News dal Parlamento

Pensioni: via libera ufficiale

Vi ricorderete, soprattutto se siete parte interessata, che qualche settimana fa la Corte Costituzionale si è pronunciata dichiarando illegittimo il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 disposto dal

decreto-legge n. 201 del 2011, il cosiddetto Salva Italia, del Governo Monti. Bene: questa settimana, alla Camera, abbiamo approvato il provvedimento che dà il via alla corresponsione degli arretrati pensionistici per il mancato adeguamento all’inflazione degli anni passati, al rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga e a più forti garanzie sul Tfr anticipato in busta paga.

Per i due anni in questione si riconosce una rivalutazione assegnata in modo decrescente fino a 6 volte il minimo di pensione Inps, con decorrenza 1° settembre 2015. Gli arretrati saranno pagati in un’unica soluzione il 1° agosto, per un ammontare medio di oltre 500 euro a pensionato. L’importo sarà maggiore per le pensioni comprese tra 3 e 4 volte il minimo e inferiore per le pensioni comprese tra 4 e 6 volte. L’intervento interessa 3,7 milioni di persone e mette in campo 2 miliardi e 180 milioni di euro per il 2015 e quasi 500 milioni a regime dal 2016.

Oltre all’intervento volto a recepire la sentenza della Consulta, il decreto contiene una serie di norme tese a rifinanziare strumenti a sostegno dell’occupazione. Si autorizza la spesa di 1 miliardo aggiuntivo sugli ammortizzatori in deroga e si rafforzano con 290 milioni i contratti di solidarietà. Previsto infine l’anticipo del pagamento delle pensioni al primo giorno di ogni mese e un adeguamento normativo finalizzato a far sì che la somma dei contributi non venga svalutata dal calo del Pil registrato negli ultimi anni. Sono state approvate, anche, misure in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto.

 

Tutti i temi dell’Europa

Questa settimana, alla Camera, abbiamo approvato in via definitiva, con 270 voti favorevoli e 113 voti contrari, il disegno di legge di delegazione europea 2014. Il provvedimento è, insieme alla legge europea, uno dei due strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione europea e contiene le disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea.

La legge contiene disposizioni di delega per il recepimento di 58 direttive europee, per l’adeguamento della normativa nazionale a 6 regolamenti Ue e per l’attuazione di 10 decisioni quadro, oltre a principi e criteri direttivi specifici, cui il Governo dovrà attenersi, con riferimento a 12 direttive, 6 regolamenti e 3 decisioni quadro.

I temi cui anche l’Italia dovrà conformarsi sono veramente molti e spaziano in tutti i campi. Ecco i più importanti: risarcimento del danno derivante da violazione delle norme europee sulla concorrenza, sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive attuate, vigilanza prudenziale degli enti creditizi e negoziazione di strumenti finanziari, ravvicinamento delle disposizioni relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, sistemi di garanzia dei depositi, risanamento degli enti creditizi e delle imprese d’investimento, mercati degli strumenti finanziari, organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, sanzioni penali per abusi di mercato, valutazione dell’impatto ambientale di progetti pubblici e privati, esposizione alle radiazioni ionizzanti, sicurezza e salute dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici. C’è anche una direttiva concernente il miele.

E sul piano della giustizia penale, il Governo dovrà dare attuazione a 7 decisioni quadro relative alle squadre investigative comuni, ai provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, al reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie e delle sentenze e decisioni di sospensione condizionale in vista della conseguente attività di sorveglianza, al reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza dell’interessato al processo e delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, alla risoluzione dei conflitti nell’esercizio della giurisdizione penale, agli scambi di informazioni del casellario giudiziario.

Risultano, inoltre, pendenti procedure di infrazione per mancato recepimento delle direttive in materia di trapianti, di obblighi derivanti dalla convenzione sul lavoro marittimo, di sistema di tracciabilità degli articoli pirotecnici e di attrezzature a pressione.

 

Quel formaggio “in polvere”

Probabilmente non è noto alla maggioranza di voi, ma è bene sapere che sulle nostre tavole vengono serviti e consumati formaggi fatti con il latte in polvere. E in quantità superiore a quanto ci si possa aspettare. Con il collega parlamentare del Pd Giorgio Zanin, questa settimana, siamo intervenuti su questo tema dicendo che il consumatore deve sapere ed essere consapevole di quello che sta per mangiare.

Diventa per noi imperativo continuare a batterci affinché i consumatori italiani ed europei abbiano informazioni trasparenti sul cibo che mangiano. È questa la via privilegiata per garantire la qualità e assicurare la giusta remunerazione a chi produce.

La vicenda dei formaggi prodotti con latte in polvere è un esempio che deve spingerci a indicare in etichetta la natura del latte che viene usato e poi trasformato. L’uso di cagliate, cagliate congelate o semilavorati per la trasformazione in formaggi non incide sulla salubrità e sanità del prodotto, ma ha una qualità diversa rispetto all’uso di latte fresco.

In Commissione Agricoltura della Camera ci siamo battuti affinché nella risoluzione sul latte, recentemente approvata, ci fosse l’impegno a indicare il luogo di origine del latte oggetto di trattamento in modo chiaramente visibile al consumatore per favorire la tracciabilità del prodotto, indicando, inoltre, le caratteristiche del prodotto iniziale e, in particolare, se si tratta di latte fresco o cagliate o cagliate congelate o semilavorati.

I nostri prodotti Dop e Igp vengono preservati dai singoli disciplinari, ma, dal nostro punto di vista, la nuova frontiera per i consumatori è conoscere anche il luogo di origine del prodotto che verrà trasformato e le sue caratteristiche.

 

La Rai e il doping: ma si fa così?

E in settimana, assieme a un altro collega, il parlamentare del Pd Michele Anzaldi, siamo intervenuti, con una interrogazione, per stigmatizzare un comportamento tenuto in una trasmissione Rai.

Dovete sapere che Rai Sport, nella trasmissione Radio Corsa, andata in onda il 5 marzo scorso, ha ospitato un corridore, ex campione del mondo di ciclismo, la cui squalifica di due anni è stata comminata il 17 gennaio 2014 dal Tribunale nazionale antidoping del Coni per violazione dell’articolo 2.2 del codice Wada (uso o tentato uso di sostanze dopanti) e confermata dal Tribunale arbitrale dello sport di Losanna, con scadenza della squalifica il 17 agosto 2015. Durante l’intervista, andata in onda 4 mesi prima della scadenza della pena, il conduttore ha formulato all’atleta, che ha svolto la propria autodifesa senza mostrare particolare rammarico per l’accaduto, un caloroso augurio per un pronto rientro nelle competizioni, in assenza di riscontri obbiettivi che avvalorassero il suo auspicio, lanciando, dunque, a nostro avviso, un messaggio antisportivo e fortemente diseducativo soprattutto per le giovani generazioni che si affacciano al mondo dello sport.

Di tutto questo con Alnzaldi, che è anche segretario della Commissione di Vigilanza Rai, abbiamo scritto in un’interrogazione alla presidente e al direttore Rai. Nel documento la nostra domanda al servizio pubblico è chiara: la Rai educa così all’etica sportiva?

