News dal Parlamento

Più sicuri in città

Questa settimana, alla Camera, abbiamo discusso e approvato la Conversione in legge del decreto recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città. Il testo passo ora all’esame del Senato.

Il provvedimento è il risultato di un equilibrio di elementi di prevenzione e repressione: si migliora l’assetto istituzionale per la promozione della sicurezza con competenze chiare, senza sovrapposizioni; la Polizia locale viene dotata di strumenti più efficaci; si aumentano i poteri ai Comuni nell’ottica della diminuzione dei reati.

Per la sicurezza definitiva integrata sono previsti un insieme di interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali ed è rivolta al raggiungimento del benessere delle comunità territoriali.

Per la sicurezza delle città e del decoro urbano vengono introdotte disposizioni che intervengono prevalentemente sull’apparato sanzionatorio amministrativo, al fine di prevenire fenomeni che incidono negativamente sulla sicurezza e il decoro delle città: garantire la libera accessibilità degli spazi pubblici, prevedere la possibilità di imporre il divieto di frequentazione di determinati pubblici esercizi e aree urbane a soggetti condannati per reati di particolare allarme sociale. Il provvedimento prevede, inoltre, misure incentivanti nei confronti delle regioni per l’implementazione del numero unico europeo 112.

Tra le novità più rilevanti vi sono la modifica del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali in relazione al potere del sindaco di adottare ordinanze in materia di sicurezza, di natura contingibile o non contingibile, con particolare riferimento agli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche, al fine di garantire il riposo dei residenti; la previsione di misure volte a sanzionare le condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione di infrastrutture fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico e delle relative pertinenze, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi; la miglior definizione dei casi in cui il Prefetto può mettere a disposizione la forza pubblica per procedere allo sgombero in esecuzione di provvedimenti dell’autorità giudiziaria in materia di occupazioni arbitrarie e di immobili.

Tesseramento: basta una volta

Ho presentato un’interrogazione rivolta al Ministro per lo Sport in cui sostanzialmente pongo la questione del doppio tesseramento per chi pratica l’atletica leggera, che, secondo me, non solo non ha senso ma è addirittura disincentivante.

E spiego. Il 30 maggio 2016 La Federazione italiana di atletica leggera (Fidal) e l’Unione italiana sport per tutti (Uisp) hanno sottoscritto una Convezione per regolare i reciproci rapporti. L’accordo prevede la reciproca partecipazione di atleti ad attività agonistica di prestazione, organizzata da una delle parti, ma solo con il doppio tesseramento. Quindi, i tesserati Uisp, dal 1 giugno 2016, devono essere tesserati alla Fidal, oppure avere la Runcard, per poter partecipare alle manifestazioni agonistiche organizzate dalla Federazione, proprio per questa nuova norma introdotta che non apporta nessun beneficio o miglioramento per i partecipanti.

Ma il doppio tesseramento sta contribuendo solo a gonfiare il numero dei tesserati Fidal, senza un reale aumento dei partecipanti all’attività sportiva, cosa che dovrebbe essere prioritaria, ed è perfettamente inutile per gareggiare. Non solo: gli articoli 2 e 3 della Costituzione prevedono la libera partecipazione dei cittadini alle cosiddette formazioni sociali come diritto inviolabile, ma in questo caso diventa solo un ulteriore aggravio di costi e di burocrazia per gli interessati. Questa novità non aiuta a fare più sport, ma anzi è un disincentivo.

Per questo chiedo al Ministro se sia a conoscenza di questa Convenzione che prevede un doppio tesseramento e se non ritenga che sia una disposizione che sminuisce il ruolo degli Enti di promozione sportiva e la loro capacità attrattiva allo sport di base da parte dei cittadini italiani. Inoltre, domando se non ritenga che la richiesta del doppio tesseramento diventi una norma che complica la partecipazione all’attività sportiva nell’atletica e non stia certo andando nell’ottica della semplificazione e del favorire la partecipazione dei cittadini.

Inizia il Congresso del PD

E’ iniziata la fase congressuale del PD, alcuni Circoli hanno già incominciato ad attivarsi per i dibatti e i confronti fra le diverse Mozioni e candidati. Personalmente sarò a rappresentare la Mozione Renzi nei dibatti e nelle prossime news vi approfondirò la mia scelta apportando le motivazioni.

Intanto sarò Domenica 26 marzo nel pomeriggio a Bareggio e lunedi 27 marzo a Vimodrone.

Paolo Cova

In atletica il doppio tesseramento disincentiva, anziché promuovere

Il doppio tesseramento per chi pratica l’atletica leggera ha senso o non è addirittura disincentivante? Se lo chiede, in un’interrogazione, l’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd, e lo domanda al Ministro per lo Sport.
 
“Il 30 maggio 2016 La Federazione italiana di atletica leggera (Fidal) e l’Unione italiana sport per tutti (Uisp) hanno sottoscritto una Convezione per regolare i reciproci rapporti – spiega Cova –. L’accordo prevede la reciproca partecipazione di atleti ad attività agonistica di prestazione, organizzata da una delle parti,​ ma solo con ​il doppio tesseramento. Quindi, i tesserati Uisp, dal 1 giugno 2016, devono essere tesserati alla Fidal, oppure avere la Runcard, per poter partecipare alle manifestazioni agonistiche organizzate dalla Federazione, proprio per questa nuova norma introdotta che non apporta nessun beneficio o miglioramento per i partecipanti”.
 
​P​er il parlamentare Pd “il doppio tesseramento sta contribuendo solo a gonfiare il numero dei tesserati Fidal, senza un reale aumento dei partecipanti all’attività sportiva, cosa che dovrebbe essere prioritaria, ed è perfettamente inutile per gareggiare. Non solo: gli articoli 2​ e 3​ della Costituzione prevedono la libera partecipazione dei cittadini alle cosiddette formazioni sociali come diritto inviolabile, ma in questo caso diventa solo un ulteriore aggravio di costi e di burocrazia per gli interessati. ​Q​uesta novità non aiuta a fare più sport, ma anzi è un disincentivo”.
 
