News dal Parlamento

Una settimana difficile

Si chiude una settimana difficile per l’Europa e il mondo intero. I fatti che tutti conosciamo ci hanno lasciati sgomenti e feriti da un lato e perplessi e preoccupati dall’altro.

Al di là della scontata vicinanza alle persone colpite dalla violenza di Nizza, bisogna però fare una riflessione: il sistema di prevenzione francese, evidentemente, va messo a punto, deve funzionare meglio. Non può sfuggire nulla, anche quando si tratta di un cosiddetto “lupo solitario” o comunque, come pare oggi, un soggetto non completamente incardinato nell’organizzazione del terrore. Ma quando accadono fatti del genere, dobbiamo interrogarci su come stanno andando le cose anche nel nostro Paese: l’odio e il continuo astio verso gli immigrati, anche quelli presenti da anni e comunque inseriti nella nostra società, rischia di far percepire ad alcuni di essi di non far parte di una comunità a cui di fatto appartengono magari da un’intera vita. La deriva che potrebbe svilupparsi è proprio questa e la colpa non è di chi chiede di considerare queste persone come part e della nostra società, ma di chi cavalca a fini elettorali la situazione di alta tensione che si è creata.

Altrettanto delicato il discorso sulla Turchia. Ogni ora che passa segna una novità su come, chi e perché avrebbe ispirato i fatti. Certo è che in alcune condizioni, nel momento in cui la politica fa fatica a decidere, qualcuno potrebbe pensare di usare soluzioni drastiche per risolvere le questioni. Invece, l’unica soluzione possibile è quella di una politica sobria, etica e dai risultati concreti, come quella che si sta vedendo in Italia in questi anni. Dove il rispetto della democrazia e dei diritti umani prevale sempre.

 

Abbasso la povertà

Un passo avanti concreto per contrastare la povertà: questa settimana, alla Camera, abbiamo approvato la Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali, in totale oltre un miliardo e mezzo di euro messi a disposizione per chi è in difficoltà e che evidentemente danno fastidio a chi parla ma non fa mai niente.

Le misure approvate servono per dare un reddito di inclusione e più servizi sociali a chi vive in povertà assoluta, a partire dalle famiglie, numerose o con figli disabili, e dai disoccupati over 55. È l’intervento più importante mai varato in Italia contro la povertà assoluta, in modo concreto, sostenibile ed efficace perché rivolto a chi ha davvero bisogno.

Con questo provvedimento, che passa ora all’esame del Senato, si mettono a disposizione nuove e ingenti risorse, impiegate per erogare contributi economici e servizi alla persona, oltre che per favorire percorsi di inclusione lavorativa e sociale. Non solo, dunque, la novità del reddito di inclusione, ma una riforma organica e strutturale del sistema delle politiche sociali che risponde a principi di equità, di efficacia nell’accesso e nell’erogazione delle prestazioni.

Si tratta di uno strumento universale, operante su tutto il territorio nazionale e permanente nel tempo, le cui risorse vengono dal Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, che ha già messo in campo uno stanziamento di 900 milioni per il 2016, e un miliardo a partire dal 2017 e che prevede la possibilità di incremento attraverso stanziamenti da altri provvedimenti di legge fino a coprire interamente la platea in condizione di povertà assoluta, cioè di coloro che non possono disporre dell’insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso.

Un approccio che tiene conto della persona, vista non solo nella sua condizione economica, ma con una valutazione multidisciplinare del bisogno. I progetti di attivazione e di inclusione sociale divengono, così, personalizzati per il nucleo familiare e predisposti da una equipe costituita dagli ambiti sociali territoriali, più vicini al soggetto coinvolto, con la partecipazione anche degli altri servizi interessati. Per farlo è necessario un cambiamento nel funzionamento del sistema dei servizi sociali, con un maggiore impegno in termini di controllo, di presa in carico, di monitoraggio e valutazione, nonché di capacità di relazione tra i Comuni e gli altri enti del territorio.

Il provvedimento prevede anche il riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà, il rafforzamento delle forme di gestione associate ai servizi sociali e l’istituzione di un coordinamento per garantire su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni.