Ci stupisce, insomma, che un atleta condannato per doping possa essere presente in una trasmissione quando ancora è squalificato e che possa addirittura minimizzare la propria posizione davanti a una platea di telespettatori, molti dei quali giovani e giovanissimi, ma anche intervenire a commentare altre vicende di doping. La Rai svolge un ruolo di informazione pubblica e deve offrire ai giovani che guardano i programmi un’immagine di sport pulito e sano che premia il vero merito. Osannare le gesta di chi ha fatto uso di doping non appare un messaggio opportuno per il servizio pubblico.

 Paolo Cova

 

 

 

Sicomoro di luglio

Carissime e carissimi,

  nel Sicomoro del mese trovate alcune riflessioni sugli avvenimenti di attualità,  Grecia e immigrati; un richiamo all’enciclica di Papa Francesco e il grande riconoscimento a Scarp de’ tenis con il premio “Premiolino 2015”.

 Se vuoi leggere clicca qui.

Vi segnalo, inoltre, l’importante appuntamento a Milano il 6 luglio “Ripartire dalle periferie”, clicca sulla locandina.

 

Paolo Cova

Rai, Cova e Anzaldi: “Sorprende spazio a ciclista squalificato per doping, ospitato a marzo ma fuori fino ad agosto. Rispondano presidente e direttore”

Può la Rai, servizio pubblico, dare ampio spazio a un atleta squalificato per doping? Se lo chiedono gli onorevoli Paolo Cova e Michele Anzaldi, parlamentari del Pd, in un’interrogazione alla presidente e al direttore Rai, appena depositata, che fa riferimento a un episodio preciso.

“Rai Sport, nella trasmissione Radio Corsa, andata in onda il 5 marzo scorso, ha ospitato un corridore, ex campione del mondo di ciclismo, la cui squalifica di due anni è stata comminata il 17 gennaio 2014 dal Tribunale nazionale antidoping del Coni per violazione dell’articolo 2.2 del codice Wada (uso o tentato uso di sostanze dopanti) e confermata dal Tribunale arbitrale dello sport di Losanna, con scadenza della squalifica il 17 agosto 2015”, ricordano nel documento.

 

Ma durante l’intervista, “andata in onda ben quattro mesi prima della scadenza della pena, il conduttore ha formulato all’atleta, che ha svolto la propria autodifesa senza mostrare particolare rammarico per l’accaduto, un caloroso augurio per un pronto rientro nelle competizioni, in assenza di riscontri obbiettivi che avvalorassero il suo auspicio, lanciando dunque un messaggio antisportivo e fortemente diseducativo soprattutto per le giovani generazioni che si affacciano al mondo dello sport”, hanno scritto ancora Cova e Anzaldi, quest’ultimo primo firmatario e segretario della Commissione di Vigilanza Rai.

 

L’interrogazione dei due parlamentari prosegue con la domanda al servizio pubblico: “La Rai educa così all’etica sportiva? Per questo abbiamo presentato un’interrogazione alla presidente e al direttore Rai: stupisce che un atleta condannato per doping possa essere presente in una trasmissione quando ancora è squalificato e che possa addirittura minimizzare la propria posizione davanti a una platea di telespettatori, molti dei quali giovani e giovanissimi, ma anche intervenire a commentare altre vicende di doping”.

 

Il punto, per Cova e Anzaldi, è che “la Rai svolge un ruolo di informazione pubblica e deve offrire ai giovani che guardano i programmi un’immagine di sport pulito e sano che premia il vero merito. Osannare le gesta di chi ha fatto uso di doping non appare un messaggio opportuno per il servizio pubblico”.

 

Roma, 3 luglio 2015

 

 

On.i Cova e Zanin: “Formaggi fatti con il latte in polvere: i consumatori devono essere chiaramente informati”

Ai più non è noto, ma sulla tavola degli italiani vengono già serviti e consumati formaggi fatti con il latte in polvere. E in quantità superiore a quanto ci si possa aspettare. “Il consumatore deve saperlo ed essere consapevole di quello che sta per mangiare”, lo dicono in modo chiaro gli onorevoli Paolo Cova e Giorgio Zanin, parlamentari del Pd, che sulla trasparenza dell’informazione al consumatore vogliono condurre una battaglia.

 

“Diventa imperativo continuare a battersi perché i consumatori italiani ed europei abbiano informazioni trasparenti sul cibo che mangiano – dicono –. È questa la via privilegiata per garantire la qualità e assicurare la giusta remunerazione a chi produce”.

 

Dal punto di vista dei parlamentari Pd, “la vicenda dei formaggi prodotti con latte in polvere è un esempio che deve spingerci a indicare in etichetta la natura del latte che viene usato e poi trasformato. L’uso di cagliate, cagliate congelate o semilavorati per la trasformazione in formaggi non incide sulla salubrità e sanità del prodotto, ma ha una qualità diversa rispetto all’uso di latte fresco”.

 

Cova e Zanin fanno sapere che “in Commissione Agricoltura della Camera ci siamo battuti affinché nella risoluzione sul latte recentemente approvata, ci fosse l’impegno a indicare il luogo di origine del latte oggetto di trattamento in modo chiaramente visibile al consumatore per favorire la tracciabilità del prodotto, indicando, inoltre, le caratteristiche del prodotto iniziale e, in particolare, se si tratta di latte fresco o cagliate o cagliate congelate o semilavorati”.

 

Inoltre, sottolineano, “i nostri prodotti Dop e Igp vengono preservati dai singoli disciplinari, ma la nuova frontiera   per i consumatori è conoscere anche il luogo di origine del prodotto che verrà trasformato e le sue caratteristiche”.

 

 

Roma, 2 luglio 2015

News dal Parlamento

Immigrazione: un primo passo dell’Europa

Le notizie dell’ultima ora le conosciamo tutti: dopo una nottata di duro confronto, durante il Consiglio europeo svoltosi tra giovedì e venerdì, l’Italia è riuscita a portare a casa un primo accordo con gli altri Stati membri sulla questione dei migranti: l’Europa ha accettato la redistribuzione di 40mila donne e uomini arrivati sulle coste nostre e greche. Per Matteo Renzi, che come presidente del Consiglio ha partecipato in prima persona alla discussione, si è trattato di un primo passo, ma non sufficiente. L’importante, tuttavia, è aver superato il principio del Trattato di Dublino, che, in buona sostanza, fa ricadere la responsabilità dei migranti tutta sul Paese di primo approdo.

Del Consiglio europeo Renzi era venuto a parlarci in Aula, alla Camera, il giorno precedente. E aveva annunciato che uno dei temi caldi sarebbe stato proprio quello dell’immigrazione, sostenendo di vedere per la prima volta aprirsi una finestra di opportunità poiché, anche a livello europeo, viene riconosciuta la priorità del Mediterraneo. Il premier aveva chiesto quindi un sostegno comune allo sforzo del Governo per evitare in Europa il ritorno dei muri. Previsioni poi confermate dall’esito del Consiglio che ha posto le basi non solo al superamento dell’accordo di Dublino per la gestione delle quote, ma anche della creazione di centri di smistamento dell’Ue sulle coste africane e della solidarietà dei Paesi europei rispetto a un’emergenza che non è solo italiana.