Per questo Cova, nell’interrogazione, chiede al Ministro se “sia a conoscenza di questa Convenzione che prevede un doppio tesseramento e se non ritenga che sia una disposizione che sminuisca il ruolo degli ​E​nti di ​p​romozione ​s​portiva e la loro capacità attrattiva allo sport di base da parte dei cittadini italiani. Inoltre, se la richiesta del doppio tesseramento diventi una norma che complica la partecipazione all’attività sportiva nell’atletica e non stia certo andando nell’ottica della semplificazione e del favorire la partecipazione dei cittadini”.
 
Roma, 14 marzo 2017

News dal Parlamento

Protezione civile e omogenea

Di una Protezione civile italiana si è sentita l’assoluta esigenza quarant’anni fa, dopo il devastante terremoto del Friuli, nel 1976. Oggi, a tanto tempo di distanza, era necessaria una riforma. Ecco perché, in settimana, alla Camera, abbiamo approvato la Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile, un intervento che servirà a renderla ancora più forte ed efficiente e a dare più forza e coesione all’Italia.

La necessità di modificare e integrare la normativa di riferimento si era resa palese per riportare a unità e a maggiore equità per i cittadini la pluralità di situazioni, spesso molto disomogenee a livello territoriale. La legge delega prevede di rendere omogenea l’applicazione nella pianificazione, nella gestione e nel superamento delle emergenze, nella valutazione delle condizioni dei territori ai fini della dichiarazione dello stato di emergenza; di indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi eventi; di organizzare un sistema policentrico che operi a livello centrale, regionale e locale, coordinando al meglio responsabilità centrali e territoriali nell’intero Paese e distinguendo fra ruolo politico e gestione amministrativa; di recuperare i ritardi e mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, costruendo le condizioni per ridurre preventivamente l’effetto di rischi anche attraverso la partecipazione e la responsabilità dei cittadini, l’indispensabile apporto del volontariato organizzato, delle università e degli enti di ricerca e del sistema pubblico della protezione civile, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa.

Alla base di queste scelte c’è un dato di fatto: il costo complessivo dei danni provocati in Italia da calamità naturali è pari a circa 3,5 miliardi di euro all’anno e le risorse necessarie per fronteggiare gli effetti causati da questi eventi superano di gran lunga i costi che sarebbero necessari a prevenire i danni. È, dunque, indispensabile sviluppare una politica di prevenzione e di mitigazione del rischio supportata da risorse, scelte amministrative e da una normativa strutturale appropriata.

 

Missioni, avanti con giudizio

La settimana che si è appena conclusa ci ha visto anche fare una articolata discussione sulla relazione delle Commissioni Affari esteri e comunitari e Difesa sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali, adottata il 14 gennaio scorso.

Al termine del dibattito abbiamo votato e approvato una risoluzione in cui si autorizzano tutte le missioni e le attività previste in quella deliberazione, ma si impegna anche il Governo, con riferimento alla missione Joint Enterprise, a sostenere un incremento della raccolta delle informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata; con riferimento alle missioni Eulex Kosovo ed Eufor Althea, a proporre l’inserimento, tra gli obiettivi della missione, della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, e a sostenere un maggiore impegno della missione nel contrasto della criminalità finanziaria; con riferimento alla missione Eunavformed operazione Sophia, ad agire nelle competenti sedi internazionali affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane; con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi, ad adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento; con riferimento alla missione di partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh, a continuare a dare priorità al possibile problema umanitario derivante dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mosul; con riferimento alla missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica, a valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l’attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

 

In Europa, sempre forti

In vista del Consiglio europeo che si sarebbe tenuto nei giorni successivi, il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ci ha reso comunicazioni su quanto sarebbe andato a discutere in quella sede. In particolare, ha risposto alle accuse venute direttamente dall’Europa di una nostra debolezza nella gestione dei flussi migratori. Gentiloni ha fatto presente che il problema della immigrazione non si cancella, ma è possibile cercare di sostituire quella clandestina irregolare con flussi e canali più accettabili. E se questo è un obiettivo anche della Ue, il nostro premier si è augurato che anche a Bruxelles si facciano passi in più per aiutare il lavoro di avanguardia dell’Italia, anche in termini di risorse.

È stata anche l’occasione per Gentiloni di fare il punto sull’attività di governo che è concentrata su una serie di misure, dall’immigrazione alla pubblica amministrazione, dal processo penale alla sicurezza urbana, dalla legge sulla povertà al ddl sulla concorrenza. Insomma, in Italia le riforme non solo non si sono fermate, ma non hanno minimamente rallentato il loro corso.

Al termine della discussione, abbiamo approvato una risoluzione che impegna il Governo a sostenere la necessità di adottare politiche di bilancio sostenibili ma orientate alla crescita, e in particolare agli investimenti e all’occupazione, che tengano conto del contesto economico, anche attraverso l’eventuale adeguamento delle regole fiscali in vigore; a promuovere la formulazione di raccomandazioni sulle politiche fiscali per la zona euro nel suo complesso; a sottoporre ad una attenta analisi la condizione del sistema bancario europeo; a favorire l’adozione di una politica industriale comune; a promuovere una sempre maggiore integrazione all’interno dell’Unione economica e monetaria; a sollecitare il rafforzamento del mercato unico; a favorire gli interventi volti alla realizzazione di un mercato unico digitale; a sostenere con determinazione la necessità di approntare misure urgenti atte a contrastare l’alto livello di disoccupazione giovanile in aumento in molti Paesi dell’eurozona; a continuare a perseguire attivamente il rafforzamento della solidarietà e della coesione all’interno dell’Unione; a sostenere nelle sedi europee le iniziative di rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa.

