News dal Parlamento

Lotta dura all’abusivismo

Il provvedimento più importante che abbiamo approvato questa settimana, alla Camera, sono le Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi.

L’intervento contenuto nel testo, che ora passa al Senato, prevede la razionalizzazione delle procedure di demolizione conseguenti a illeciti edilizi e conferma, per la fase dell’esecuzione delle demolizioni, l’attuale sistema a doppio binario. Infatti c’è la competenza dell’autorità giudiziaria, in presenza della condanna definitiva del giudice penale per i reati di abusivismo edilizio, se la demolizione non è stata ancora eseguita, e delle autorità amministrative (Comuni, Regioni e Prefetture), che intervengono con le forme del procedimento amministrativo.

Sarà attribuito al titolare dell’Ufficio requirente il compito di determinare i criteri per l’esecuzione degli ordini di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi, in presenza di condanna definitiva.

Il Pm dovrà, in particolare, considerare gli immobili di rilevante impatto ambientale, paesaggistico, storico e artistico, quelli che rappresentano un pericolo per l’incolumità pubblica e gli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per reati di associazione mafiosa.

Viene istituito, presso il Ministero delle Infrastrutture, un fondo di rotazione, dotato di 5 milioni di euro per il 2016 e 10 milioni per ciascuno dei 4 anni successivi, per integrare le risorse necessarie per le opere di demolizione dei comuni. È costituita, inoltre, la Banca dati nazionale sull’abusivismo edilizio, di cui si avvalgono gli uffici distrettuali competenti e le amministrazioni comunali e regionali. Tutte le autorità e gli uffici competenti dovranno condividere e trasmettere le informazioni sugli illeciti alla banca dati. Il tardivo inserimento dei dati nella banca dati comporta una sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro per il dirigente o funzionario inadempiente. La gestione della banca dati è attribuita all’Agenzia per l’Italia digitale, che dovrà garantire l’interoperabilità dei soggetti coinvolti e la gestione dei rilievi satellitari.

Endometriosi malattia invalidante

Forse non tutti sanno che l’endometriosi è una delle malattie ginecologiche a più alta prevalenza e una condizione clinica tra le più studiate negli anni recenti. Si tratta di una patologia infiammatoria estrogeno dipendente che interessa nei Paesi occidentali il 5-10 per cento della popolazione femminile in età riproduttiva. Non è una malattia mortale, ma ha la capacità di metastatizzare, la possibilità di recidiva a livello locale e a distanza, provoca l’insorgenza di dolore neuropatico e resistente alla terapia medica. Rappresenta, tuttavia, un problema di salute pubblica. Ecco perché, alla Camera, abbiamo approvato una mozione sulle iniziative finalizzate al riconoscimento dell’endometriosi come malattia invalidante e al potenziamento delle prestazioni sanitarie e delle misure di sostegno economico e sociale per le donne affette dalla patologia.

L’atto impegna il Governo a mettere in campo tutte le iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dall’inserimento della patologia nell’elenco di quelle soggette all’esenzione; a favorire lo sviluppo di reti di servizi e centri di eccellenza; a promuovere la conoscenza della malattia fra i medici e nella popolazione per agevolare la prevenzione; a mettere in campo forme di tutela delle lavoratrici affette da endometriosi; a sostenere l’istituzione del registro nazionale dell’endometriosi; a creare presso il Ministero della Salute una commissione di esperti; a istituire la Giornata nazionale per la lotta contro l’endometriosi da celebrare il 9 marzo di ogni anno.

Maturi, ma non per la pensione

Tra le tante mozioni approvate questa settimana, anche quella sue iniziative per valorizzare i cosiddetti lavoratori maturi nel quadro del prolungamento della vita lavorativa. Infatti, in Italia, se nel 2013 si contavano 17 milioni di individui over 50, si prevede che nel 2033 saranno 22,5 milioni. Ecco perché da diversi anni il tema dell’occupazione dei cosiddetti older workers è all’attenzione delle politiche di programmazione europee e nazionali. La mozione impegna perciò il Governo a proseguire nell’azione di sperimentazione di iniziative di sostegno di modalità di impiego flessibile dei lavoratori ultracinquantenni; a rafforzare le politiche di sostegno al reddito, verificando la possibilità di un percorso di accompagnamento per chi è vicino al pensionamento; a procedere con la massima sollecitudine al perfezionamento del processo di costituzione dell’Agenzia nazionale per le politiche attive, delin eando specifiche linee di azione rivolte all’orientamento e al sostegno nella ricerca di nuova occupazione per i lavoratori ultracinquantenni.

Giù le mani dalle donne

Ricorderete il triste Capodanno di Colonia quando, la notte del 31 dicembre, si sono verificati episodi ripugnanti e intollerabili di violenza di branco contro la dignità e la libertà femminile, colpendo il corpo delle donne. Una violenza che ha minato luoghi di convivenza, di quotidianità, di relazioni. E, se non bastasse, ogni giorno violenza domestica e fenomeni di sfruttamento colpiscono le donne di ogni nazionalità. Ebbene, alla Camera, abbiamo voluto mettere un punto fermo sul tema del contrasto, anche in ambito internazionale, di questi fenomeni, perché riteniamo irrinunciabile e urgente difendere la libertà femminile da ogni forma di violenza sessuale, affinché non si verifichino altri episodi analoghi.