Accenno solo al secondo tema che Renzi ci aveva anticipato in Aula: la crisi economico-finanziaria e il mantenimento della Grecia all’interno dell’area dell’euro, sottolineando che per la prima volta, dopo quattro anni, una crisi economica e finanziaria non vede l’Italia sul banco degli imputati e tra gli osservati speciali.

Il resto è storia: poche ore fa il Primo Ministro greco Alexis Tsipras ha annunciato di voler indire un referendum fra pochissimi giorni per sapere dal suo popolo, che ha già orientato per il “no”, se vuole davvero rispondere alla chiamata dei creditori internazionali.

 

Attenzione alla diffamazione

Con 295 sì, 3 contrari e 116 astenuti, alla Camera abbiamo approvato la legge sulla diffamazione che ora torna al Senato. Il punto che ha fatto più notizia è stata l’eliminazione del carcere per chi diffama a mezzo stampa e l’applicazione esclusiva di una multa che va dai 5mila ai 10mila euro. Se il fatto attribuito è consapevolmente falso, si applica la multa da 10mila a 50mila euro. Come conseguenza, rettifiche o smentite, purché non inequivocabilmente false o suscettibili di incriminazione penale, devono essere pubblicate senza commento e risposta, menzionando espressamente il titolo, la data e l’autore dell’articolo ritenuto diffamatorio.

Fuori dei casi di concorso con l’autore del servizio, il direttore o il suo vice rispondono a titolo di colpa se vi è un nesso di causalità tra omesso controllo e diffamazione, la pena è in ogni caso ridotta di un terzo. In caso di querela temeraria, il querelante può essere condannato anche al pagamento di una somma da mille a 10mila euro in favore della cassa delle ammende. Chi invece attiva in malafede o colpa grave un giudizio civile a fini risarcitori, rischierà di dover pagare a favore del convenuto un’ulteriore somma.

Infine, regola che vale per tutti noi, anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere, ma aumenta la multa fino a 5mila euro per l’ingiuria e a 10mila per la diffamazione, che si applica anche alle offese arrecate in via telematica. La pena pecuniaria è aggravata se vi è attribuzione di un fatto determinato.

 

Mafia capitale o nazionale?

Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha parlato alla Camera per informarla sugli sviluppi dell’inchiesta “Mafia Capitale” o quanto meno su quanto le indagini gli permettevano di poter dire ad oggi. Orlando ha, dunque, ricostruito la vicenda partendo dai primi arresti, verso la fine del 2014, raccontando come si è dipanata la matassa di una storia che ancora ora, sotto molti aspetti, non è chiara fino in fondo. Tuttavia, con certezza, il Ministro ha sottolineato la natura mafiosa dell’organizzazione criminale che ha operato a Roma, capace di assoggettare a propri fini egemonici un territorio e un determinato settore di attività economica, avvalendosi del tipico metodo mafioso, dell’intimidazione e delle conseguenti condizioni di omertà. Mafia che aveva come obiettivo penetrare nella pubblica amministrazione per ottenere il controllo di lavori pubblici e di singole attività economiche.

A questo punto, al di là di come proseguiranno gli iter giudiziari, Orlando ci ha detto a chiare lettere che è evidente come una valutazione complessiva della vicenda imponga una profonda riflessione del Parlamento e di tutte le forze politiche in esso rappresentate, non solo su quanto è emerso rispetto ai fatti delittuosi come commessi nella capitale, ma anche, più in generale, sull’evoluzione, nel Paese, dei fenomeni corruttivi e sulle prospettive di più efficace contrasto, rese possibili dal progressivo arricchimento degli strumenti di prevenzione e di repressione.

 

Ucraina libera, via l’embargo

Questa settimana, alla Camera, abbiamo votato un’importante mozione sulle iniziative volte alla revoca delle sanzioni dell’Unione europea contro la Federazione russa e al raggiungimento di una soluzione politico-diplomatica della crisi ucraina.

Il documento partiva dalla premessa che nella vicenda riguardante le sanzioni alla Russia bisogna avere la consapevolezza che esistono delle ragioni di natura geo-politica che prevalgono su quelle di carattere economico, perché esse hanno costituito la risposta più responsabile e contenuta alle iniziative politico-militari poste in essere dal Governo russo nei confronti dell’Ucraina. Questo perché la Russia ha palesemente violato la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina, sia attraverso l’illegittima annessione della Crimea, sia attraverso l’assistenza militare diretta e indiretta fornita nel Donbass a formazioni separatiste, in aperta violazione delle convenzioni internazionali.

Abbiamo così impegnato il Governo a intensificare e rafforzare la propria azione politico-diplomatica verso la Russia, al fine di spingere il Governo russo ad attuare gli accordi di Minsk, ad esercitare la propria influenza sui separatisti e a ripristinare il pieno rispetto del diritto internazionale in Ucraina; nello stesso tempo ad incentivare il Governo ucraino nella realizzazione delle riforme istituzionali richieste dall’accordo di Minsk, affinché possa trovare attuazione un ordinamento che assicuri una prospettiva di decentramento e uno status speciale alle aree russofone del Donbass; a sostenere con grande convinzione l’azione dell’Unione europea e qualsiasi ulteriore sforzo della comunità internazionale che vada nella medesima direzione e, in questo quadro, ad aprire in sede di Unione europea un confronto su possibili misure compensative adeguate a sostenere le imprese e i sistemi di filiera più colpiti dagli effetti dell’embargo russo; a fare esso stesso quanto in proprio potere per alleviare le condizioni di difficoltà che il settore agroalimentare italiano sta registrando a causa dell’embargo russo; a procedere in linea con le decisioni della comunità internazionale rispetto alle sanzioni contro la Russia, mantenendole in essere finché non vi sarà una diversa determinazione comunemente assunta sulla base di positivi sviluppi e di un ripristinato rispetto del diritto internazionale.

 

 Paolo Cova

News dal Parlamento

L’agricoltura ha il suo decreto

Con 276 voti a favore, 123 astensioni e nessun contrario, questa settimana, alla Camera, abbiamo approvato il decreto legge per il rilancio dei settori agricoli in crisi, che ora passa al vaglio del Senato. Si tratta di un pacchetto di misure urgenti per i comparti strategici del latte, dell’olio e della pesca. Inoltre, il provvedimento intende aiutare i conduttori agricoli colpiti dalle alluvioni del 2014-2015 e razionalizzare la macchina amministrativa destinata al sostegno del settore primario.

Il decreto dà, dunque, una risposta ai 35mila allevatori italiani dopo la fine delle quote latte, consentendo la rateizzazione delle multe per l’ultima campagna, puntando sull’organizzazione e intervenendo sui contratti con novità rilevanti.

Per l’olio, dopo le drammatiche vicissitudini dell’anno passato, si dà il via al piano nazionale olivicolo con lo stanziamento di 32 milioni di euro che verranno accompagnati anche dalle risorse dei Piani di sviluppo rurali (Psr) delle Regioni interessate, con l’obiettivo di arrivare a una crescita del 25% della produzione italiana nei prossimi anni.

