News dal Parlamento

Famiglie e imprese al centro del Def

Questa settimana, alla Camera, abbiamo approvato il Documento di economia e finanza 2016 che prevede una crescita del Pil pari all’1,2% e un indebitamento netto al 2,3% del Pil, con un progressivo miglioramento nei prossimi anni.

Il Def affronta la situazione economica del Paese e sta in equilibrio tra la capacità di guardare alla situazione reale e alle difficoltà presenti. Il documento evidenzia bene che la situazione è complicata, ma ci dice anche che l’Italia cresce, pur in presenza di questo contesto internazionale non facile. E le incertezze sono legate al quadro geopolitico, in primis alle vicende terroristiche. Tuttavia, dopo lunghi anni di recessione, la crescita ha innescato il suo processo, che è chiaramente legato alle scelte fatte da questo Governo, alle riforme, ad esempio. Innanzitutto il Pil, pur ridimensionato, ha un segno positivo, poi c’è un intervento sulla pressione fiscale, inoltre è in atto un processo lento di riduzione del debito. E la politica di crescita è basata su investimenti e consumi.

Contestualmente al Def, è stata approvata una risoluzione che impegna il Governo a conseguire i saldi programmatici di finanza pubblica in termini di indebitamento netto rispetto al Pil; a dare piena attuazione ai contenuti del Programma nazionale di riforma, al fine di conseguire gli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità; a predisporre gli interventi necessari a far risalire il rapporto tra investimenti e Pil; a proseguire l’azione di rilancio del Mezzogiorno; a promuovere la contrattazione decentrata; a promuovere politiche fiscali orientate alla famiglia e misure di sostegno alla natalità; a rafforzare le misure in favore della ricerca; a promuovere l’eccellenza e il merito, sostenendo gli atenei e i programmi di ricerca innovativi in grado di attrarre un sempre maggior numero di ricercatori italiani e stranieri di qualità; a individuare misure per favorire la transizio ne verso una manifattura sempre più digitalizzata e interconnessa, un’economia circolare e la sostenibilità ambientale, attraverso l’utilizzo più efficiente delle risorse e lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili; a promuovere ulteriori interventi per la crescita, la concorrenza e la competitività delle imprese; a proseguire nell’azione di rafforzamento del sistema bancario; a procedere nell’azione di riforma del sistema tributario; ad assicurare che l’azione di spending review in ambito sanitario sia condotta attraverso recuperi di efficienza senza riduzione dei servizi.

 

Europa di crescita, immigrazione e diritti

E tra i provvedimenti importanti e necessari approvati questa settimana, alla Camera, ci sono anche la Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015 e la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2015.

Ricordo, brevemente, di cosa si tratta. L’articolo 29 della legge n. 234 del 2012, che ha operato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, stabilisce che, con cadenza annuale, il Governo predisponga un disegno di legge contenente le deleghe necessarie per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea. Per l’anno 2015 la legge contiene le disposizioni di delega necessarie per l’adozione delle direttive dell’Unione europea stabilite ufficialmente per tutti gli Stati aderenti e riguardano tutti gli ambiti delle nostre azioni.

Nella Relazione programmatica 2015, invece, il Governo aveva tratteggiato un’ampia panoramica delle attività e delle priorità che il nostro Paese intendeva perseguire in Europa nei successivi 12 mesi. Emergeva con chiarezza un doppio filo conduttore: da un lato, la volontà del Governo di rilanciare i processi europei, stimolando un approccio più politico da parte delle istituzioni di Bruxelles; dall’altro, la determinazione nel perseguire obiettivi ambiziosi, per consentire all’Europa di recuperare slancio e capacità di iniziativa.

A un anno di distanza, ci è stato tratteggiato un bilancio positivo per l’azione di governo, ma in chiaroscuro per lo stato dell’Unione. Perché se è vero che nel corso del 2015 abbiamo centrato una serie di importanti risultati, è anche vero che molto resta da fare per assicurare quel nuovo inizio, quel cambio di marcia auspicato tanto dalla Presidenza italiana dell’Unione nel 2014 quanto dalla Commissione Juncker.

Tre ambiti su tutti è bene sottolineare: crescita, immigrazione e diritti fondamentali. Non c’è dubbio che, anche grazie alla forte spinta italiana, l’Europa abbia cominciato nel corso del 2015, a porre davvero la crescita al centro delle sue priorità. Nella seconda parte dell’anno, però, si è avuto l’impressione di una progressiva perdita di velocità.

Lo stesso percorso è stato seguito sulla crisi migratoria. Il Governo italiano ha avuto un ruolo centrale nel ridefinire le politiche europee in quest’ambito. Gli ultimi mesi del 2015 hanno però fatto emergere una serie di difficoltà di attuazione e in alcuni casi delle divergenze fra Stati membri, che dimostrano come la strada da percorrere sia ancora lunga.

Infine, e più in generale, gli eventi del 2015 hanno evidenziato ancora di più la necessità di un rilancio europeo che parta dai valori fondamentali comuni, che tuteli lo Stato di diritto anche all’interno dell’Unione e che promuova una nuova politica dei diritti e delle libertà fondamentali, utilizzando pienamente tutti gli strumenti politici e giuridici a disposizione dell’Unione.

 

Giudici di pace: via alla riforma

Via libera definitiva, inoltre, anche alla Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, che riguarda le principali figure di magistrato onorario, ovvero i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari.

Le principali novità sono l’introduzione di uno statuto unico della magistratura onoraria in ordine alle modalità di accesso, alla formazione e al tirocinio, alla durata e decadenza dell’incarico, alla revoca e alla dispensa dal servizio, alle incompatibilità, ai trasferimenti, alla responsabilità disciplinare, alla disciplina delle indennità; la riorganizzazione dell’ufficio del giudice di pace, posto sotto il coordinamento del presidente del tribunale; l’unificazione della magistratura giudicante onoraria mediante il superamento della distinzione tra giudice di pace e Got (giudici onorari di tribunale) e l’istituzione del giudice onorario di pace (Gop); l’istituzione di una specifica struttura organizzativa dei Vpo (vice procuratori onorari) presso le Procure; la rideterminazione del ruolo e delle competenze dei magistrati onorari (in particolare, l’utilizzo, a regime, de i giudici onorari di pace nell’ufficio del processo presso i tribunali ordinari nonché, in limitate ipotesi, come componenti del collegio; l’aumento delle competenze, soprattutto civili, dell’ufficio del giudice di pace).

Niente casa ai violenti

 

Ho aderito a una proposta di legge in materia di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori di delitti di violenza domestica. Una proposta seria e importante e rivolta a “penalizzare” chi risulti condannato, anche in via non definitiva, per taluni delitti commessi all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner.

Le ragioni risiedono, come le cronache testimoniano e le vicende giudiziarie comprovano, nell’esigenza di rafforzare quel nucleo primigenio di misure urgenti volte a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di atti di violenza contro le donne e ogni altra vittima di violenza domestica, nonché a introdurre misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle vittime potenziali di queste condotte.

L’iniziativa è volta a evitare che di un alloggio di proprietà pubblica possa farsi un uso contrario alla legge destinando l’immobile a scopi illeciti, consistenti nel compimento di condotte reiterate, abituali, ai danni di persone e connotate da violenza, umiliazione, minaccia e sopraffazione fisica e morale, sovvertendone in questo modo la natura, tramutandolo sostanzialmente in un luogo di reclusione ove infierire a danno dei conviventi.

Paolo Cova