News dal Parlamento

Il Terzo settore ha la sua riforma

Alla Camera abbiamo approvato il disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore, con 297 favorevoli, 121 contrari e 50 astenuti. Il testo ora passa all’esame del Senato. Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale attuando il principio di sussidiarietà. E quello che questo testo si propone è il sostegno della libera iniziativa dei cittadini che si associano per perseguire il bene comune, ma anche favorire la partecipazione attiva delle persone, singolarmente o in forma associata e valorizzare il potenziale di crescita dell’economia sociale. Infine, armonizzare gli incentivi e uniformare la disciplina in una materia caratterizzata fin qui da un quadro normativo non omogeneo.

Il disegno di legge istituisce il Codice del Terzo settore per la raccolta e il coordinamento delle norme al fine di individuare le attività solidaristiche, definire le modalità organizzative e amministrative degli enti, prevedere il divieto di distribuzione degli utili, disciplinare gli obblighi di controllo interno, rendicontazione e trasparenza e mettere a punto un registro unico del Terzo settore. Il disegno di legge contiene, inoltre, la definizione dell’impresa sociale come impresa privata con finalità di interesse generale con l’obiettivo primario di realizzare impatti sociali positivi, istituisce il servizio civile nazionale e pone le basi per misure di sostegno economico in favore di questi enti.

 

Anche in Italia la tortura è reato

Un altro provvedimento importante è passato alla nostra approvazione (244 voti favorevoli, 14 contrari), ovvero l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano, dove non esisteva ed è atteso da 27 anni. Anche in questo caso, ora il testo torna al Senato per il voto finale. Il nuovo reato, introdotto nel codice penale, punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia o violando i propri obblighi di protezione, cura o assistenza, intenzionalmente cagiona a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere dichiarazioni o informazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. La sofferenza inflitta si deve ritenere superiore rispetto a quella che deriva dalla semplice detenzione o altre legittime misure limitative dei diritti. Specifiche aggravanti, peraltro, scattano in caso di lesioni o morte. E se a torturare è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, la pena è aggravata da 5 a 12 anni. Inoltre, i termini di prescrizione raddoppiano per cui il reato di tortura, se prima non interviene il processo, si estinguerà in 20 anni.

La legge fa divieto assoluto di espulsione o respingimento verso Paesi che praticano la tortura o dove la violazione dei diritti umani sia grave e sistematica. Qualsiasi dichiarazione o informazione estorta sotto tortura non è utilizzabile in un processo. Infine, i cittadini stranieri indagati o condannati per tortura non possono godere di alcuna immunità diplomatica.

 

La nostra (ri)soluzione per il latte

La scorsa settimana, in Commissione Agricoltura, abbiamo anche approvato una risoluzione sulle iniziative per il sostegno del settore del latte. Un lungo documento e molti impegni per il Governo con uno scopo: assicurare la effettiva applicazione dell’articolo sui contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari, prevedendo, tra l’altro, un significativo inasprimento delle sanzioni pecuniarie nei confronti di chi pone in essere condotte tese a sfruttare abusivamente la maggior forza commerciale di cui dispone. Abbiamo anche chiesto di valutare l’opportunità di garantire una durata dei contratti minima di dodici mesi. L’obiettivo è di trovare strumenti per evitare che il prezzo medio alla stalla sia palesemente inferiore al costo medio di produzione, calcolato sulla base degli indicatori di mercato, del volume consegnato, della qualità e della composizione del latte crudo. Inoltre un prezzo che deve tenere conto del “valore aggiunto” del latte trasformato dato dal costo pagato dal consumatore.

Nel documento si chiede anche di riordinare le relazioni commerciali nel settore agroalimentare a partire dal comparto lattiero-caseario, convocare il tavolo della filiera del settore latte, assumere iniziative di semplificazione delle procedure burocratiche a carico delle aziende agroalimentari, introdurre modifiche o integrazioni in materia di rintracciabilità e scadenza del latte fresco, adottare criteri che rendano più trasparenti le etichette, rafforzare l’azione di controllo sanitario sul latte importato.

Paolo Cova