Si fa fronte anche alle esigenze degli agricoltori e dei vivaisti colpiti dalla Xylella in Puglia con la deroga per l’attivazione del Fondo di solidarietà nazionale e un primo stanziamento di 11 milioni di euro per i danni subiti.

Viene aumentato il Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell’acquacoltura, per un importo pari a 250mila euro per il 2015 e a 2 milioni per il 2016.

Sul versante della razionalizzazione amministrativa, vengono previsti la soppressione dell’Agensud e che Agea possa gestire direttamente il Sian (Sistema informatico agricolo nazionale), o affidarne la gestione a terzi selezionati attraverso una gara pubblica.

 

Le mie novità sul latte

Durante la discussione per l’approvazione del Decreto agricoltura, sono intervenuto facendo il punto sulla questione del prezzo del latte e degli splafonamenti. In Aula ho ripetuto quello che ho detto tante volte, ovvero che in questi anni il latte è stato pagato agli allevatori, dall’industria, un costo inferiore al suo valore. Eppure, i prodotti lattiero-caseari trasformati danno valore aggiunto alla materia prima. Il risultato? L’abbandono della zootecnica con il risultato che dal 1996 a oggi ci sono 500mila vacche da latte in meno. E questo perché gli allevatori non ottengono un prezzo adeguato a mantenere aperte le aziende.

Ora, invece, nel decreto si chiede di indicare parametri certi per il prezzo del latte, ma anche molta attenzione al prodotto trasformato perché l’industria paga un prezzo di molto inferiore rispetto a quanto lo rivende al consumatore. Inoltre, prevede che il prezzo fissato abbia una durata di almeno 12 mesi che è una garanzia per i produttori.

Inoltre, poiché l’eccessiva volatilità dei prezzi pagati alla fonte in questi anni ha spingo gli allevatori a fermare i loro investimenti e poiché il mercato è molto frazionato, il decreto prevede anche l’interprofessione, che significa un tavolo dove tutti gli attori della filiera del latte danno un contributo unitario per una migliore strategia di vendita del prodotto.

Infine, il problema dell’eccesso di produzione che nell’ultimo anno ha portato a splafonare le quote latte: grazie a un mio emendamento approvato già in Commissione Agricoltura, costoro vedranno riconosciuta una riduzione del 6% della multa poichè ci sono i margini di compensazione. Con il principio della compensazione si permetterà a tante aziende di superare questa ulteriore difficoltà. E grazie a quanto prevede il decreto, tutta la filiera potrà camminare insieme con un unico obiettivo: valorizzare il prodotto finale.

 

Governo più attento al doping tra militari

Questa è stata indubbiamente la settimana dei miei temi: venerdì il Governo ha risposto alla mia interpellanza urgente sul doping nei gruppi sportivi militari e delle forze di polizia. E, dalle parole del Sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli, è parso chiaro che l’agenzia Coni-Nado e la Procura antidoping sono due organismi perfettamente inutili, quanto meno insufficienti, intervengono in ritardo, di solito dopo la Procura ordinaria e non si preoccupano di verificare neanche la reperibilità degli atleti.

Come vi ho già anticipato 65 atleti sono sotto indagine, sportivi che si sono permessi di non comunicare la propria reperibilità ben quattro anni e mezzo fà, dei quali alcuni non persone qualsiasi, ma militari e forze di polizia che normalmente dovrebbero contribuire a farla rispettare la legge, non violarla.

Eppure, dalle risposte che ho ricevuto, appare chiaro che la responsabilità viene fatta ricadere tutta sull’atleta, mai sul gruppo sportivo, sugli allenatori, sulle persone che girano attorno. I comandanti, a quanto pare, non sono tenuti a sapere nulla. Ma ciò deve indurci a una riflessione: si lasciano soli gli atleti, si danno a loro tutte le responsabilità. Per questo mi viene spontaneo chiedermi a cosa serve l’azione dell’agenzia Coni-Nado e della Procura antidoping. Diventano due organismi inutili e fuori luogo se non intervengono mai tempestivamente o non intervengono proprio. Stiamo aspettando ancora adesso il loro intervento.

E anche i Centri sportivi militari rischiano di essere del tutto inutili se i propri atleti si allenano altrove e se non vengono mai sottoposti a controlli.

Perciò, ho invitato il Governo a risolvere una situazione che dimostra tutti i suoi limiti e le sue difficoltà e a impegnarsi a istituire l’Agenzia antidoping terza come previsto dalla Wada.

 

Adozioni: ora si può risalire alle origini

Alla Camera abbiamo approvato un altro importante provvedimento, un testo unificato di alcune proposte di legge, finalizzato ad ampliare la possibilità del figlio adottato o non riconosciuto alla nascita di conoscere le proprie origini biologiche. In particolare, anche per dare seguito a una sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della disciplina vigente, è prevista la possibilità di chiedere alla madre se intenda revocare la volontà di anonimato, manifestata alla nascita del figlio. Il progetto, passato con 307 sì, 22 no e 38 astenuti, ora va al Senato.

Le nuove norme garantiscono il diritto dei figli e quello delle madri, che hanno la libertà di rispondere all’interpello del figlio dichiarando di voler mantenere l’anonimato. In questo modo non viene messo in discussione il patto tra la donna e lo Stato fatto al momento del parto. Il meccanismo consente all’adottato non riconosciuto, attraverso i Tribunali per i minorenni, di far interpellare la mamma biologica per verificare se le cose sono cambiate e se vuole dare il suo consenso a rendere noti i dati.

E se la madre dà la sua approvazione, come sempre più spesso accade, offre così a quel figlio una connessione con le proprie origini, un nuovo contatto con la propria storia. Non vengono, tuttavia, legittimate azioni di stato, né si dà diritto a rivendicazioni di natura patrimoniale o successoria.

Il procedimento è avviato su istanza dei legittimati ad accedere alle informazioni biologiche: l’adottato che abbia raggiunto la maggiore età; il figlio non riconosciuto alla nascita, che abbia raggiunto la maggiore età, in assenza di revoca dell’anonimato da parte della madre; i genitori adottivi, legittimati per gravi e comprovati motivi; i responsabili di una struttura sanitaria, in caso di necessità e urgenza e qualora vi sia grave pericolo per la salute del minore.

Ove la madre confermi di volere mantenere l’anonimato, il Tribunale per i minorenni autorizza l’accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all’eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili.

 

Migranti, ok all’equa ripartizione

Abbiamo parlato anche di migrazioni, tra i vari argomenti settimanali. In Aula abbiamo approvato con 387 voti a favore e 24 contrari la Risoluzione approvata dal Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione. Si sono astenuti i deputati di Sel e la Lega ha votato contro.

Il documento impegna il Governo a valorizzare a pieno, per quanto di sua competenza, in sede europea e nazionale, con particolare riguardo alla riunione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015, quanto previsto dall’articolo 17 del Regolamento Dublino III, promuovendo un sistema di asilo europeo che consenta un’equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri di primo ingresso e gli altri.