Abbiamo, perciò, approvato una mozione che impegna il Governo a proseguire nell’affermazione, come imperativo politico urgente, dell’irrinunciabile diritto fondamentale alla libertà e alla dignità femminile contro ogni violenza, sia nel privato, sia in ogni altro luogo, in Italia come in ogni altra parte del mondo; a promuovere, nei contesti di accoglienza dei flussi migratori, anche azioni formative sui diritti delle donne; a intensificare vigilanza, controllo e repressione; a riformulare e a rafforzare i progetti di informazione e prevenzione, volti a promuovere la cultura dei diritti delle donne nei percorsi scolastici, educativi, formativi e in ogni contesto familiare, lavorativo, assistenziale o sanitario.

Bullismo: ora basta

E un altro fenomeno che non è più tollerabile anche per le dimensioni che sta prendendo, è quello, altrettanto odioso, del bullismo. Dunque, abbiamo, anche in questo caso, approvato una mozione che impegna il Governo a intraprendere ogni possibile iniziativa finalizzata a prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, con particolare riferimento alla tutela dei minori, anche mediante campagne di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica; a prevedere specifici percorsi di formazione e aggiornamento rivolti agli insegnanti; a promuovere nelle scuole progetti e attività didattiche finalizzate al contrasto del bullismo e del cyberbullismo; a predisporre misure di sostegno e di assistenza alle vittime e percorsi rieducativi per gli autori di questi atti; a realizzare un monitoraggio costante dell’evoluzione del fenomeno; a sollecitare i gestori di siti Internet, social network e altre piattaforme telematiche ad adottare adeguati codici di condotta; a favorire un rapido iter dei progetti di legge sul tema.

Più ricerca, migliore Paese

Investire sull’istruzione e sulla ricerca è fondamentale in un Paese moderno, soprattutto per tornare alla crescita. Il sistema universitario e degli enti di ricerca è il punto centrale di queste politiche ed è necessario puntare sulla valutazione e sulla premialità, legando l’erogazione dei finanziamenti all’esito della valutazione. Da queste premesse siamo partiti per approvare un’altra importante mozione, quella che chiede interventi per il rilancio del comparto della ricerca italiana.

Un atto con cui abbiamo impegnato il Governo a verificare le modalità più efficaci per attuare il coordinamento delle diverse forme di assegnazione dei fondi di ricerca; ad approfondire quali possibili vantaggi e quali difficoltà operative possano ravvisarsi nell’individuazione di un soggetto unico competente per la funzione del finanziamento della ricerca; ad esplorare le ipotesi di sinergia tra società pubbliche o partecipate da enti pubblici, da un lato, e gli atenei, dall’altro, al fine di attivare nuove forme di finanziamento alla ricerca; a promuovere la crescita e la competitività dei ricercatori italiani nello spazio europeo della ricerca.

Agricoltura, un terzo dei soldi a Mantova

Me lo avevano segnalato gli agricoltori e le loro categorie. Ho verificato e, infatti, avevano ragione: un terzo delle risorse previste nell’ultima misura del Psr, il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 della Lombardia, sono andate alle aziende della provincia di Mantova.

Si tratta degli “Incentivi per investimenti per la redditività, competitività e sostenibilità delle aziende agricole”, la cui approvazione degli esiti di istruttoria e suddivisione delle risorse finanziarie è stata pubblicata sul Burl del 10 maggio 2016. La misura prevedeva la suddivisione delle risorse per un importo complessivo di 60 milioni di euro che sono state distribuite in oltre 54 milioni per 261 domande finanziate relative a imprese o società ubicate in Zone non svantaggiate, e in 5 milioni e 800mila euro per 26 domande per aziende situate in Zone svantaggiate di montagna. E già questo è parecchio strano: con tutta la montagna che ha la Lombardia e i problemi che porta con sé, si poteva prestare maggiore attenzione a questi territori.

Ma la cosa strana è stata l’attribuzione delle risorse della fetta più grande, quella relativa appunto alle zone cosiddette non svantaggiate, dove Mantova, la provincia da cui proviene l’assessore regionale all’Agricoltura, fa la parte del leone: dei 54 milioni, oltre 20 vanno alle aziende mantovane, ciò significa oltre il 37% dei fondi della misura e, se calcoliamo il totale, un terzo di tutte le risorse.

Ma mi ha stupito anche che in un momento di crisi come questo le 261 aziende che accedono al Psr abbiano previsto investimenti per oltre 150 milioni di euro, circa 600mila euro per azienda. Forse servono misure che siano veramente utili agli agricoltori e che possano aiutare chi ha veramente bisogno e non solo chi fa investimenti notevoli.

Paolo Cova