Pensieri Democratici

Contro il femminicidio il rispetto per l’altro

In questa newsletter vorrei tornare sul tema del femminicidio, di cui, in queste settimane, si è molto parlato.

E’ questo un problema che si protrae da tempo e molte sono state le possibili soluzioni indicate. Personalmente ritengo che, prima di ogni azione, si renda necessario adoperarsi perché ci si avvii ad un profondo cambio di paradigma. Passare, cioè da una visione della vita individualista, costruita intorno ai propri interessi, dove ognuno si sente libero di fare tutto ciò che vuole nei confronti delle cose e delle persone che ha di fronte (soprattutto se fragili, deboli, donne), alla convinzione che siamo parte di una comunità e che per essa è necessario adoperarsi.

E se il senso di comunità è da rafforzare è necessario individuare e valorizzare i luoghi di incontro delle persone: la scuola, il posto di lavoro, il quartiere, il volontariato, le attività culturali e ricreative. Un forte senso di comunità rafforza la capacità della comunità stessa di dare un aiuto collettivo, alimenta la sensazione di essere risorsa, insegna ai singoli a farsi carico, a sentirsi responsabile nei confronti di tutti e anche delle donne.

Anche la politica deve cambiare il proprio paradigma: nel modo di parlare, nel considerare le persone senza fare distinzione di sesso, di provenienza, di cittadinanza. Diffondere l’idea, come spesso accade, che c’è qualcuno che è meno uguale degli altri, potrebbe  finire per giustificare chi, approfittando della situazione, si  sente libero di poter gestire la vita di un’altra persona a suo piacimento, considerandosi più forte e anche nel giusto.

Sulla Psa Regione dilettante

A fine novembre, sono intervenuto a un partecipato e atteso incontro, a Montebello della Battaglia, sul tema della peste suina africana, organizzato dal Pd. È stata l’occasione per fare il punto, parlando a cittadini, allevatori e a tutti coloro che sono in qualche modo coinvolti da questa epidemia.

Ho detto che innanzitutto non è chiaro, dopo mesi, che la questione non è tanto in capo all’assessorato all’Agricoltura, ma, trattandosi di un problema sanitario, seppure di ordine veterinario, è l’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, con la sua Direzione generale che deve occuparsene. Al momento  siamo nella situazione in cui, in un momento in cui dovrebbe esserci massima vigilanza, il numero dei veterinari pubblici dipendenti, che era stato pesantemente ridotto negli anni scorsi, non ha subito nessun aumento. Di conseguenza, diventa difficile un’implementazione dei controlli e delle verifiche con questi numeri ridotti. Inoltre mancano le giuste indicazioni da parte del veterinario regionale.

L’unico intervento realmente fatto dalla Regione e che avevo sollecitato pubblicamente, è stato quello di vietare l’obbligo dell’uso della paglia come lettiera per i suini, perché può contribuire alla diffusione del virus all’interno delle aziende, considerato che, provenendo dalle campagne, può essere stata contaminata dal contatto con cinghiali, volpi o altri animali infetti. E questo è stato deciso con una recente ordinanza. Peccato che ci hanno aggiunto anche il fieno che con i suini non c’entra nulla, ma, nelle aziende duplici, cioè quelle che allevano sia suini che bovini, diventa un problema: gli allevatori cosa daranno da mangiare alle mucche se non possono più distribuire il fieno? Insomma, in Regione siamo ancora al dilettantismo puro.

Invece, andrebbe proibita la possibilità del pascolo dei suini, poiché possono essere loro stessi direttamente ricettacolo dell’infezione dei cinghiali o di altri animali selvatici. Per fare questi interventi bisogna intendersene e sapere che suggerimenti dare all’assessorato che si occupa di sanità, come già fatto in altre regioni. Un anno fa ho organizzato il primo incontro su questo tema, perché già si sapeva il rischio a cui si andava incontro. Ma nessuno ha fatto niente se non limitarsi a sperare che un contenimento stringente risolvesse il problema.