In particolare, uno degli articoli si riferisce alla clausola di sovranità e alla clausola umanitaria, che stabiliscono, da un lato, che uno Stato membro, a prescindere dal principio dello Stato “di primo approdo” fissato dal Regolamento di Dublino, può sempre decidere di assumere la responsabilità di esaminare una richiesta di asilo presentata in frontiera o sul territorio, anche se, in base ai criteri ordinari, la competenza dovrebbe essere attribuita ad altro Stato membro, e, dall’altro lato, che qualsiasi Stato membro, pur non essendo competente per l’esame della domanda secondo i criteri ordinari, può diventarlo in considerazione di esigenze familiari o umanitarie del richiedente asilo. In questo modo, si facilitando i ricongiungimenti familiari dei rifugiati o degli immigrati che arrivano in Italia, diretti verso un altro Stato membro, senza necessità di modificare il Regolamento stesso.

 

Personale in sanità e terrorismo: le mozioni

Due le mozioni importanti esaminate e votate dalla Camera negli ultimi giorni. Una riguarda l’importanza del personale per il Servizio sanitario nazionale e impegna il Governo a valutare di predisporre una revisione complessiva dei vincoli imposti per la sua gestione con provvedimenti volti a favorire il ricambio generazionale; ad assumere iniziative per preservare la dotazione di personale attraverso assunzioni a tempo indeterminato nei servizi strategici; ad assumere iniziative per limitare il blocco del turnover; a rimuovere gli ostacoli che impediscono la mobilità a livello regionale; a introdurre una distinta area negoziale della dirigenza sanitaria.

La seconda mozione si occupa dei recenti episodi verificatisi in Europa e in diversi Paesi dello scacchiere mediorientale che hanno evidenziato l’innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista. Si parte dal presupposto che in questo preoccupante contesto le scuole e gli educatori si confrontano ogni giorno con realtà sociali sempre più complesse. Il documento impegna, dunque, il Governo a valutare l’opportunità di introdurre nel nostro Paese una strategia nazionale di contro-radicalizzazione, mediante la formazione di operatori qualificati e una campagna di prevenzione che coinvolga la società civile e le istituzioni a tutti i livelli.

 

È ora di cambiare l’Italia

Venerdì 26 giugno , dalle 10.30 alle 19.00, nella Sala dei Teatini di Piacenza, in via Scalabrini 9, parteciperò, in qualità di relatore, all’evento “Cambiare lo Stato per riavviare l’Italia”, al quale saranno presenti, tra gli altri, il sindaco Paolo Dosi, il presidente del Gruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, il segretario generale della Cisl Anna Maria Furlan, il vicepresidente di Confindustria Gaetano Maccaferri, i Sottosegretari di Stato Luigi Bobba e Vito De Filippo, il vicesegretario nazionale Pd Lorenzo Guerini.

Se vuoi leggere il volantino clicca qui.

 

Iniziativa su agricoltura e alimenti

 

Sabato 27 giugno alle ore 21.00 alla Festa Pd Martesana presso Area Feste di Melzo partecipo all’incontro “ Il Mondo Agricolo nuova leva per lo sviluppo” con la presenza di Paola Santeramo, Presidente Confederazione Italiana Agricoltori MI-LO-MB; Antonio Boselli, Presidente Confagricoltura MI-LO-MB; Giovanni Giubilini, Presidente Copagri Uci Lombardia; Coordina: Ernesto Sbolli, Coordinatore circolo PD Melzo.

Paolo Cova

 

 

Gruppi sportivi forze armate e doping: risposta Sottosegretario

Nella sezione video del mio sito, potete vedere il video della presentazione della Interpellanza urgente e la replica dopo la risposta del sottosegretario Giacomelli.

Qui sotto potete leggere il testo della risposta che ho ricevuto:

ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico.

 

Signor Presidente, è una comunicazione complessa, per la complessità del quesito posto, che evidentemente ha richiesto l’acquisizione di elementi di conoscenza da parte di più soggetti.

  Per gli aspetti di competenza del Ministero della giustizia, dalle informazioni assunte presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria competente in merito agli illeciti degli atleti del gruppo sportivo del corpo di polizia penitenziaria, consta come alle Fiamme Azzurre non sia pervenuta alcuna comunicazione dal CONI o dalle federazioni sportive circa l’indagine Olimpia.

  Risulta, invece, trasmessa in data 4 dicembre 2014 nota della procura nazionale antidoping, a seguito della quale sono state richieste agli atleti interessati alle presunte violazioni delle comunicazioni, whereabouts, relazioni esplicative sui fatti contestati.

  In attesa delle determinazioni della procura nazionale antidoping, tutti gli atti inerenti a questa vicenda sono stati tempestivamente trasmessi dal responsabile del gruppo sportivo alla direzione generale del personale e della formazione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Allo stato, in assenza di comunicazioni e dell’irrogazione di sanzioni da parte degli organi della giustizia sportiva, non si è dato corso a provvedimenti disciplinari.

  In merito alle comunicazioni di reperibilità che gli atleti devono inviare, si precisa come i gruppi sportivi di riferimento non possano avere accesso alle «comunicazioni di reperibilità», che costituiscono obbligo personale dell’atleta. La normativa antidoping, inoltre, non prevede l’obbligo per gli atleti di comunicare la propria reperibilità al gruppo sportivo e la riservatezza di tali comunicazioni è garantita dalle norme sulla tutela della privacy.

  Per completezza si rappresenta come il gruppo sportivo del Corpo di polizia penitenziaria – sempre peraltro impegnato nella lotta al fenomeno del doping – supervisioni l’attività dei propri atleti che, contestualmente all’ingresso nelle Fiamme Azzurre, sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione di impegno di osservanza di specifici adempimenti, finalizzati a soddisfare esigenze di trasparenza e correttezza agonistica. Queste dichiarazioni conservano validità per tutto il periodo di permanenza in servizio presso il gruppo sportivo.

  La competente articolazione di questo Ministero ha, da ultimo, fermamente respinto l’illazione relativa all’adozione di una linea difensiva condivisa tra il gruppo sportivo Fiamme Azzurre e gli atleti deferiti di fronte alla procura nazionale.

  Per quanto attiene, infine, al procedimento penale pendente presso il tribunale di Bolzano in relazione ai fatti in oggetto, si rappresenta come dalla lettura delle contestazioni non emergano fatti ascrivibili ad atleti delle Fiamme Azzurre. Avuto riguardo agli aspetti di competenza del Ministero dell’interno si premette che nessun atleta Fiamme Oro ha mai subito, da parte del CONI, sanzioni per «somministrazione, utilizzo o tentato utilizzo di sostanze dopanti».

  Si informa, invece, che nel mese di dicembre 2014, in relazione all’informativa conclusiva dell’inchiesta avviata dalla procura della Repubblica di Bolzano, la procura antidoping del CONI ha aperto dei procedimenti nei confronti di quattro atleti in forza al centro nazionale Fiamme Oro di Padova, per i mancati adempimenti – le comunicazioni di cui abbiamo parlato – riferiti al periodo gennaio 2011 – giugno 2012, durante il quale non avrebbero, appunto, comunicato la loro reperibilità.