 

Più diritti per gli autonomi

Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato è l’altro importante provvedimento, già approvato dal Senato, che abbiamo affrontato questa settimana.

Il disegno di legge si compone di due insiemi di norme complementari:

da un lato si è inteso introdurre un sistema di interventi finalizzati al rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi, dall’altro si è voluto sviluppare, all’interno dei rapporti di lavoro subordinato, modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative (smart working), allo scopo di promuovere l’incremento della produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Tra le tutele previste dal provvedimento per questi lavoratori, figurano le garanzie contro i ritardi nei pagamenti dei corrispettivi, l’impossibilità per il committente di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere senza congruo preavviso, nonché imporre clausole con le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla richiesta di pagamento, o ancora il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta. Tra le misure, si determinano, poi, le condizioni per rendere strutturale la Dis-Coll, ovvero l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Per quanto riguarda il cosiddetto “lavoro agile” (smart working), si chiarisce in primo luogo che questo istituto non costituisce una nuova tipologia contrattuale, ma solo una particolare modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, basata sulla flessibilità di orari e di sede e caratterizzata, principalmente, da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici e delle possibilità tecnologiche esistenti, nonché dall’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.

Nella disciplina del trattamento economico e normativo del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, si stabilisce che questi abbia diritto a un trattamento non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Inoltre, il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore.

 

Primo: proteggere i testimoni

Altra novità, tra le discussioni all’ordine del giorno della Camera, l’approvazione della proposta di legge sulle Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia. Finora, infatti, si normava con la stessa legge persone che per quanto fossero preziose per la lotta alla criminalità, erano diverse profondamente: i collaboratori si sono macchiati di delitti efferati, i testimoni di giustizia invece sono cittadini normali, che hanno subito la violenza delle mafie o assistito e denunciato e si sono recati nelle aule giudiziarie a indicare i colpevoli.

La legge dà loro statuto autonomo e dignità, in quanto contiene il principio della personalizzazione delle misure per il testimone di giustizia che non può continuare a subire lo sradicamento dal proprio territorio, l’abbandono del lavoro, il cambiamento del nome. Non sono loro che devono cambiare, ma sono le mafie. Un testimone dovrà poter rimanere a casa propria, continuando il proprio lavoro.

Vengono perciò individuate le speciali misure di protezione previste per i testimoni di giustizia e per gli altri soggetti sottoposti a protezione e si stabilisce, preliminarmente, che comprendono misure di tutela fisica e dei beni, misure di sostegno economico, misure di reinserimento sociale e lavorativo.

Per garantire l’incolumità dei testimoni e la sicurezza dei loro beni, in base alla gravità e attualità del pericolo, dunque, si adottano misure di vigilanza e protezione, accorgimenti tecnici di sicurezza per abitazioni e aziende, misure per gli spostamenti, trasferimenti in luoghi protetti, utilizzazione di documenti di copertura, cambiamento delle generalità.

Al testimone andrà assicurata una condizione economica equivalente a quella preesistente. Alle misure già oggi previste, tra cui spese sanitarie e mancato guadagno, gli sono riconosciuti l’assistenza legale, il rimborso per spese occasionali dovute alla protezione e un indennizzo forfetario per i danni psicologici e biologici subiti.

Il testimone ha diritto a conservare il posto di lavoro o, per esigenze di sicurezza, a trasferirsi in altre sedi. Se invece il lavoro l’ha perso a causa delle sue dichiarazioni, ha diritto a un nuovo posto, anche temporaneo. Sono previste forme di sostegno all’impresa con gli strumenti del codice antimafia e l’eventuale assegnazione di beni confiscati alle mafie, mutui agevolati e l’accesso a programmi di assunzione nella pubblica amministrazione con chiamata nominativa.

Paolo Cova

News dal Parlamento

UNA MAGGIORE TUTELA DEL MALATO

E’ stato approvato in via definitiva alla Camera Il testo unificato sul tema della responsabilità professionale del personale sanitario.  Il provvedimento affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie (medici, infermieri, ecc.), e delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, l’obbligo di assicurazione e l’istituzione del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità̀ sanitaria.

L’obiettivo è dunque quello di migliorare il livello di tutela dei pazienti attraverso una migliore valutazione e un’azione di contrasto alla medicina difensiva.

Quest’ultima si verifica quando i medici ordinano test, procedure e visite, al fine di ridurre la loro esposizione ad un giudizio di responsabilità. Il costo stimato per gli effetti della medicina difensiva è di 10 miliardi di euro: lo 0,75 per cento del PIL. Si verifica anche in modo negativo quando gli operatori sanitari evitano certi pazienti o procedure.

Il testo prevede il potenziamento delle garanzie e delle tutele per gli esercenti la professione sanitaria, prevedendo che costoro rispondano sul piano civile e introducendo, sotto il profilo penale, la non punibilità dell’esercente che abbia agito per imperizia e nel rispetto delle linee guida o, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali, senza tuttavia alcuna attenuazione della punibilità in caso di condotta negligente o imprudente dell’esercente stesso. Al tempo stesso è sottoscritto il rafforzamento degli strumenti che permettono ai pazienti di essere risarciti in tempi più rapidi e soprattutto certi, a fronte di danni sanitari eventualmente subiti nel corso di ricoveri o di cure. Si conferma l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d’opera, a carico delle strutture sanitarie o sociosanitarie, pubbliche e private. Un’altra novità introdotta a tutela del soggetto danneggiato è la possibilità di agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione, con diritto di rivalsa dell’assicurazione nei confronti dell’assicurato.

 

ORFANI DI DELITTI DOMESTICI: ORA LA LEGGE C’E’

Questa settimana abbiamo approvato alla Camera la legge che introduce modifiche al codice civile, al codice penale e a quello di procedura penale per tutelare nel modo più ampio ed efficace possibile quelli che sono stati definitigli “orfani speciali” vittime   di un delitto compiuto in ambito domestico .

