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Le caratteristiche di un Presidente

 

L’elezione del nuovo Presidente della Repubblica costringe i Grandi Elettori a una riflessione approfondita a cui voglio contribuire con le seguenti considerazioni, nella speranza che esse possano servire a mantenere la discussione nei giusti binari, evitando che, del tutto impropriamente, si scarichino su questa scelta tensioni politiche interne e ad essa evidentemente estranee.

La valutazione della migliore candidatura non può prescindere da un’attenta analisi della funzione che il Presidente della Repubblica svolge all’interno e all’esterno del Paese. La durata settennale del suo mandato – che supera quella di una semplice legislatura – indica con chiarezza che la scelta del Presidente deve essere figlia di una visione politica di lungo termine, che coniughi le valutazioni inevitabilmente legate all’attualità politica con le ragioni della stabilità e della continuità delle istituzioni repubblicane. Sotto questo profilo e in questo senso, ritengo di poter individuare tre caratteristiche fondamentali sulle quali misurare il profilo della o del candidato.

Intanto, nel suo rappresentare l’unità nazionale, punto di riferimento e ancoraggio del Paese anche nei momenti di crisi, deve essere figura dotata di grande senso delle istituzioni, interprete del più alto interesse nazionale, attrice o attore imparziale teso a contribuire al migliore equilibrio tra i poteri. Allo stesso tempo deve essere capace di ascolto della voce dei cittadini, capace di mettersi in sintonia con il loro “sentire” e di essere interprete credibile delle aspirazioni a una più esigente etica civile.

Poi, deve essere in grado, sul piano internazionale, di interloquire in modo autorevole con gli altri partner istituzionali, così come di porsi come punto di riferimento in occasioni di incontri internazionali, in particolare incarnando la forte vocazione europeista del nostro Paese, soprattutto oggi che il progetto europeo appare messo in discussione da più parti.

Infine, deve possedere una sensibilità politica che gli consenta di accompagnare con lealtà ed energia il processo di riforma delle istituzioni e dell’intera società italiana, avviato in questa difficile fase storica dall’attuale Parlamento, contribuendo a far sì che esso si svolga nel rispetto della dialettica democratica e quale frutto del più ampio coinvolgimento delle forze politiche, sociali e culturali della Repubblica.

Montagna, l’Imu “salta” in zona Cesarini

Giovedì, assieme ad altri circa 200 colleghi del PD, avevo firmato una lettera per il Presidente Matteo Renzi e il Ministro dell’Economia Piercarlo Padoan in cui esprimevamo tutta la nostra preoccupazione per la situazione che si stava venendo a creare sulla vicenda dell’Imu per i terreni agricoli di montagna. Venerdì il Governo ha trovato la soluzione e, con un Consiglio dei Ministri straordinario, ha risolto il problema fissando nuovi criteri per il pagamento, con esenzione totale per 3.456 comuni – tenete conto che prima erano 1.498 – e parziale per 655 comuni. La decisione dell’esecutivo è arrivata nel pomeriggio dopo che, in mattinata, si era tenuto un incontro tra lo stesso Ministro Padoan e quello delle Politiche agricole Maurizio Martina.

La decisione è arrivata in zona Cesarini, come si direbbe in gergo calcistico, perché la scadenza del pagamento era fissata per lunedì 26 gennaio. Per ufficializzare la scelta che ha fatto a vantaggio di moltissimi agricoltori, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge contenente “Misure urgenti in materia di esenzione Imu”, in modo da ridefinire, appunto, i parametri precedentemente fissati, ampliandone la platea.

Nel dettaglio, il testo prevede che a decorrere dall’anno in corso l’esenzione dall’imposta municipale propria si applichi ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati come totalmente montani, ricompresi nell’elenco predisposto dall’Istat, e ai terreni agricoli, e a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati come parzialmente montani. E i criteri si applicano anche all’anno di imposta 2014.

 

Una stabilità molto sociale

 

Mi fa piacere segnalare che nella legge di stabilità, da poco approvata, è stato riservato un occhio di riguardo alla spesa sociale, che cresce del 67%, passando dai 1.860 milioni del Governo Letta ai 2.760 milioni del Governo Renzi, mentre partivamo da capitoli completamente azzerati a fine 2011.

Le misure più importanti hanno riguardato il 5 per mille, attestatosi sui 500 milioni di euro, con una copertura adeguata, a far sì che la cifra ipotizzata sia reale; per quanto riguarda, poi, il servizio civile la legge di stabilità ha previsto 115milioni di euro nel 2015 e 113 milioni nel 2016 e 2017; come ho già avuto modo di dire, il fondo per la non autosufficienza è passato da 350 a 400 milioni; quello per le politiche sociali si è attestato a 315 milioni; 20 milioni serviranno, invece, a finanziare le misure per promuovere l’inserimento nel mondo del lavoro dei disabili; 250milioni andranno alla social card, la carta acquisti ordinaria per il 2015.

Ancora, per la riforma del terzo settore viene autorizzata la spesa di 50 milioni per l’anno 2015, di 140 milioni per il 2016 e di 190 milioni annui a decorrere dal 2017. E se un po’ meno del 2014, 18 milioni, sono destinati al Fondo politiche per la famiglia, 202 milioni vanno alle famiglie con nuovi nati e 45 milioni alle famiglie numerose.

Ripeto quello che vi avevo già comunicato sulle donazioni, per le quali il tetto del limite delle detrazioni fiscali sale da 2mila a 30mila euro, e sulla cooperazione internazionale cui vengono destinati 180 milioni, 10 in più rispetto al 2014. Aumento di 5 milioni di euro anche per l’acquisto di derrate alimentari che si attesta a un totale di 10.

 

 Paolo Cova