News dal Parlamento

Protezione civile e omogenea

Di una Protezione civile italiana si è sentita l’assoluta esigenza quarant’anni fa, dopo il devastante terremoto del Friuli, nel 1976. Oggi, a tanto tempo di distanza, era necessaria una riforma. Ecco perché, in settimana, alla Camera, abbiamo approvato la Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile, un intervento che servirà a renderla ancora più forte ed efficiente e a dare più forza e coesione all’Italia.

La necessità di modificare e integrare la normativa di riferimento si era resa palese per riportare a unità e a maggiore equità per i cittadini la pluralità di situazioni, spesso molto disomogenee a livello territoriale. La legge delega prevede di rendere omogenea l’applicazione nella pianificazione, nella gestione e nel superamento delle emergenze, nella valutazione delle condizioni dei territori ai fini della dichiarazione dello stato di emergenza; di indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi eventi; di organizzare un sistema policentrico che operi a livello centrale, regionale e locale, coordinando al meglio responsabilità centrali e territoriali nell’intero Paese e distinguendo fra ruolo politico e gestione amministrativa; di recuperare i ritardi e mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, costruendo le condizioni per ridurre preventivamente l’effetto di rischi anche attraverso la partecipazione e la responsabilità dei cittadini, l’indispensabile apporto del volontariato organizzato, delle università e degli enti di ricerca e del sistema pubblico della protezione civile, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa.

Alla base di queste scelte c’è un dato di fatto: il costo complessivo dei danni provocati in Italia da calamità naturali è pari a circa 3,5 miliardi di euro all’anno e le risorse necessarie per fronteggiare gli effetti causati da questi eventi superano di gran lunga i costi che sarebbero necessari a prevenire i danni. È, dunque, indispensabile sviluppare una politica di prevenzione e di mitigazione del rischio supportata da risorse, scelte amministrative e da una normativa strutturale appropriata.

 

Missioni, avanti con giudizio

La settimana che si è appena conclusa ci ha visto anche fare una articolata discussione sulla relazione delle Commissioni Affari esteri e comunitari e Difesa sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali, adottata il 14 gennaio scorso.

Al termine del dibattito abbiamo votato e approvato una risoluzione in cui si autorizzano tutte le missioni e le attività previste in quella deliberazione, ma si impegna anche il Governo, con riferimento alla missione Joint Enterprise, a sostenere un incremento della raccolta delle informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata; con riferimento alle missioni Eulex Kosovo ed Eufor Althea, a proporre l’inserimento, tra gli obiettivi della missione, della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, e a sostenere un maggiore impegno della missione nel contrasto della criminalità finanziaria; con riferimento alla missione Eunavformed operazione Sophia, ad agire nelle competenti sedi internazionali affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane; con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi, ad adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento; con riferimento alla missione di partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh, a continuare a dare priorità al possibile problema umanitario derivante dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mosul; con riferimento alla missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica, a valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l’attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

 

In Europa, sempre forti

In vista del Consiglio europeo che si sarebbe tenuto nei giorni successivi, il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ci ha reso comunicazioni su quanto sarebbe andato a discutere in quella sede. In particolare, ha risposto alle accuse venute direttamente dall’Europa di una nostra debolezza nella gestione dei flussi migratori. Gentiloni ha fatto presente che il problema della immigrazione non si cancella, ma è possibile cercare di sostituire quella clandestina irregolare con flussi e canali più accettabili. E se questo è un obiettivo anche della Ue, il nostro premier si è augurato che anche a Bruxelles si facciano passi in più per aiutare il lavoro di avanguardia dell’Italia, anche in termini di risorse.

È stata anche l’occasione per Gentiloni di fare il punto sull’attività di governo che è concentrata su una serie di misure, dall’immigrazione alla pubblica amministrazione, dal processo penale alla sicurezza urbana, dalla legge sulla povertà al ddl sulla concorrenza. Insomma, in Italia le riforme non solo non si sono fermate, ma non hanno minimamente rallentato il loro corso.