E sulla Pac esalta le briciole

Regione Lombardia non si rende neanche conto dei suoi inspiegabili trionfalismi. Ha, infatti, annunciato in pompa magna che ha erogato 190 milioni di euro a circa 25mila aziende agricole, con gli stanziamenti previsti nell’ambito dell’Anticipo Pac 2023. Peccato che vuol dire dare poco più di 7 mila euro ad azienda. Praticamente la razione alimentare di 7 giorni per una stalla da 100 capi.

È un taglio pesante, gli allevatori sono preoccupati. E i toni utilizzati da assessore all’Agricoltura e presidente regionali, che si sono vantati di questa spartizione di briciole, sono veramente fuori luogo. Oltre tutto hanno pure detto che le domande sono state 30mila. Se avessero fatto i conti, capirebbero che siamo a una cifra a dir poco ridicola. In un’azienda agricola, con costi imponenti, mantenimento degli animali, lavorazione, spesa energetica ormai alle stelle, poche migliaia di euro sono una goccia nel mare.

E secondo la Giunta di centrodestra con questi soldi, che considera un grande provvedimento, le aziende dovrebbero competere sul mercato, programmare le attività all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica, rilanciando gli investimenti. Se non ci fosse da piangere, ci verrebbe da ridere. Regione dovrebbe fare in modo che i prossimi interventi con il Piano di sviluppo rurale vadano sempre a buon fine e che non vengano restituiti fondi all’Unione europea, come spesso accade. Soprattutto deve esserci la possibilità per le piccole aziende di poter accedere al Psr e di poter avere questi contributi, cosa che finora non era scontata. Quindi, non si vantino di interventi ben poco remunerativi per il comparto, facciano in modo che tutti i soldi vengano utilizzati e che ogni azienda possa averne una parte.

E se, come dice l’assessore a sua difesa, i contributi Pac seguono criteri proporzionali legati alle dimensioni e alle attività dell’azienda agricole e che ci sono aziende grandi che arrivano a percepire 100mila euro, ciò significa che ci sono anche aziende piccole, numerosissime sui nostri territori, che prenderanno solo le briciole, neanche 7mila euro.

Dl Anticipi, ma come piace alla destra

Intanto, a Roma, continua lo stillicidio di decreti legge dai contenuti discutibili e caratterizzati dalla mancanza di rispetto e correttezza istituzionale verso il Parlamento. Questa volta si tratta del Dl denominato “Anticipi”, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale e collegato alla Legge di Bilancio 2024. Introduce “Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti

territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.

Si tratta dell’ultimo tentativo del Governo di correggere sè stesso e di

migliorare una Manovra che, oltre a essere iniqua, fragile e di corto respiro, manca del tutto di capacità espansiva, di sostegno alla crescita. Il risultato, però, è decisamente insufficiente e deludente, perché siamo di fronte all’ennesimo decreto omnibus, buttato lì, senza un filo conduttore.

Ad esempio, contiene risorse per le attività di chirurgia estetica (estende l’esenzione Iva per le prestazioni sanitarie anche alle prestazioni sanitarie di

chirurgia estetica) e per gli integratori alimentari o per gli aromi destinati ai prodotti liquidi da inalazione, ma non ci sono soldi per il Fondo per le non autosufficienze, per Opzione donna, per il fondo per l’Alzheimer.

Per non parlare degli sconti sugli extra profitti alle aziende energetiche per 450 milioni di euro e di quello che è di fatto l’ennesimo condono.

Le nostre proposte, cadute nel vuoto, erano di tutt’altro tenore: il rifinanziamento per almeno 100 milioni del Fondo per il sostegno agli affitti e per la morosità incolpevole, l’aumento da 6 a 10 milioni del sostegno degli affitti per gli studenti fuori sede, la proroga della maggior tutela per le utenze domestiche, il rifinanziamento del bonus sociale per la luce e il gas, il rifinanziamento del bonus trasporti, il credito d’imposta per il caro mutui per le famiglie. Lo stanziamento di maggiori risorse per il Fondo per la disabilità, il Fondo per la non autosufficienza e il Fondo per l’Alzheimer. Tanti altri

temi sono rimasti inascoltati: dal potenziamento dell’assegno unico al rifinanziamento del Fondo per le imprese femminili.

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