 

Novità per l’Ilva

Importante anche l’ok alla Conversione in legge del decreto sulle disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo Ilva. Vengono introdotte, infatti, nuove disposizioni riguardanti la modifica e l’attuazione del Piano ambientale e sanitario e i diritti e gli obblighi degli acquirenti o affittuari del complesso aziendale. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.

Ora, si individua una nuova e più articolata procedura per la cessione, disponendo che, qualora le offerte presentate nel termine del 30 giugno 2016 prevedano modifiche o integrazioni al Piano ambientale o ad altro titolo autorizzativo necessario per l’esercizio degli impianti, i relativi progetti di modifica e le proposte di nuovi interventi siano valutati da un nuovo Comitato di esperti nominato dal Ministero dell’Ambiente.

Le modifiche del Piano ambientale e sanitario devono in ogni caso assicurare standard di tutela ambientale coerenti e compatibili con le previsioni del Piano stesso. Il decreto pone inoltre a carico dell’amministrazione straordinaria (e non più dell’acquirente o affittuario) l’onere di rimborso dei 300 milioni di euro ad essa erogati nel 2015 ed estende all’aggiudicatario della procedura di cessione l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività produttiva nello stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti.

Si prevede poi la restituzione dei finanziamenti statali, che i commissari del Gruppo Ilva avevano titolo ad acquisire al fine esclusivo dell’attuazione e della realizzazione del Piano ambientale (pari a 600 milioni di euro per l’anno 2016 e 200 milioni di euro per l’anno 2017), che deve avvenire nell’anno 2018, ma subordinatamente al pagamento di tutti i crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria nonché dei creditori privilegiati.

 

Sui binari della sicurezza

Quella appena terminata è stata una settimana difficile anche per il territorio italiano. Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime del disastro ferroviario pugliese per la grave perdita subìta, e ai feriti che se rimargineranno i danni fisici, chissà mai quelli dell’anima. Tuttavia, mi preme sottolineare un aspetto: non è che il binario unico sia necessariamente sinonimo e causa maggiore di incidenti e danni o di arretratezza.

È vero, invece, che sulla tratta in cui è avvenuta la sciagura era previsto il raddoppio: qui l’errore è stato di ritardare i fondi strutturali europei che non erano ancora disponibili. A ciò si aggiunga la lentezza della procedura burocratica italiana che, tra un permesso e una concessione, fa passare gli anni, e il danno è fatto. Ma se questi sono gli errori gravi, allora poi non si contestino provvedimenti oltre modo importanti per il nostro Paese come lo Sblocca Italia, che libera risorse e cerca di sveltire le pratiche.

Di quello che è successo in Puglia ci ha parlato, in questi termini, anche Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, durante un’informativa urgente del Governo. E ci ha spiegato la situazione: la Bari-Barletta è una linea ferroviaria regionale lunga 70 chilometri con un bacino di utenza di circa 700mila abitanti. La gestione della linea è curata dalla società Ferrotramviaria, che vi opera in qualità sia di gestore dell’infrastruttura sia di impresa ferroviaria. La proprietà dell’infrastruttura è della Regione Puglia. La linea è elettrificata e a scartamento normale, a doppio binario nel tratto Fresca San Girolamo-Ruvo, circa 33 chilometri, mentre per i restanti 37 chilometri è a binario unico. La circolazione dei treni avviene con blocco automatico bidirezionale da Bari a Ruvo mediante l’Acei, l’apparato centrale elettrico a itinerari di Bitonto, e gli A cs, gli apparati centrali statici di Terlizzi e Ruvo, e con blocco telefonico da Ruvo a Barletta.

La tratta a binario unico sarà interessata da lavori di raddoppio – affidamento da parte della Regione Puglia, su fondi europei regionali 2007-2013, poi trasportati con un progetto ponte sulla seconda programmazione 2014-2020 –, con un bando di gara già pubblicato e con il termine ultimo per la presentazione dell’offerta fissato al 19 luglio.

La sicurezza della circolazione ferroviaria nella tratta è regolata tramite il meccanismo del consenso telefonico: con questa procedura sulla sezione di linea può essere presente un solo treno per volta. Tuttavia, è il sistema meno sicuro e le tecnologie oggi disponibili sono molteplici e si adattano ai diversi regimi di esercizio in relazione alle caratteristiche della rete, alla frequenza dei convogli e alla velocità di esercizio.