Si tratta di figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti di vittime di omicidi commessi dal coniuge (anche se legalmente separato o divorziato), dall’altro componente dell’unione civile (anche se questa è cessata) o da una persona con la quale la vittima stessa era legata attraverso una relazione affettiva ed una convivenza stabile. A decorrere dal 2017 viene incrementata di circa 2 milioni di euro la dotazione del Fondo di rotazione per le vittime della mafia, dell’usura e dei reati intenzionali violenti, che viene destinato ora – con conseguente cambio anche della denominazione – anche agli orfani per crimini domestici .

                                                            

I dati sono allarmanti: a partire dal 2000, sono stati oltre 1.600 i figli che hanno perso la madre per mano del padre o del convivente. Con l’ articolo 2 , si modifica il codice penale che interviene sull’ omicidio aggravato dalle relazioni personali per cui la pena per l’omicidio passa da 11 anni di reclusione a 24 o 30 anni. Nell’ articolo 5 della legge, per evitare che nelle more del procedimento penale l’omicida possa conseguire , anche solo temporaneamente, l’eredità della persona che ha ucciso, è prevista la sospensione dalla successione , fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento , per il coniuge – anche legalmente separato, e i n modo analogo a quanto previsto per l’indegnità a succedere, l’ articolo 6 stabilisce che all’imputato di omicidio venga sospeso il diritto alla pensione di reversibilità. A tutela del minore, il tribunale, dopo aver effettuato tutti i necessari accertamenti, procederà con l’affidamento privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore stesso e i parenti fino al terzo grado; in presenza di fratelli o sorelle il tribunale assicura per quanto possibile la continuità affettiva tra gli stessi; i servizi sociali, su segnalazione del tribunale, assicurerà al minore sostegno psicologico e accesso a misure in grado di sostenere diritto allo studio e inserimento lavorativo.

 

 

 

21 MARZO GIORNATA DELLE VITTIME DI MAFIA

E’ stata istituita all’unanimità la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le Vittime delle mafie”, un risultato politico collettivo e importante, ma ancor più significativo che la promulgazione della Legge abbia la firma del nostro presidente Mattarella, uomo che ha vissuto direttamente la triste esperienza di vedere un proprio famigliare ucciso dalla mafia.

 

 

 

Paolo Cova

 

News dal Parlamento

Milleproroghe e nuovi posti di lavoro

Via libera, questa settimana, alla Camera al decreto Milleproroghe, che in termini tecnici viene definito Proroga del termine per l’esercizio di deleghe legislative.

Molti gli interventi che sono frutto in larga parte del positivo lavoro svolto in Parlamento nel confronto con il Governo e con tutti gli attori interessati. Si dà una risposta concreta per il futuro di centinaia di lavoratori precari dell’Istat, dell’Istituto superiore di sanità e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che finalmente avranno la possibilità di accedere a contratti di lavoro a tempo indeterminato. Ma anche a un’altra categoria di lavoratori precari, attraverso la proroga della indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi (la cosiddetta Dis-Coll) che si vedono interrompere il rapporto di lavoro.

Si dà una risposta concreta al bisogno di riorganizzare e rendere più efficiente il nostro sistema carcerario con l’assunzione di 887 unità di personale nella Polizia penitenziaria, attraverso lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi. Così come si affrontano altri temi di fondamentale importanza, tra cui una serie di semplificazioni fiscali o i 17 milioni di euro che andranno a finanziare la cassa integrazione in deroga nel settore della pesca e le diverse norme a sostegno delle popolazioni terremotate.

Altri interventi sono quelli per le fondazioni sinfoniche, per i distretti turistici, per i terremoti dell’Emilia e dell’Abruzzo, per la lotta all’evasione e le misure sulle pensioni, che prevedono che i pensionati non dovranno restituire le somme percepite in più nel 2015. Grazie a questo, evitiamo un taglio di pensione per tutti gli italiani a partire dal mese di aprile e per 4 mesi.

In carcere, ma a casa

L’altra faccia dell’incremento dei flussi migratori la conosciamo tutti: purtroppo, anche un aumento dei fatti criminosi, che poi rappresenta una delle cause del grave fenomeno del sovraffollamento carcerario. Uno strumento efficace per arginarlo è la procedura del trasferimento delle persone condannate nel Paese di origine. L’obiettivo non è punitivo, come qualcuno potrebbe pensare, ma anzi di carattere umanitario, nel senso che mira a favorire, in determinati casi, il reinserimento sociale delle persone condannate, avvicinandole ai loro cari, alla loro provenienza, alla loro casa.

Per questo abbiamo approvato una mozione che impegna il Governo, tra l’altro, a proseguire nella promozione di accordi bilaterali volti a favorire il trasferimento dei detenuti provenienti soprattutto dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l’Italia, e, in particolare, da quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane, e a promuovere ogni iniziativa volta a semplificare le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri.

Il cane in ospedale? No, grazie

Sono rimasto basito dopo che ho scoperto che alcuni articoli del Regolamento di attuazione delle disposizioni della riforma della legge regionale 33/2009, il Testo unico sulla sanità, nei capitoli riguardanti le norme relative alla tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo di Regione Lombardia, prevedevano la possibilità di portare le bestiole dentro gli ospedali.

Infatti, dopo il parere positivo della Commissione consiliare Sanità, la Giunta ha dato il suo ok definitivo al regolamento di attuazione della norma. A questo punto, sarà mia premura interessare il Ministro della Sanità sul grave fatto dell’approvazione degli art. 22 e 23 del regolamento, quelli che, appunto, consentono l’accesso degli animali negli ospedali e nelle strutture sanitarie.

Non lo dico certo per cattiveria verso coloro che amano tanto i propri animali d’affezione, ma, da medico veterinario, credo che sia importante rispettare prima di tutto la salute dei pazienti ricoverati negli ospedali: immaginare che persone allergiche al pelo di cani o di gatti possano trovarsi in sala aspetto o in corsia con loro, mi fa pensare che non ci sia rispetto per i malati. E questo è solo un esempio, forse addirittura il meno pericoloso.