Al termine della discussione, abbiamo approvato una risoluzione che impegna il Governo a sostenere la necessità di adottare politiche di bilancio sostenibili ma orientate alla crescita, e in particolare agli investimenti e all’occupazione, che tengano conto del contesto economico, anche attraverso l’eventuale adeguamento delle regole fiscali in vigore; a promuovere la formulazione di raccomandazioni sulle politiche fiscali per la zona euro nel suo complesso; a sottoporre ad una attenta analisi la condizione del sistema bancario europeo; a favorire l’adozione di una politica industriale comune; a promuovere una sempre maggiore integrazione all’interno dell’Unione economica e monetaria; a sollecitare il rafforzamento del mercato unico; a favorire gli interventi volti alla realizzazione di un mercato unico digitale; a sostenere con determinazione la necessità di approntare misure urgenti atte a contrastare l’alto livello di disoccupazione giovanile in aumento in molti Paesi dell’eurozona; a continuare a perseguire attivamente il rafforzamento della solidarietà e della coesione all’interno dell’Unione; a sostenere nelle sedi europee le iniziative di rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa.

 

Più diritti per gli autonomi

Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato è l’altro importante provvedimento, già approvato dal Senato, che abbiamo affrontato questa settimana.

Il disegno di legge si compone di due insiemi di norme complementari:

da un lato si è inteso introdurre un sistema di interventi finalizzati al rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi, dall’altro si è voluto sviluppare, all’interno dei rapporti di lavoro subordinato, modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative (smart working), allo scopo di promuovere l’incremento della produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Tra le tutele previste dal provvedimento per questi lavoratori, figurano le garanzie contro i ritardi nei pagamenti dei corrispettivi, l’impossibilità per il committente di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere senza congruo preavviso, nonché imporre clausole con le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla richiesta di pagamento, o ancora il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta. Tra le misure, si determinano, poi, le condizioni per rendere strutturale la Dis-Coll, ovvero l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Per quanto riguarda il cosiddetto “lavoro agile” (smart working), si chiarisce in primo luogo che questo istituto non costituisce una nuova tipologia contrattuale, ma solo una particolare modalità di svolgimento della prestazione di lavoro subordinato, basata sulla flessibilità di orari e di sede e caratterizzata, principalmente, da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici e delle possibilità tecnologiche esistenti, nonché dall’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.

Nella disciplina del trattamento economico e normativo del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, si stabilisce che questi abbia diritto a un trattamento non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Inoltre, il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore.

 

Primo: proteggere i testimoni

Altra novità, tra le discussioni all’ordine del giorno della Camera, l’approvazione della proposta di legge sulle Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia. Finora, infatti, si normava con la stessa legge persone che per quanto fossero preziose per la lotta alla criminalità, erano diverse profondamente: i collaboratori si sono macchiati di delitti efferati, i testimoni di giustizia invece sono cittadini normali, che hanno subito la violenza delle mafie o assistito e denunciato e si sono recati nelle aule giudiziarie a indicare i colpevoli.

La legge dà loro statuto autonomo e dignità, in quanto contiene il principio della personalizzazione delle misure per il testimone di giustizia che non può continuare a subire lo sradicamento dal proprio territorio, l’abbandono del lavoro, il cambiamento del nome. Non sono loro che devono cambiare, ma sono le mafie. Un testimone dovrà poter rimanere a casa propria, continuando il proprio lavoro.

Vengono perciò individuate le speciali misure di protezione previste per i testimoni di giustizia e per gli altri soggetti sottoposti a protezione e si stabilisce, preliminarmente, che comprendono misure di tutela fisica e dei beni, misure di sostegno economico, misure di reinserimento sociale e lavorativo.

Per garantire l’incolumità dei testimoni e la sicurezza dei loro beni, in base alla gravità e attualità del pericolo, dunque, si adottano misure di vigilanza e protezione, accorgimenti tecnici di sicurezza per abitazioni e aziende, misure per gli spostamenti, trasferimenti in luoghi protetti, utilizzazione di documenti di copertura, cambiamento delle generalità.

Al testimone andrà assicurata una condizione economica equivalente a quella preesistente. Alle misure già oggi previste, tra cui spese sanitarie e mancato guadagno, gli sono riconosciuti l’assistenza legale, il rimborso per spese occasionali dovute alla protezione e un indennizzo forfetario per i danni psicologici e biologici subiti.

Il testimone ha diritto a conservare il posto di lavoro o, per esigenze di sicurezza, a trasferirsi in altre sedi. Se invece il lavoro l’ha perso a causa delle sue dichiarazioni, ha diritto a un nuovo posto, anche temporaneo. Sono previste forme di sostegno all’impresa con gli strumenti del codice antimafia e l’eventuale assegnazione di beni confiscati alle mafie, mutui agevolati e l’accesso a programmi di assunzione nella pubblica amministrazione con chiamata nominativa.

Paolo Cova