Il papa Benedetto XVI ha annullato la visita all’università di Roma “La Sapienza”. Comunque si considerino le resistenze opposte all’invito del Rettore da parte di un manipolo di docenti e studenti, il giudizio sull’episodio non può che essere lo stesso: incredibile e inquietante. Sotto il profilo del merito, il no all’incontro con il Papa è stato motivato dalle sue idee “conservatrici e reazionarie”: ammesso e non concesso che questo giudizio possa dirsi fondato, non si è mai sentito motivare in questo modo, da nessuna parte, un rifiuto a far mettere piede ad un collega in università! Non dovrebbe essere l’istituzione universitaria il luogo della ricerca libera, e persino spregiudicata, in cui questi giudizi sono elaborati e rimessi continuamente in discussione, anziché essere usati come armi improprie? Esiste forse qualcuno nel mondo universitario che possa ergersi a giudice insindacabile, autorizzato, in nome di un sapere chiuso e dogmatico, a dispensare attestati “progressisti” di ammissibilità?
Sotto il profilo del metodo, è certamente ancora più grave e incomprensibile motivare un divieto di accesso non per alcune affermazioni discutibili, ma in un certo senso “a prescindere”; come se un Papa che entra in università commettesse un abuso intollerabile, non per quello che potrebbe dire, ma per quello che rappresenta, un corpo estraneo dal quale l’istituzione si deve difendere. Proviamo a dire le cose come stanno: negli ultimi anni si sono sedute sulle cattedre universitarie, con astuti corteggiamenti mediatici, le categorie più bizzarre di docenti impropri: cantanti, giocatori, comici, attori, giornalisti… Pur di strappare due colonne sulla stampa si sono dispensate lauree “honoris causa” a man bassa: oves et boves et pecora multa. Perché mai qualcuno ha paura di invitare Benedetto XVI, che è nello stesso tempo pastore della Chiesa universale, vescovo di Roma, suprema autorità religiosa a cui guardano con rispetto e attenzione i credenti di altre fedi e confessioni religiose, nonché Capo di uno Stato estero? Verrebbe proprio da dire: perché mai qualcuno vuole farsi del male, infilando un autogol dopo l’altro?
Un’ultima considerazione potrebbe essere ancora più amara: negli ultimi anni il dibattito sulla natura e il senso della laicità in una società postsecolare ha conosciuto uno sviluppo straordinario, anche nel dialogo fra credenti e non credenti, arricchendosi di contributi di altissimo spessore. Si ha la sensazione, tuttavia, che quanto più alto e qualificato è il profilo scientifico e culturale di questa ricerca comune, in spirito di reciproco riconoscimento, tanto più sul piano della vita pubblica s’inaspriscono le aggressioni ideologiche e le esasperazioni mediatiche, sempre pronte a sceneggiare (e in qualche caso ad allestire) il conflitto. Che di quest’irrigidimento siano però protagonisti gruppi di docenti e studenti universitari, riuscendo a tenere in ostaggio un mega-ateneo, francamente è proprio avvilente.
Nello stesso tempo, tuttavia, il mondo cattolico non deve cadere nella trappola del muro contro muro: la denuncia di episodi incredibili e inquietanti come questo deve sempre mantenere quel carattere mite (e forse anche un po’ ironico) che non consente mai di rinunciare a tessere insieme, pazientemente, la rete del rispetto, dell’ascolto reciproco, del dialogo critico e costruttivo. L’Azione Cattolica Italiana, vicina come sempre con affetto filiale a papa Benedetto, vive quest’episodio come una dolorosa battuta d’arresto in un cammino che tuttavia non può interrompersi per colpa di una minoranza. Un cammino che intendiamo portare avanti con fermezza, denunciando ogni atto d’intolleranza che vorrebbe riportare indietro il paese, privandolo di quella cultura della convivenza civile e del bene comune alla quale, da sempre, i cattolici italiani hanno dato un contributo non proprio disprezzabile.
di Luigi Alici