Il rischio più grande riguarda la lotta alle infezioni secondarie contratte negli ospedali, tanto che alcuni hanno lanciato un vero e proprio allarme, e portarci gli animali non va certo in questo senso. Regione Lombardia ha avuto proprio una bella idea! Oltre tutto, i due articoli vengono inseriti nelle norme sul randagismo, dove c’entrano talmente poco da risultare completamente avulsi.

Farmaci in stalla, non ci siamo capiti

In settimana ho ricevuto risposta dal Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico alla mia interpellanza urgente sulle azioni che intende fare il Governo in merito all’adozione di misure tese a migliorare i servizi di farmaco-vigilanza e farmaco-sorveglianza veterinaria.

Se ricordate chiedevo se il Ministro della Salute non ritenesse che la tracciabilità del farmaco veterinario negli allevamenti di animali da reddito senza scorte fosse troppo bassa visto che i dati indicano che si arriva a verificare solo il 21% di allevamenti bovini e il 7% di allevamenti di capi suini. Invece, sono stati controllati l’89% di allevamenti bovini con scorte e l’85% di allevamenti suini. A queste verifiche sfuggono il numero maggiore di aziende zootecniche e il maggior numero di capi. Inoltre, se tutti gli allevamenti senza detenzione di scorte siano stati controllati almeno una volta ogni tre anni e se le aziende controllate rappresentino almeno il 40% degli animali da reddito a seconda delle specie ogni anno. Infine, se il Ministero, non ritenga necessaria una migliore organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza e farmaco sorveglianza veterinaria.

Il Sottosegretario mi ha risposto che gli allevamenti autorizzati alla tenuta delle scorte e anche quelli in cui viene dichiarata l’assenza di trattamento sono considerati ad alto rischio e pertanto la frequenza dei controlli è di almeno una volta all’anno. Per quelli sprovvisti di scorta le ispezioni avvengono sulla base del rischio: alto un controllo annuo, medio ogni due anni, basso ogni tre anni. E per quanto riguarda gli 8mila veterinari pubblici, mi ha detto che servono a superare le carenze di organico di regioni e province autonome.

Allora, dico io, forse è giunta l’ora di ristrutturare il sistema dei controlli veterinari e di fare interventi tenendo conto dell’azione che svolgono i liberi professionisti. Ma nel complesso la risposta è stata insufficiente e semplicistica: i criteri indicati dal Ministero non sono quelli che vanno nell’ottica di una riduzione del consumo e una tracciabilità dei farmaci. Quindi, non corrispondono alla realtà. Mi sembra di aver percepito che non si ha presente quello che sta avvenendo dentro le aziende agricole.

Paolo Cova

Infezioni secondarie negli ospedali e Regione Lombardia pensa di portarci cani e gatti

Alcuni articoli del Regolamento di attuazione delle disposizioni della riforma della legge regionale 33/2009, il Testo unico sulla sanità, nei capitoli riguardanti le norme relative alla tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo di Regione Lombardia, trovano contrario l’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd e veterinario.
“Dopo il parere positivo della Commissione consiliare Sanità, la Giunta ha dato il suo ok definitivo al regolamento di attuazione di queste norme – fa sapere Cova –. A questo punto, sarà mia premura interessare il Ministro della Sanità sul grave fatto dell’approvazione degli art. 22 e 23 del regolamento, quelli che consentono l’accesso degli animali negli ospedali e nelle strutture sanitarie”.

Cova spiega perché: “Da medico veterinario credo che sia importante rispettare prima di tutto la salute dei pazienti ricoverati negli ospedali: immaginare che persone allergiche al pelo di cani o di gatti possano trovarsi in sala aspetto o in corsia con questi animali, mi fa pensare che non ci sia rispetto per i malati. E questo è solo un esempio, forse addirittura il meno pericoloso”.
Un rischio ancora più grande c’è, secondo il parlamentare: “Si parla tanto di lotta alle infezioni secondarie contratte negli ospedali, tanto che alcuni hanno lanciato un vero e proprio allarme, e Regione Lombardia pensa di portarci anche gli animali. Oltre tutto, i due articoli vengono inseriti nelle norme sul randagismo, dove c’entrano talmente poco da risultare completamente avulsi”.

Roma, 24 febbraio 2017

Ok al mio ordine del giorno per la riforma dell’ippica italiana

Via libera, alla Camera, nell’ambito della discussione sul Decreto in materia di proroga dei termini, il cosiddetto Milleproroghe, a un ordine del giorno dell’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd, che impegna il Governo ad attuare la Riforma del settore dell’ippica italiana.
Della necessità di un intervento e dei problemi che attanagliano la categoria, Cova si era già occupato con un’interrogazione a risposta immediata, in Commissione Agricoltura.
 
Nell’atto votato Cova ricorda che “il Parlamento ha approvato la Delega di riforma del settore dell’ippica italiana nel Collegato all’Agricoltura ed è in attesa dei decreti attuativi che il Milleproroghe estende per altri 6 mesi. Ma il settore dell’ippica sta vivendo un periodo di grande difficoltà, iniziata a fine anni Novanta, e dovuta a una mancata riforma del gioco delle scommesse ippiche, dell’ammodernamento degli ippodromi, della competitività delle corse, degli allevamenti di puledri da trotto e galoppo. A questo si aggiunge il fatto che l’European Pattern Committee dello scorso gennaio ha penalizzato ulteriormente l’ippica italiana portando all’esclusione dal Gruppo 1 di tre Gran Premi italiani, a causa del ritardato pagamento dei premi entro il termine di 90 giorni da parte dei Ministeri interessati”.
 