  Come è noto, le norme sportive antidoping prevedono l’obbligo – a carico degli atleti – di fornire informazioni sulla reperibilità presso il luogo di permanenza. In particolare, questo obbligo riguarda gli atleti nazionali di alto livello inseriti in un apposito registro. Questo obbligo impone di comunicare, trimestralmente, le informazioni circa il luogo di permanenza dell’atleta che, in tal modo, si rende disponibile ai fini dell’effettuazione di controlli antidoping, senza preavviso, fuori dalla competizione sportiva. A seguito della comunicazione inviata dalla procura antidoping al centro nazionale Fiamme Oro di Padova, sono stati richiesti chiarimenti agli atleti coinvolti. Dalle risposte degli interessati è emerso che gli atleti hanno omesso di informare i responsabili, i dirigenti e i tecnici delle Fiamme Oro, circa le presunte inadempienze e le relative contestazioni sollevate dal CONI. Peraltro, il vice presidente vicario del settore atletica Fiamme Oro, ha aperto dei procedimenti disciplinari, nei loro confronti, non solo per aver evidentemente omesso di inviare la comunicazione necessaria, ma per aver omesso, anche, di informare l’ufficio di appartenenza in merito ai solleciti ricevuti per le procedure di registrazione e aggiornamento della piattaforma Whereabouts.

  Agli atleti sono state notificate le contestazioni di addebiti, in attesa della chiusura dell’inchiesta da parte della procura nazionale del CONI. Gli atleti hanno nominato un legale di fiducia, per difendere i loro interessi nell’ambito della procedura avviata dalla procura federale.

 

  Più in generale, è utile sottolineare che, ai sensi delle norme sportive antidoping emanate dal CONI, l’atleta rimane – lo ribadisco – sempre e comunque l’unico responsabile dell’invio delle proprie informazioni.

  In tal senso, il CONI ha creato una piattaforma informatica attraverso cui l’atleta comunica personalmente le informazioni sulla reperibilità. Il sistema digitale in questione e le procedure di comunicazione dei dati, non permettono e non hanno permesso a questi gruppi sportivi di avere un riscontro diretto circa gli adempimenti effettuati dagli atleti. Il centro nazionale «Fiamme Oro» di Padova, per prevenire la violazione delle norme antidoping, ovvero l’utilizzo di sostanze dopanti, dal 2013 ha posto in essere un sistema di informazione e controllo che prevede: l’aggiornamento professionale riservato agli atleti sulla normativa antidoping; l’invio a tutti gli atleti della normativa e delle modifiche intervenute sull’antidoping; l’elaborazione della guida ai regolamenti, con all’interno un ampio capitolo sulle normative antidoping.

  Inoltre, sempre dal 2013, sono stati disposti controlli, da parte dello staff tecnico delle «Fiamme Oro», sugli adempimenti degli atleti correlati agli obblighi di comunicazione.

  Per quanto riguarda, invece, il gruppo sportivo nazionale dei vigili del fuoco «Fiamme Rosse», lo stesso è stato istituito il 21 ottobre 2013, il relativo statuto è stato approvato il 4 dicembre 2014 ed il successivo 13 aprile 2015 è stato emanato il regolamento recante modalità di svolgimento del concorso pubblico per l’accesso al ruolo dei vigili del fuoco in qualità di atleta.

   Nell’ambito del citato regolamento, questa amministrazione, consapevole dell’importanza della lotta al doping, ha previsto fra le cause di non idoneità per l’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco in qualità di atleta, anche l’utilizzo delle sostanze individuate dalla lista proibita dall’Agenzia mondiale antidoping. Peraltro, lo statuto delle «Fiamme Rosse» sopra richiamato prevede un’apposita disposizione secondo la quale gli atleti devono mantenere in ogni circostanza comportamenti improntati alla massima correttezza, nonché aderire al codice mondiale antidoping.

Va aggiunto, infine, che i partecipanti ai campionati italiani riservati a tutto il personale dei vigili del fuoco praticante attività sportiva amatoriale, devono attenersi alla normativa in materia di controlli antidoping. Detti atleti sono, pertanto, soggetti ai controlli a campione effettuati in occasione di manifestazioni sportive dalla commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela sanitaria nelle attività sportive e, ove facciano uso per motivi terapeutici, di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e di pratiche mediche il cui impiego è considerato doping, a documentare debitamente le proprie patologie e prescrizioni.

  Per quanto concerne gli atleti appartenenti al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si precisa che il Corpo forestale dello Stato è dotato di un proprio gruppo sportivo, il Gruppo sportivo forestale, che, a seguito di convenzione con il CONI, è affiliato a diciotto federazioni.

  Si precisa che di tutte le tematiche connesse all’indagine «Olimpia» e altre non era, fino al dicembre 2014, giunta alcuna informazione ufficiale al Gruppo sportivo forestale, o comunque altro tipo di comunicazione, da parte del CONI o dalla FIDAL. La prima comunicazione formale di problematiche connesse a mancate comunicazioni relative ad atleti del gruppo sportivo forestale inseriti nell’elenco del CONI è pervenuta solo in data 4 dicembre 2014, a seguito di richiesta notizie da parte della procura federale FIDAL.

  Premesso per le diverse fattispecie quanto detto a proposito delle diverse amministrazioni, veniamo ai punti specifici sollevati dall’iniziativa dell’onorevole Cova.

  Sul primo punto, cioè se i comandanti dei gruppi sportivi indicati in premessa fossero a conoscenza che atleti di tutte le discipline sportive appartenenti al proprio gruppo sportivo non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità: la normativa di riferimento prevede che sia compito, onere, dovere del singolo atleta, incluso in un elenco periodicamente aggiornato, provvedere a compilare il modulo di reperibilità finalizzato a consentire controlli a sorpresa da parte dell’ente internazionale o dell’ente nazionale. Nel caso in esame, l’atleta inserito nel registro ha innanzitutto l’obbligo di fornire le proprie informazioni al fine di essere reperibile e disponibile ai fini dell’effettuazione di controlli fuori competizione.

 

  Le informazioni e le variazioni devono essere fornite, in maniera accurata e completa, per ogni giorno del trimestre.

  Ancorché l’atleta possa delegare gli adempimenti che precedono a terzi, è necessario sottolineare come lo stesso atleta rimane sempre e comunque l’unico responsabile della correttezza e dell’aggiornamento della produzione delle proprie informazioni sul luogo di permanenza.

  Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) – quale organismo responsabile, per le proprie specifiche competenze, della lotta al doping sul territorio nazionale – è destinatario e garante, da un lato, della normativa statuale sulla tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping, dall’altro, del rispetto della normativa sportiva internazionale. Sotto tale profilo, il CONI ha approvato le norme sportive antidoping, quale documento tecnico attuativo del Programma mondiale antidoping.