In generale, la rete delle cosiddette ferrovie secondarie esistente in Italia ha un’estensione totale di oltre 3mila chilometri. Molte di queste sono caratterizzate da standard tecnologici più evoluti, altre reti presentano caratteristiche diverse. Nella rete delle ferrovie secondarie sono ancora presenti 2.700 chilometri di linea a binario unico. Su queste, le tecnologie adottate sono diverse, ma da anni sono in corso interventi di ammodernamento tesi a raddoppiare le linee a semplice binario, nel caso in cui la domanda di trasporto lo giustifichi. Detto ciò, sia chiaro che la sicurezza non è garantita dalla presenza dei due binari. Anche binari unici sono molto sicuri, quando sono applicate tecnologie avanzate. Purtroppo un sistema come quello del consenso telefonico, che lascia interamente all’uomo la possibilità di intervento, è oggi considerato maggiormente a rischio.

Ue, nuove regole per l’assistenza giudiziaria

Tra i provvedimenti approvati questa settimana, anche la Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione e per la riforma del libro XI del codice di procedura penale, oltre a modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l’estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive.

Per riassumere, la Camera ha approvato definitivamente, in terza lettura, il provvedimento che autorizza la ratifica della Convenzione di Bruxelles del 2000 sull’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione, e delega il Governo a dettare disposizioni di adeguamento interno.

Cosa succede ora? La legge delega, appunto, il Governo a emanare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per l’attuazione della Convenzione, individuando alcuni principi e criteri direttivi. I quali, in particolare, dovranno garantire l’assistenza giudiziaria anche nei procedimenti per l’applicazione di sanzioni amministrative; disciplinare la restituzione delle cose pertinenti al reato; disciplinare la procedura per il trasferimento a fini investigativi di persone detenute; disciplinare gli effetti processuali delle audizioni compiute mediante videoconferenza; prevedere la possibilità per i pubblici ministeri e la polizia giudiziaria di ritardare i provvedimenti di competenza laddove vi siano delitti per i quali è consentita l’estradizione, al fine di poter procedere alla cattura dei responsabili; prevedere l’applicazione del principio di reciprocità nei confronti di Regno Unito e Irlanda; disciplinare la procedura per svolgere le intercettazioni all’estero; prevedere la responsabilità civile e penale a carico dei funzionari stranieri che, nell’ambito delle consegne sorvegliate sul nostro territorio, causino danni nell’adempimento della missione.

 

Ecco chi ha penalizzato gli allevatori

Finalmente, due sentenze di altrettanti Tar dicono chiaramente chi ha creato e voluto il fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario e che ha costretto gli allevatori a pagare più multe. Ero tra gli accusati, assieme al Pd, al Ministro alle Politiche agricole e al Governo. Invece, le sentenze scrivono “e 71,65 milioni di euro sono trasferiti al fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario di cui all’art. 8-bis comma 1 del DL 10 febbraio 2009 n. 5”. Questa legge ha un nome e un cognome (Luca Zaia) e una forza politica (Lega, ma anche centrodestra) che l’ha sostenuta pienamente.

È stato riconosciuto dai giudici completamente valido anche il mio emendamento che consente una riduzione del 6% della multa, beneficio che ricadrà anche su coloro che hanno splafonato del 100%, così che con il principio della compensazione si permetterà a tante aziende di superare questa ulteriore difficoltà.

Quindi, ora è chiara una volta per tutte la risposta alla domanda sui chi ha penalizzato l’agricoltura: Zaia, la Lega, il centrodestra con la famosa legge. Invece, noi, il Pd, il Ministro Martina, il Governo Renzi abbiamo compensato le perdite dei nostri allevatori, abbiamo approvato una moratoria di 30 mesi dei loro debiti bancari, abbiamo abolito l’Irap alle imprese agricole, abbiamo aumentato le compensazioni Iva per le cessioni di latte fresco e di animali vivi della specie bovina e suina, concesso circa un centesimo al litro latte per tre mesi, favorito Export che ha raggiunto cifra record di 37 miliardi euro e stiamo studiando tutte le soluzioni valide per tutelare il Made in Italy… Serve aggiungere altro?

 

Paolo Cova