Per questo l’ordine del giorno di Cova impegna il Governo “ad attuare la riforma del settore emanando i decreti attuativi per arrivare a riordinare le competenze ministeriali in materia di ippica e per prevedere le modalità di individuazione del soggetto incaricato della costituzione dell’organismo a cui demandare le funzioni di organizzatore entro il termine di sei mesi, oltre ad attivarsi perché i pagamenti dei premi delle corse ippiche siano effettuati tempestivamente”.
 
Roma, 23 febbraio 2017
 

News dal Parlamento

Parola d’ordine: avanti uniti

Il Partito democratico nasce come unione di più anime e come tale deve proseguire. Un gruppo unico e coeso che deve affrontare sfide future per il paese ben più importanti dei personalismi di pochi singoli. In questi anni abbiamo vissuto il continuo rimescolamento tra le varie culture e persone, un percorso che è stato sempre più intenso nei circoli e nei territori. In questi anni, dove prevale sempre l’individualismo e forze politiche che si mettono alla finestra a lamentarsi senza agire, avere chi ha pensato ad unire è un bene prezioso.

Il confronto è sempre occasione di crescita, il congresso diventa ora una occasione per indicare la strada da percorrere. Il timore che non sia un congresso vero, viene superato dal fatto che nei circoli si è sempre discusso e affrontato i temi importanti del paese. La mia fiducia nei nostri iscritti ed elettori è tanta e non temo che si riduca ad una inutile discussione.

 

Non le banche, ma i risparmiatori

Il decreto già ribattezzato “salva risparmio” è stato il primo provvedimento che abbiamo approvato questa settimana alla Camera. Il disegno di legge di conversione sulle disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio permette al Governo di incidere sulla liquidità e sul patrimonio delle banche. Nello specifico, è il Ministero dell’Economia e delle finanze che potrà erogare, con diverse modalità e nel rispetto delle regole europee sugli aiuti di Stato alle banche, sostegno pubblico alle banche italiane.

In particolare, per quanto riguarda gli interventi per garantire la liquidità, il Tesoro potrà rilasciare alle banche che lo chiedono una garanzia su nuove obbligazioni da emettere, a fronte del pagamento di una commissione. Grazie alla garanzia pubblica, le obbligazioni emesse dalle banche presenteranno per il sottoscrittore il grado di rischio dello Stato e non quello della banca emittente. In questo modo le banche potranno avere accesso al mercato anche se sottoposte a tensioni e reperire le risorse finanziarie di cui avessero bisogno a condizioni analoghe a quelle dello Stato italiano.

Relativamente agli interventi per rafforzare il patrimonio, solo le banche che nello scenario avverso di una prova di stress presentino una carenza patrimoniale, possono chiedere una ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. Infine, con riguardo allo schema di tutela dei risparmiatori, il decreto legge contempla la possibilità che la banca interessata da una ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato, che comporta la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni, offra obbligazioni non subordinate in cambio delle azioni frutto della conversione.

Per il finanziamento di queste operazioni viene creato un fondo con una dotazione di 20 miliardi di euro, al quale il Governo potrà attingere per i singoli interventi sul capitale e sulla liquidità. È inoltre prevista l’estensione del range di azione ai rimborsi delle quattro banche poste in risoluzione creando le condizioni per l’estensione dei termini per chiedere i rimborsi da parte degli obbligazionisti azzerati, fino al 31 maggio 2017. È stata, anche, ampliata la platea dei risparmiatori che potranno chiedere il rimborso forfetario con procedura gratuita.

 

Elezioni trasparenti

Le elezioni degli organi delle amministrazioni comunali cominciano l’iter per essere sottoposte a nuove norme, grazie alle modifiche al testo unico votate dalla Camera nei giorni scorsi. Il provvedimento intende rendere difficili i brogli elettorali e il voto di scambio, a cui ricorrono le organizzazioni mafiose. Le novità introdotte sono poche e precise: le urne non saranno più di cartone, ma in plexiglass trasparente; le cabine non avranno più la tendina, e saranno posizionate in modo che l’elettore dia le spalle al presidente di seggio e agli scrutatori.

Il primo intervento evita che l’urna installata nel seggio contenga già delle schede, fatti che si registrano laddove il presidente di seggio e gli scrutatori sono collusi. Per questo la legge introduce per queste figure nuovi requisiti: non potranno essere parenti dei candidati nelle liste, aver ricevuto condanne, anche soltanto in primo grado, per mafia o per reati contro la pubblica

amministrazione.

Il diverso posizionamento delle cabine mantiene la segretezza del voto, ma consente il controllo dell’elettore. Non si potrà, dunque, né sostituire, né fotografare la scheda.

Ma la legge introduce anche la possibilità per studenti e lavoratori fuori sede di votare nei comuni di momentanea residenza solo per i referendum, che non prevedono collegi elettorali. Inoltre, è previsto il divieto di assumere nelle società partecipate 60 giorni prima e dopo le elezioni, e viene riservato ai disoccupati il 50% dei posti da scrutatore. Il testo ora passa al Senato.

 

Il traffico di organi è reato

La Commissione Giustizia, in sede legislativa, ha approvato il provvedimento che introduce nel codice penale il reato di traffico di organi prelevati da persona vivente e prevede una aggravante quando questo delitto sia l’obiettivo di un’associazione a delinquere. La proposta di legge di iniziativa parlamentare è stata approvata all’unanimità sia alla Camera che al Senato.

Il traffico di organi ha un giro d’affari globale stimato in quasi un miliardo e mezzo di dollari. Ecco perché il provvedimento dà una stretta al commercio illecito di organi e introduce sanzioni pesanti: il nuovo delitto punisce con il carcere da 3 a 12 anni e la multa da 50mila a 300mila euro chi illecitamente, violando cioè la disciplina del prelievo e trapianto da donatore, commercia, vende, acquista o comunque procura organi prelevati da persona vivente. Se il colpevole è un medico o un sanitario, scatta anche l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.