  Allo stato attuale, tenuto conto che gli atleti spesso si allenano presso strutture federali, e comunque non presso la sede principale del gruppo sportivo forestale, non vi è alcuna possibilità di controllo da parte della società sportiva dell’avvenuto inserimento dei dati richiesti in campo antidoping da parte dell’atleta, anche per motivi di privacy, tenuto conto che tali dati potrebbero riguardare dati personali rientranti nel novero dei dati «sensibili». La sola Federazione sportiva competente o il CONI hanno la possibilità di controllare l’avvenuta compilazione dei moduli e, ad oggi, non hanno mai comunicato, né formalmente, né per il gruppo sportivo forestale informalmente, alle società mancanze eventuali negli obblighi di comunicazione.

  Nel caso specifico è la FIDAL che ha l’incombenza di informare, formare e controllare il corretto comportamento degli atleti di importanza nazionale. Non era, infatti, nella possibilità del gruppo sportivo forestale poter verificare eventuali mancanze.

  Peraltro, ai fini gestionali interni, il Corpo forestale dello Stato si è dotato, da un paio di anni, di un proprio programma informatico di controllo, che consente di monitorare giornalmente l’attività dei propri atleti che sono tenuti a comunicare per via informatica una serie di notizie che vanno dalla sede di allenamento, e quindi della reperibilità dell’atleta stesso, alla tipologia del lavoro svolto, a eventuali problematiche riscontrate o infortuni e, soprattutto, alla comunicazione al medico sociale, al fine della relativa autorizzazione, della necessità di prendere farmaci per eventuali patologie.

  Per quanto riguarda il punto b), se i comandanti dei gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non si trovassero nella condizione di aver disatteso l’obbligo di comunicare la reperibilità: a seguito delle notizie ricevute dalla procura federale FIDAL – comunicazione, ricordo, avvenuta il 4 dicembre 2014 – una sola atleta era inclusa nella lista dei 38 tesserati con plurimancanze relative a comunicazioni obbligate. Un altro atleta era inserito in un elenco per un’unica mancata compilazione del whereabouts. I due atleti sono stati convocati ed è stata richiesta una dettagliata relazione finalizzata a conoscere le motivazioni della mancanza. Le relazioni sono state inviate, su richiesta, alla procura federale. Gli atleti sono stati richiamati, nel frattempo, ad uno stretto rispetto delle norme ed informati che, a seguito delle decisioni che verranno prese dalla procura, potranno essere oggetto, in quanto impiegati civili dello Stato, di procedimenti disciplinari ai sensi della normativa, nonché a provvedimenti, sempre in base alla normativa che regola il reclutamento e il trasferimento ad altro ruolo degli atleti del gruppo sportivo.

  Sul punto c), se gli atleti appartenenti ai gruppi citati in premessa, che risultano convocati per chiarimenti, abbiano condiviso e concordato la linea difensiva: gli atleti interessati si sono presentati davanti alla procura, avvalendosi della possibilità di essere assistiti da un legale di fiducia. Non è stata condivisa e concordata con la società alcuna linea difensiva comune.

  Per gli aspetti di competenza del Ministero dell’economia e finanze si rappresenta che il Centro sportivo del Corpo coordina, avvalendosi del dipendente Gruppo Polisportivo «Fiamme Gialle», la programmazione, la direzione tecnica e il controllo delle discipline sportive praticate, ripartite in 5 Nuclei Atleti.

  Il predetto Centro dispone di strutture e attrezzature sportive – nel Lazio e in Trentino Alto-Adige – in grado di assicurare la necessaria preparazione tecnico-fisica dei propri militari nonché di attuare programmi di collaborazione con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), il Comitato Italiano Paralimpico (CIP).

  Il Comandante del Gruppo Polisportivo: (1) non ha avuto conoscenza degli atleti che, nel periodo antecedente ai Giochi Olimpici di Londra 2012, hanno omesso l’invio della prevista «comunicazione di reperibilità».

  Parimenti, con specifico riferimento all’atletica leggera, il Comandante del I Nucleo, responsabile di detta disciplina, non è stato informato delle mancate segnalazioni se non sporadicamente – in due sole occasioni, via e-mail – dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL- settore sanitario) per presunti ritardi nell’invio del format sulla reperibilità da parte di alcuni atleti dipendenti. Peraltro, tali comunicazioni sono apparse finalizzate principalmente a sollecitare maggiore attenzione a detti obblighi piuttosto che a rilevare una vera e propria inadempienza.

  Nei citati casi, l’ufficiale ha provveduto a richiamare gli interessati, i quali hanno rappresentato diverse difficoltà nelle procedure di segnalazione quali: l’impossibilità a collegarsi al sistema informatico, l’utilizzo di password non valide per l’accesso alla predetta piattaforma, l’avvenuta comunicazione a indirizzi di posta elettronica errati, la mancanza di obblighi di compilazione del format «Whereabout clause CONI-NADO» in quanto le informazioni richieste erano già state inserite nel sistema «World Anti-Doping Agency» (WADA).

  Su quest’ultimo aspetto, giova infatti precisare che, per alcuni periodi, l’assoggettamento agli obblighi previsti dalla «International Association of Athletics Federations» (1AAF)

ha escluso l’adempimento di analoghi obblighi previsti dal CONI, grazie allo scambio di informazioni tra dette agenzie.

  In relazione al sistema di controllo interno, il Comandante ha posto in essere una costante opera di sensibilizzazione nei confronti di tutti i. responsabili dei Nuclei Atleti per contrastare il fenomeno del doping.

  Oltretutto, all’inizio di ogni stagione agonistica, ciascun militare atleta sottoscrive un impegno formale nel quale ribadisce il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa antidoping – rendendosi consapevole delle implicazioni penali e disciplinari cui va incontro in caso di violazione, oltre alle inevitabili conseguenze sulla salute – e compila un modulo recante i nominativi dei medici e dei fisioterapisti di fiducia.

  Il Comandante a seguito delle notizie stampa relative alle indagini della procura di Bolzano, ha impartito precise disposizioni ai dipendenti Comandanti dei Nuclei Atleti volte a esaminare sotto il profilo disciplinare il comportamento dei militari atleti coinvolti nella vicenda.

  In tal senso, il medesimo Comandante di Gruppo ha: dato incarico ai Comandanti dei dipendenti Nuclei Atleti di assumere contatti con le rispettive Federazioni Sportive per acquisire ogni notizia su eventuali infrazioni alla normativa antidoping nell’ultimo anno, anche se di lieve entità; chiesto al Segretario Generale del CONI di informare, attraverso i competenti Uffici del Comitato olimpico, il Centro Sportivo in caso di inosservanza degli obblighi in questione da parte dei militari atleti delle «Fiamme Gialle».

  L’iniziativa ha permesso di accertare: situazioni che – seppur non rilevanti, sotto il profilo sanzionatorio, per l’ordinamento sportivo – sono state valutate disciplinarmente, dando luogo a diversi procedimenti della specie, diversi dei quali (n. 23) conclusi con l’irrogazione di una sanzione graduata in relazione alla significatività della condotta riscontrata, condotta ribadisco che seppure non rilevante sotto il profilo sanzionatorio per l’ordinamento sportivo costituisce infrazione disciplinare; alcuni atleti del settore atletica sono stati in grado di dimostrare l’assenza di ogni forma di responsabilità, atteso che al momento in cui hanno ricevuto l’e-mail di sollecito per la compilazione del format di reperibilità, erano regolarmente collegati al sistema «whereabout clause» del CONI; nessun ufficiale del Centro Sportivo ha condiviso o concordato qualsivoglia linea difensiva con gli atleti convocati dalla Procura antidoping, evitando così ogni forma di ingerenza.

