Basta antidoping a parole: serve l’agenzia terza, se vogliamo candidarci a Roma 2024

“Non basta essere contro il doping a parole”: non hanno avuto dubbi i relatori del convegno ‘Più veloce del doping – Istruzione e prevenzione prima di tutto’, tenutosi oggi, sabato 30 gennaio 2016, a Sesto San Giovanni, organizzato dal Centro sportivo Libertas Sesto, con il patrocinio del Comune.

 

Ospite l’on.Paolo Cova, parlamentare del Pd, che al Parlamento si sta battendo per fermare la deriva di una piaga che “distrugge lo sport, non gli fa solo un danno”.

E se tutti sono contro il doping a parole, Cova ha fatto presente che poi, però, “non si realizza l’agenzia terza come previsto dalla legge. Ma se controllore e controllato sono le stesse persone, non c’è chiarezza di intervento, i controlli non possono essere veramente super partes. Invece, se vogliamo candidarci a Roma 2024, dobbiamo arrivare con questo fiore all’occhiello da offrire al Cio per vincere l’assegnazione. Adesso serve un segnale di sport pulito, piuttosto che un medagliere ricco, ma senza valore”.

 

Non solo: “Bisogna fare una grande azione di prevenzione e di ricerca – ha aggiunto Cova –. Nel 2015 tre marciatori di vertice sono stati fermati perché trovati positivi a un farmaco dopante non ancora autorizzato per il commercio. Questo significa che abbiamo atleti che sono delle vere e proprie cavie, oltre tutto non sapendo ancora se il farmaco fa bene o male o provoca danni più o meno gravi. Se l’antidoping non fa ricerca, non riesce a individuare questi farmaci, a trovare quelle molecole che difficilmente sappiamo che vengono usate”.

Una battaglia dura da combattere perché “vincere una medaglia comporta che la federazione guadagni soldi e prestigio e qualcuno chiude gli occhi – ha denunciato il parlamentare Pd –. Questo è il livello di alcuni dirigenti e allenatori, che poi dalle vicende escono sempre puliti, ma sono proprio quelli che non fanno la lotta al doping perché vivono di luce riflessa rispetto ai risultati ottenuti dal loro atleta”.

 

Cova ha anche un rammarico: “Spiace che non sia stata assegnata la delega allo sport in questo rimpasto di Governo: avrebbe dato slancio sia alla lotta al doping, sia a una ripresa dell’attività agonistica di vertice che ora latita”.

 

Importante l’intervento del campione Stefano Mei: “Quando penso a quello che ho fatto nella mia carriera sportiva, quando racconto il mio passato e la mia impresa sono sicuro di non dire delle bugie. Sono sicuro che quel giorno ero il più forte del mondo”. Perché “quando chiudi gli occhi per dormire, quando ti fai la barba la mattina, sai se hai fatto o meno una cosa giusta. Non riesco a concepire come si possa essere soddisfatti per un risultato ottenuto con un trucco. Se non si può vincere pazienza, va bene anche il quarto posto, ma guadagnato con l’onestà e la fatica, accettando i propri limiti”.

 

Il medico Alessandro Da Ponte ha illustrato la parte farmacologica degli aspetti legati al doping: “Ci sono sostanze vietate sempre e alcune solo in competizione, gli stimolanti, ad esempio. O sono vietate solo in particolari sport, come i betabloccanti, ottimi per i tiratori di precisione perché abbassano i battiti del cuore e la mano trema meno”. E per dimostrare la difficoltà dei controlli, tra l’altro lungo un iter preciso e complicatissimo, Da Ponte ha sottolineato l’importanza della comunicazione della reperibilità dell’atleta, che è alla base dell’ultimo scandalo doping italiano.

Il medico hachiuso il suo intervento con un appello ad amatori e dilettanti, il cui “rischio è paradossalmente ancora maggiore rispetto agli atleti che, comunque, anche nell’assunzione di sostanze proibite, sono seguiti da staff preparati. Ma chi assume senza controllo, improvvisando, può farsi dei danni davvero gravi”.

 

Sesto SanGiovanni, 30 gennaio 2016