Nel mirino vi è anche il turismo dei trapianti: è prevista la reclusione da 3 a 7 anni anche per chi organizza o propaganda viaggi oppure pubblicizza o diffonde annunci volti al traffico di organi. E viene modificato il reato di associazione per delinquere per prevedere che lo stesso sia aggravato quando l’associazione è finalizzata a commettere i reati di traffico di organi prelevati da persona vivente, da cadaveri e di mediazione a scopo di lucro.

Paolo Cova

 

 

News dal Parlamento

Non solo Mezzogiorno

Un nuovo decreto per il Mezzogiorno è passato alla nostra approvazione, questa settimana, alla Camera. Il provvedimento prevede interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del sud Italia, e contempera esigenze di tutela occupazionale con quelle di salvaguardia ambientale e di prevenzione e monitoraggio della vivibilità, con particolare attenzione ai soggetti più deboli.

In particolare, il decreto apporta modifiche e integrazioni alla disciplina relativa ai contenuti del programma finalizzato al trasferimento dei complessi aziendali della procedura di amministrazione straordinaria del Gruppo Ilva. In questo ambito, le risorse provenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali, precedentemente concessi, sono destinate al finanziamento del Piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola (30 milioni nel triennio 2017-2019) e all’acquisizione di beni e servizi necessari alla realizzazione di interventi di ammodernamento medico-diagnostici delle strutture sanitarie pubbliche di questi Comuni (50 milioni di euro per il 2017 e di 20 milioni di euro per il 2018).

Inoltre, il provvedimento stabilisce la figura di un Commissario unico nazionale alla depurazione sia per il Mezzogiorno che per le altre Regioni in ritardo; introduce l’istituzione di una Agenzia di transhipment nel Porto di Taranto e nel Porto di Gioia Tauro; dispone che, nel 2017, il Fondo per le non autosufficienze venga incrementato di 50 milioni di euro; prevede interventi funzionali alla preparazione e organizzazione della Presidenza italiana del G7 nel 2017, evento che si terrà a Taormina.

La Commissione ha introdotto ulteriori disposizioni, tra le quali un correttivo per rendere più efficace e attrattivo il credito d’imposta per gli investimenti al Sud; 100 milioni di euro per la riqualificazione e l’ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni del Sud; 24 milioni di euro per il 2017 per integrare il trattamento economico di 3.500 dipendenti Ilva in cassa integrazione straordinaria; 5 milioni di euro annui, dal 2017 al 2022, per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti; la possibilità di assegnare ai comuni per finalità sociali anche i beni confiscati alle imprese mafiose, e non soltanto ai soggetti mafiosi.

 

Preveniamo il citomegalovirus

Forse non tutti sanno che il citomegalovirus, definito Cmv, è un virus molto comune e generalmente diffuso della famiglia degli Herpesvirus. Una volta contratta l’infezione, il virus rimane latente all’interno dell’organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario. Infatti, le infezioni, mentre nella maggior parte degli individui si presentano asintomatiche o con sintomi aspecifici quali febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi, negli individui immunodepressi possono causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso. Ma soprattutto l’infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può arrecare al bambino danni permanenti, anche gravi, con un maggior rischio di severità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi.
Difficile da individuare, se non con esami invasivi, come l’amniocentesi o l’analisi del sangue fetale, non si conoscono nemmeno trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell’infezione né per ridurre le conseguenze di un’infezione congenita.
Ecco perché abbiamo approvato una mozione concernente iniziative volte a prevenire e contrastare la diffusione del citomegalovirus, che impegna il Governo ad avviare una campagna informativa capillare, anche attraverso i consultori e i medici di medicina generale, per la conoscenza dei rischi di questa infezione e in particolare di quelli connessi alla interazione tra il citomegalovirus, la gravidanza e gli stati di depressione immunitaria anche transitori, sottolineando il ruolo delle comuni regole igieniche personali, in particolare il lavaggio delle mani, e degli ambienti domestici quali misure preventive alla trasmissione; a promuovere lo studio del citomegalovirus, concorrendo alla ricerca per un vaccino specifico; a valutare l’utilità e la possibilità di predisporre un censimento nazionale dei casi per arrivare ad una precisa definizione dell’incidenza di infezioni; a valutare l’utilità e la possibilit&agrave ; di mettere a punto un programma di screening efficace sulle donne in età fertile e in gravidanza al fine di ridurre l’incidenza del citomegalovirus congenito e i conseguenti costi sociali.

