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Ricominciamo dal 2014. Con una inversione di tendenza

 

Dopo una lunga maratona che si è svolta principalmente nelle commissioni è stata approvata la legge di Stabilità 2014. In queste giornate ho sentito tante critiche da parte della minoranza e alcune anche vere e reali, ma i lati positivi sono tanti e mi piace ricordarne alcuni.

 

Dopo anni di tagli, ora sono stati messi fondi su alcuni capitoli che erano stati completamente azzerati, riavviando il rifinanziamento. Alcuni di questi fondi sono alimentati dalla spending review e dal taglio alle pensioni d'oro. Sono piccoli passi per riequilibrare la distanza tra chi ha tanto e chi sta pagando in modo forte questa crisi.

 Non basterà questo per essere ottimisti, ma è comunque una inversione di tendenza.

 

 
 

Un primo, lungo passo

 

La Legge di Stabilità 2014, nel suo complesso, rappresenta un intervento limitato, che non può sciogliere tutti i nodi che stringono, in questo momento, il nostro Paese. Però, pur se in modo insufficiente e forse al di sotto delle aspettative, con l’istituzione di un Fondo “taglia cuneo”, per la prima volta da moltissimo tempo a questa parte si riducono le tasse sul lavoro, con un segno politico, impresso in particolare dal Partito democratico, che va nel senso dell’equità e della crescita.

 Lo stesso segno hanno diverse altre misure: dalle risorse destinate al sostegno degli esodati alla rivalutazione delle pensioni, dal rinforzo alle politiche sociali alle risorse che servono ad affrontare il problema del dissesto idrogeologico del nostro territorio, dalle nuove norme sulla casa e a favore degli inquilini agli interventi sul settore pubblico, dal sostegno alle imprese all’allentamento dei vincoli del patto di stabilità per consentire ai Comuni di far ripartire i cantieri.

 Di alcune misure beneficeranno, dunque, direttamente i cittadini e le famiglie italiane, così come le imprese e quindi la nostra economia. Un’attenta politica di razionalizzazione delle spese e una serie di mirate maggiori entrate consentono, inoltre, di varare importanti investimenti, ad esempio nel campo delle infrastrutture e dei trasporti. Se vuoi leggere una scheda sintetica preparata dai deputati del PD clicca qui .

 

 

 

Provincia addio

 

Nella giornata di ieri è stato approvato anche il cosiddetto decreto Province che prevede che queste ultime non siano più organi elettivi. Le nuove norme – 277 i voti a favore, 11 i contrari e 7 gli astenuti dopo non poche bagarre in Aula – intendono trasformare i consigli provinciali in assemblee dei sindaci, che lavoreranno a titolo gratuito. Inoltre, vengono istituite 9 città metropolitane e disciplinata la fusione dei comuni. Nell’intento del disegno di legge Delrio, che dovrà essere ora discusso al Senato, le province comprenderanno aree più vaste di quelle attuali e i loro rappresentanti saranno designati non più dai cittadini, ma dagli amministratori locali, che sceglieranno tra i sindaci dei comuni del territorio. Rispetto a oggi, non bisognerà pagare gli stipendi a presidenti, consiglieri e assessori. La struttura portante del la Repubblica dovrebbe reggersi ora su due soli livelli territoriali di rappresentanza politica: i comuni e le regioni. Nell’immediato, gli effetti del decreto si vedranno già a primavera: sono vietate, infatti, le elezioni in 52 province i cui mandati sono in scadenza, appunto, tra pochi mesi, così come nelle 20 commissariate già dal 2012.

 

 

 

L’assessore pensi a quel che dice

 

La scorsa settimana l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura ha dichiarato a proposito delle quote latte : “il Ministero delle Politiche agricole dovrà individuare un modo equo per tutelare chi negli anni ha investito in quote, ma anche quegli allevatori che sono stati vittime di un calcolo errato da parte di Agea. Non si possono chiudere le aziende per errori causati da calcoli sbagliati”.

 

Lo stesso assessore, al tempo presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, non diede corso ad alcun intervento di fronte a quanto riportato dal tenente colonnello dei carabinieri Marco Paolo Mantile nella seduta del 30 giugno 2011. In particolare, l’ufficiale riportava che “sono emerse situazioni di anomalia ed incongruenza nei confronti realizzati tra le diverse banche dati, tali da suggerire adeguati approfondimenti; pur con le difficoltà segnalate, ne discende un quadro di significativa incoerenza dei dati, in particolare con riferimento alla produzione nazionale, sia consegnata che rettificata (Tmgp); raffrontando il numero capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale Aia, pur aumentata del 10% in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media, rispetto alla produzione totale italiana dichiarata nei modelli L I , talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello Stato italiano e quindi lo stesso prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995/96 fino al 2008/2009”.

 

Oggi quindi si assuma la responsabilità di quanto dichiara.