  Infine per quanto concerne il Ministero della difesa, gli atleti militari, già dall’arruolamento e, in seguito, con cadenza periodica, vengono sensibilizzati attraverso specifici periodi di indottrinamento, sulla normativa antidopíng sia nazionale che internazionale, con particolare riguardo alle procedure dei vari controlli e sulle conseguenze in caso di mancata segnalazione o tentativo di sottrarsi ai controlli medesimi.

  A conferma della costante attenzione e della sensibilità che l’Amministrazione rivolge all’attività d’informazione e di dissuasione, si fa presente che tra gli atti del convegno sugli «Stati Generali dello Sport Militare», tenutosi a Roma lo scorso 16 dicembre, la specifica tematica è stata oggetto della parte introduttiva.

  L’attuale normativa del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) prevede che le Federazioni Sportive Nazionali (FSN), per le quali gli atleti sono tesserati, ogni anno debbano comunicare all’Ufficio Antidoping CONI – National Anti Doping Organization (NADO) l’elenco degli atleti che, per importanza, potrebbero essere inseriti nelle varie squadre nazionali.

  In un secondo tempo, il CONI comunica direttamente all’agenzia internazionale, a mezzo raccomandata, l’inserimento dell’apposito registro nel quale sono riportati tutti gli atleti che soddisfano i criteri di inclusione. Contestualmente, vengono rese note le procedure che gli interessati sono tenuti a seguire. È evidente, dunque, come già detto più volte, che le società di appartenenza, anche se militari, non sono inserite nelle linee di comunicazioni, mentre sono inserite le rispettive federazioni.

  Gli atleti comunicano trimestralmente e debbono adempiere a tutti gli obblighi della normativa, sotto la loro diretta responsabilità. Al riguardo, è opportuno osservare che, al momento del passaggio dal sistema di comunicazione cartaceo a quello telematico, nei primi mesi dell’anno 2012, i Gruppi Sportivi Militari si sono fortemente attivati per ovviare ad alcune oggettive difficoltà di ordine gestionale riscontrate dai propri atleti per effettuare correttamente tale comunicazione.

  Con riferimento all’inchiesta della procura di Bolzano, secondo quanto riferito dallo Stato Maggiore della Difesa, i Comandanti del comparto Difesa, non appena appreso che nel settembre 2014 erano state avviate delle indagini da parte della procura, si sono attivati per verificare se qualche atleta alle loro dipendenze avesse disatteso l’obbligo relativo alla reperibilità. In alcuni limitati casi, sono state effettivamente accertate inadempienze da parte di atleti militari, prontamente sanzionate con provvedimenti disciplinari in linea con la vigente normativa. Tali provvedimenti sono stati posti in essere a prescindere dalle indagini e dalle conclusioni dell’indagine, nel pieno rispetto dei regolamenti militari e a dimostrazione di una volontà di assoluta trasparenza. Infine, non risulta sia stata concordata – e anche da parte di questa amministrazione viene ribadito – alcuna linea difens

Doping nei gruppi sportivi militari e delle forze di polizia: oggi è parso evidente che Coni-Nado e Procura antidoping sono perfettamente inutili

“Oggi è parso chiaro che l’agenzia Coni-Nado e la Procura antidoping sono due organismi perfettamente inutili, quanto meno insufficienti, intervengono in ritardo, di solito dopo la Procura ordinaria e non si preoccupano di verificare neanche la reperibilità degli atleti”, è tranchant l’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd, dopo aver ascoltato la risposta del Sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli alla sua interpellanza urgente sul tema del doping nei gruppi sportivi delle forze armate e di polizia.

 

Cova aveva ripercorso la situazione che si è venuta a creare: 65 atleti sotto indagine, sportivi che si sono permessi di non comunicare la propria reperibilità, dei quali alcuni non persone qualsiasi, ma militari e forze di polizia che normalmente dovrebbero contribuire a farla rispettare la legge, non violarla.

“Appare chiaro che la responsabilità viene fatta ricadere tutta sull’atleta – ha detto il parlamentare Pd in Aula –. Mai sul gruppo sportivo, sugli allenatori, sulle persone che stanno attorno allo sportivo. E i comandanti, a quanto pare, non sono tenuti a sapere nulla. Ma questo deve indurci a una riflessione: si lasciano soli gli atleti, si danno a loro tutte le responsabilità. Chiediamoci, invece, a cosa serve l’azione dell’agenzia Coni-Nado e della Procura antidoping. Diventano due organismi inutili e fuori luogo se non intervengono mai tempestivamente o non intervengono proprio. E anche i Centri sportivi militari rischiano di essere del tutto inutili se i propri atleti si allenano altrove e se non vengono mai sottoposti a controlli”.

 

L’invito di Cova al Governo è stato, dunque, quello di “risolvere una situazione che dimostra tutti i suoi limiti e le sue difficoltà e impegnarsi a istituire l’Agenzia antidoping terza come previsto dalla Wada. Ricordo che la lotta al doping è lotta contro la malavita che sta dietro al fenomeno. Per questo anche i comandanti devono prestare maggiore attenzione”.

 

Roma, 19 giugno 2015

 

 

Doping nei gruppi sportivi militari e delle forze di polizia: domani, venerdì 19 giugno, alla Camera, la risposta all’interpellanza urgente

Si parlerà di doping e gruppi militari sportivi domani, venerdì 19 giugno 2015, nell’Aula della Camera. Tra le risposte del Governo agli atti di indirizzo dei deputati è calendarizzata l’interpellanza urgente presentata due settimane fa dall’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd. Il tema sarà trattato attorno alle 10.

 

Le richieste che vengono sottoposte ai Ministri competenti sono di sapere “se i comandanti dei Gruppi sportivi erano a conoscenza che atleti di tutte le discipline sportive appartenenti al proprio gruppo sportivo non avevano provveduto a inviare il modulo della propria reperibilità come previsto dal Codice antidoping del Wada e quale sistema di controllo interno abbiano messo in atto in questi anni per prevenire il mancato invio della reperibilità e del possibile uso di sostanze dopanti da parte dei propri atleti”.

Ma anche “se i comandanti dei Gruppi sportivi, dopo le notizie delle agenzie di stampa sugli interventi fatti dalla Procura di Bolzano a settembre 2014, si siano attivati per verificare che i propri atleti non fossero nella condizione di aver disatteso a questo obbligo di inviare la reperibilità e quali provvedimenti abbiano messo in atto nei confronti degli atleti che avessero eventualmente disatteso a questo obbligo”.

Infine, “se gli atleti appartenenti ai gruppi sportivi che risultano convocati per chiarimenti dalla Procura antidoping, abbiano concordato una linea difensiva comune assumendo un unico studio legale a difesa e se tale percorso sia stato condiviso e concordato dai comandanti e responsabili dei gruppi sportivi”.

 

Roma, 18 giugno 2015