Farmaci in stalla: servono controlli


Migliorare l’organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza in generale e veterinaria in particolare, per evitare che vengano controllati solo gli allevamenti che cercano di stare in regola. E verificare come mai si parla di carenza di veterinari pubblici quando sono sette volte superiori, per numero, che in altre nazioni dove vi sono il doppio degli animali rispetto all’Italia. Sono le richieste contenute in un’interpellanza al Ministro della Salute che ho presentato questa settimana.
Il punto è sempre lo stesso: nella relazione annuale al Piano nazionale integrato 2015 del Ministero della Salute sulla farmacosorveglianza vengono indicate tutte le attività svolte per verificare la tracciabilità del farmaco veterinario e l’uso corretto negli animali da reddito e da compagnia. Ma la relazione indica un livello minimo di controlli/annuo diversificato a seconda delle strutture interessate per verificare la tracciabilità del farmaco prima di arrivare all’utilizzatore finale e questa relazione indica un livello minimo di controlli/annuo pari al 33% per gli allevamenti di animali da reddito senza detenzione di scorte, mentre deve essere fatto un controllo/annuo per gli allevamenti zootecnici di animali da reddito con scorta di farmaci veterinari.
La giustificazione del mancato raggiungimento del numero minimo di controlli è attribuita a carenze croniche di personale veterinario e amministrativo e a difficoltà di riorganizzazione territoriale. Eppure, in Italia risultano assunti circa 6.500 medici veterinari pubblici dipendenti e altri circa 1.500 medici veterinari assunti come convenzionati dalle Regioni con un patrimonio zootecnico composto da circa 5.800.000 capi bovini, 400.000 capi bufalini, 8.600.000 capi suini, 6.700.000 capi ovini. In Francia, con una popolazione identica alla nostra, risultano assunti circa 900 medici veterinari pubblici dipendenti, con un patrimonio zootecnico composto da circa 19 milioni di capi bovini, 13 milioni capi suini, 7 milioni di capi ovini.
Ecco perché, numeri alla mano, ho chiesto al Ministro della Salute se non ritenga che la tracciabilità del farmaco veterinario negli allevamenti di animali da reddito senza scorte sia troppo bassa visto che i dati indicano che si arrivi a verificare solo il 21% di allevamenti bovini e il 7% di allevamenti di capi suini. Invece, sono stati controllati l’89% di allevamenti bovini con scorte e l’85% di allevamenti suini. A queste verifiche sfuggono il numero maggiore di aziende zootecniche e il maggior numero di capi. Inoltre, se tutti gli allevamenti senza detenzione di scorte siano stati controllati almeno una volta ogni tre anni e se le aziende controllate rappresentano almeno il 40% degli animali da reddito a seconda delle specie ogni anno. Infine, se il Ministero, anche alla luce di questi dati, non ritenga sia necessaria una migliore organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza e farmaco sorveglianza veterinari a, visto la diversa consistenza dei numeri di veterinari pubblici dipendenti assunti in Italia rispetto a quello di altre nazioni.
Ricordo che solo pochi giorni fa alla Camera abbiamo approvato una mozione sul tema dell’antibiotico resistenza in cui c’è anche l’impegno per una maggiore tracciabilità e controllo dei farmaci veterinari nelle aziende zootecniche di animali da reddito.

Paolo Cova

 

On. Cova: “Migliorare la farmaco vigilanza veterinaria per contrastare  l’antibiotico resistenza e la commercializzazione di farmaci in nero”

On. Cova: “Migliorare la farmaco vigilanza veterinaria per contrastare  l’antibiotico resistenza e la commercializzazione di farmaci in nero”

 

Migliorare l’organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza in generale e veterinaria in particolare, per evitare che vengano controllati solo gli allevamenti che cercano di stare in regola . E verificare come mai si parla di carenza di veterinari pubblici quando sono sette volte superiori, per numero, che in altre nazioni dove vi sono il doppio degli animali rispetto all’Italia. Sono le richieste dell’on. Paolo Cova, parlamentare del Pd, che ha presentato un’interpellanza al Ministro della Salute dopo che su tema analogo – la distruzione dei farmaci veterinari e il rapporto con la loro immissione sul mercato nero – aveva già depositato un’interrogazione, rivolta anche al Ministro dell’Interno.

Il punto è sempre lo stesso: “Nella relazione annuale al Piano nazionale integrato 2015 del Ministero della Salute sulla farmacosorveglianza vengono indicate tutte le attività svolte per verificare la tracciabilità del farmaco veterinario e l’uso corretto negli animali da reddito e da compagnia. Ma la relazione indica un livello minimo di controlli/annuo diversificato a seconda delle strutture interessate per verificare la tracciabilità del farmaco prima di arrivare all’utilizzatore finale e questa relazione indica un livello minimo di controlli/annuo pari al 33% per gli allevamenti di animali da reddito senza detenzione di scorte, mentre deve essere fatto un controllo/annuo per gli allevamenti zootecnici di animali da reddito con scorta di farmaci veterinari”, ribadisce Cova nell’interpellanza.

“La giustificazione del mancato raggiungimento del numero minimo di controlli è attribuita a carenze croniche di personale veterinario e amministrativo e a difficoltà di riorganizzazione territoriale”, fa sapere il parlamentare Pd.

Eppure, “In Italia risultano assunti circa 6.500 medici veterinari pubblici dipendenti e altri circa 1.500 medici veterinari assunti come convenzionati dalle Regioni con un patrimonio zootecnico composto da circa 5.800.000 capi bovini, 400.000 capi bufalini, 8.600.000 capi suini, 6.700.000 capi ovini. In Francia, con una popolazione identica alla nostra, risultano assunti circa 900 medici veterinari pubblici dipendenti, con un patrimonio zootecnico composto da circa 19 milioni di capi bovini, 13 milioni capi suini, 7 milioni di capi ovini”.

Ecco perché, numeri alla mano (tutti nel documento allegato, ndr), Cova chiede al Ministro della Salute se “non ritenga che la tracciabilità del farmaco veterinario negli allevamenti di animali da reddito senza scorte sia troppo bassa visto che i dati indicano che si arrivi a verificare solo il 21% di allevamenti bovini e il  7% di allevamenti di capi suini. Invece, sono stati controllati l’89% di allevamenti bovini con scorte e l’85% di allevamenti suini. A queste verifiche sfuggono il numero maggiore di aziende zootecniche e il maggior numero di capi. Inoltre, se tutti gli allevamenti senza detenzione di scorte siano stati controllati almeno una volta ogni tre anni e se le aziende controllate rappresentano almeno il 40% degli animali da reddito a seconda delle specie ogni anno. Infine, se il Ministero, anche alla luce di questi dati, non ritenga sia necessaria una migliore organizzazione dei servizi di farmaco vigilanza e farmaco sorveglianza veterinaria, visto la diversa consistenza dei numeri di veterinari pubblici dipendenti assunti in Italia rispetto a quello di altre nazioni”.

In questa battaglia Cova è appoggiato da tutta la Camera: pochi giorni fa i deputati hanno approvato una mozione sul tema dell’antibiotico resistenza in cui c’è anche “l’impegno per una maggiore tracciabilità e controllo dei farmaci veterinari nelle aziende zootecniche di animali da reddito”, ricorda il parlamentare Pd.

 

Roma, 9 febbraio 2017