutto i l versante Adriatico.

Numeri agghiaccianti, che portano a chiedere al Ministro che cosa stia facendo per contrastare l’erosione delle coste, se sia stata avviata una ricognizione mirata sulla situazione dei litorali, dei progetti in corso, delle norme e delle conoscenze tecniche e scientifiche esistenti. E se non ritenga opportuno valutare una proposta comune per accedere ai fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione europea e iniziare interventi eco-sostenibili prolungati e specifici.

Paolo Cova

Doping: un’interrogazione per chiarire cosa accade nei gruppi sportivi militari e delle forze di polizia

 

La battaglia contro il doping dell’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd, continua e questa volta nel mirino ci sono gli atleti appartenenti ai gruppi sportivi militari e delle forze di polizia, quelli che in molte discipline, negli ultimi decenni, hanno rappresentato il fiore all’occhiello dello sport nazionale e il vero medagliere italiano.

 

“È necessario capire se i gruppi sportivi militari hanno vigilato sui propri atleti rispetto alla problematica doping e alle mancate segnalazioni di reperibilità che sono alla base dello scandalo dei controlli, in quanto non​ hanno​ comportato, il più delle volte, nessuna conseguenza – spiega Cova –. Si consideri che quasi il 90 per cento degli atleti che sono andati alle olimpiadi vestono la divisa. Anzi, il doping nello sport va combattuto ​in primo luogo proprio dai gruppi sportivi delle forze armate e delle forze dell’ordine che sono i tutori della legge e i primi rappresentati dello Stato nello sport. Per costruire uno sport pulito e senza ombre, i comandanti di questi gruppi sportivi devono mettere in campo ogni azione per evitare che i propri atleti cadano nella tentazione del doping e non devono delegare solo alle federazioni questi compiti”.

E aggiunge: “Mi auguro che nessuno dei nostri atleti militari o delle forze dell’ordine sia coinvolto nelle mancate notifiche o nei test mancati, ma è importante appurare se ciò è effettivamente accaduto e come sono intervenuti i rispettivi comandanti”. Proprio per questo, per Cova “è giusto aspettarsi una procedura più stringente, perché questi atleti rappresentano tutti noi e le istituzioni di questo Paese”.

 

L’interrogazione a risposta scritta depositata stamattina da Cova chiede, perciò, ai Ministri competenti di sapere “se i comandanti dei Gruppi sportivi erano a conoscenza che atleti di tutte le discipline sportive appartenenti al proprio gruppo sportivo non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità come previsto dal Codice antidoping del Wada e quale sistema di controllo interno abbiano messo in atto in questi anni per prevenire il mancato invio della reperibilità e del possibile uso di sostanze dopanti da parte dei propri atleti”.

Ma anche “se i comandanti dei Gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla Procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non fossero nella condizione di aver disatteso a questo obbligo di inviare la reperibilità e quali provvedimenti abbiano messo in atto nei confronti degli atleti che avessero eventualmente disatteso a questo obbligo”.

Infine, “se gli atleti appartenenti ai gruppi sportivi che risultano convocati per chiarimenti dalla Procura antidoping, abbiano concordato una linea difensiva comune assumendo un unico studio legale a difesa e se tale percorso sia stato condiviso e concordato dai comandanti e responsabili dei gruppi sportivi”.

 

Roma, 18 febbraio 2015

News dal Parlamento

 

La Camera che non vorremmo vedere

Sono davanti agli occhi di tutti voi le brutte immagini di quanto accaduto in Aula alla Camera, nei giorni – e nelle notti – scorsi, durante il dibattito sulle riforme. Mi sembra opportuno spiegare come ho vissuto quei momenti e cosa è successo davvero. La riforma della Costituzione è alla Camera da inizio settembre, dove ha iniziato il suo percorso in Commissione Affari costituzionali. La discussione in Aula è iniziata a dicembre con un tempo contingentato di circa 105 ore, ampliato di un ulteriore terzo. Con un accordo con i partiti (Sel, FdI, Lega, M5s), è stato deciso di terminare le votazioni dopo l’elezione del Presidente della Repubblica per evitare che ci fosse uno scambio tra l’approvazione delle riforme e l’elezione del nuovo Capo di Stato.

All’inizio di questa settimana è stato fatto un ulteriore accordo per ampliare i tempi del dibattito, ormai esauriti, e per rinviare la votazione finale a marzo, come richiesto dai partiti di minoranza a cui ora si è aggiunta Forza Italia. Dopo tutte queste trattative, mercoledì sono stati presentati circa 2mila sub emendamenti – per darvi un’idea, se ne riuscivano a votare circa 100-150 al giorno – e in più il regolamento della Camera consente che ogni mattina si possano presentare altri nuovi sub emendamenti. Capisco che raccontare tutto ciò possa sembrare noioso e difficile da comprendere, ma è solo per farvi capire come questo meccanismo consenta di non arrivare mai ad approvare una legge o, come in questo caso, la riforma. La scelta risolutiva è stata, dunque, di fissare una “seduta fiume”, cioè si continua ad andare avanti a votare a oltranza fino al termine, notte compresa. L’obiettivo era di evitare la presentazione di nuovi sub emendamenti e il blocco completo dei lavori.

Questo ha scatenato la protesta del M5s che così non poteva più proseguire con il suo ostruzionismo e che, come alternativa, ha impedito in tutti i modi ai deputati di altri partiti di intervenire e di proseguire con le votazioni. Gravissimi i cori di insulti nei confronti della Presidente Boldrini e dei vice presidenti a cui si è aggiunto il lancio di oggetti verso di loro e del personale di supporto alla presidenza. Questo clima di tensione ha scatenato anche la rissa fra un deputato del Pd e uno di Sel. Come è stato più volte ribadito, è giusto che chi non condivide abbia la possibilità di intervenire e dibattere, ma diventa difficile immaginare che riesca a impedire di votare i provvedimenti, soprattutto se mette in campo urla, insulti, scontri fisici. Questo significherebbe la completa paralisi del Parlamento. E comunque, ci sono metodi diversi per dimostrare il proprio dissenso e anche per fare ostruzionismo.

La verità non spaventi. Mai

Come vi avevo segnalato più volte nelle scorse newsletter, sabato mattina, a Palazzo Marino, si è tenuto l’incontro “Chi e perché ha ucciso Aldo Moro”, ovvero la lettura di quanto accaduto al presidente della Dc attraverso i documenti di Stato.

Il collega on. Gero Grassi, che sta portando in tutta Italia questa iniziativa, ha magistralmente ricostruito i fatti relativi al rapimento e all’uccisione di Moro, basandosi su uno studio degli atti della Magistratura effettuato dal Gruppo del Pd alla Camera. È stata un’interessante e preziosa occasione di approfondimento di questa tragica pagina della storia italiana. ​Mi sembra opportuno ribadire che la ricerca della verità non deve mai spaventare nessuno, anche se in alcuni casi può essere difficile da accettare.​ E l’ampia partecipazione che ha avuto l’iniziativa lo ha dimostrato. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare quanti di voi ne hanno preso parte e, ancora una volta, Gero, per la sua disponibilità e per l’eccellente lavoro svolto.

 

L’Associazione MusicalMente di Landriano e la Compagnia Tuttinscena di Roncaro sono liete di invitare la S.V. alla rappresentazione scenica con atto unico

AMORE FERITO

CONFERENZA SPETTACOLO SUL TEMA DELLA VIOLENZA SULLE DONNE

Musiche originali e arrangiamenti dal vivo di Paolo La Rosa

SABATO 21 FEBBRAIO 2015, alle ore 21.00

Presso il TEATRO ARCA

Corso XXII Marzo 23 Milano

Un’ora di spettacolo e una riflessione con il pubblico su una problematica che investe in modo sempre più frequente la nostra società. Nella speranza di incontrarvi personalmente cogliamo l’occasione per porgere cordiali saluti.

Il Direttivo dell’Associazione MusicalMente, Landriano.

Clicca qui per vedere la locandina.

Paolo Cova

News dal Parlamento

 

 Le premesse del Presidente

Per chi se lo fosse perso, voglio riportare il video integrale del discorso che il neo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto al Parlamento nel giorno del giuramento. E qui vi riassumo i passi salienti di un messaggio che ho apprezzato dalla prima all’ultima parola. Per capire che tipo di settennato sarà, è importante sapere quali sono le premesse da cui parte.

Mi ha colpito particolarmente quando, esordendo, ha detto di avvertire pienamente la responsabilità del compito che gli è stato affidato che è quello di rappresentare l’unità nazionale, ma anche quella costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini. E che questa unità rischia di essere difficile, fragile, lontana. Quindi, l’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze. Concetti che aveva brevemente espresso a commento della sua elezioni pochi minuti dopo l’annuncio. È importante che li abbia ribaditi: saranno un punto fermo del suo incarico, non frasi di circostanza.

Dopo una lucida disamina degli effetti di una crisi durata fin troppo, ha ribadito che i punti dell’agenda delle istituzioni saranno rappresentati dalla necessità di garantire lavoro, diritti e servizi sociali fondamentali ai cittadini. Quindi, da un lato vanno assicurati i principi e i valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione, dall’altro va alimentata l’inversione del ciclo economico.

Il Presidente Mattarella ha sottolineato ancora una volta l’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali. E anche qui il suo pensiero è andato ai giovani, ma anche alle imprese che, nonostante tutto, continuano a fare il possibile per stare sui mercati internazionali.

Un’esortazione è arrivata direttamente a noi parlamentari: non siete espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese, ci ha detto.

I suoi richiami sono stati, poi, ai diritti delle donne, dei malati, delle persone con disabilità, al pluralismo dell’informazione e ha posto come priorità assoluta la lotta alla mafia, alla corruzione e oggi anche al terrorismo internazionale. E la parola speranza è risuonata più volte nella nostra Aula, come un monito per tutti noi.

Qui il video del discorso.

 

Parliamo di Moro

Vi ricordo l’appuntamento di sabato 14 febbraio 2015, alle ore 10.00, a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, in sala Alessi, dove si terrà l’incontro dal titolo “Chi e perché ha ucciso Aldo Moro”. Come vi avevo annunciato, si tratta del racconto della vicenda del presidente della Dc, rapito e ucciso dalla Brigate Rosse, attraverso la lettura dei documenti di Stato. Oltre a me, interverranno Marco Granelli, assessore del Comune di Milano, Andrea Fanzago, vicepresidente del Consiglio comunale milanese, il sindaco Giuliano Pisapia, il Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. La relazione è affidata a Gero Grassi, vicepresidente del Gruppo Pd della Camera.

Come vi avevo anticipato, questa iniziativa sta girando tutta l’Italia ed è ancora più importante in un momento in cui abbiamo eletto un Presidente della Repubblica che ad Aldo Moro è stato molto vicino. Conoscere le novità su questa tragica pagina della storia italiana recente, diventa, perciò, fondamentale. Per leggere il volantino clicca qui.