News dal Parlamento

Fondi all’altra informazione

 

Questa settimana alla Camera abbiamo approvato l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione dando le deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria, della disciplina dei profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti.

Il provvedimento prevede una ridefinizione della platea che può accedere ai contributi del sostegno pubblico all’editoria secondo due linee di fondo, ovvero una maggiore trasparenza e una migliore definizione della piccola editoria. L’obiettivo è privilegiare in particolare il tema del no profit e delle cooperative di giornalisti, mentre si escludono, in maniera molto chiara, sia i fogli di partito sia le società quotate in Borsa.

Inoltre, si è voluto assicurare diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione a livello locale e nazionale; incentivare l’innovazione nell’informazione e nella rete di distribuzione e vendita; incentivare le imprese del settore a investire e acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo; sviluppare nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale; garantire che al contributo pubblico corrispondano capacità economica e imprenditoriale, una reale esistenza sulla base delle copie vendute, e la capacità di raccogliere fondi diretti.

Quindi i fondi sono destinati a imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti non aventi fini di lucro, editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche, enti senza fini di lucro, cooperative giornalistiche, associazioni dei consumatori, quotidiani e periodici in lingua italiana editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero, imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e per ipovedenti.

Non riceveranno fondi gli organi di informazione di partiti, movimenti politici e sindacali, tutte le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa, periodici specialistici di carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico.

 

 

 

Che il commercio sia equo. E solidale

 

Un’altra importante approvazione è stata quella della proposta di legge per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale, primo provvedimento di questo tipo a livello nazionale e atteso da almeno dieci anni. Uno degli obiettivi fondanti di questa legge è, infatti, la promozione dell’economia solidale, favorendo l’accesso al mercato nazionale delle merci del commercio equo e promuovendo una concorrenza leale che incoraggi anche i distretti equo e solidali.

La legge indica le definizioni di commercio equo e solidale e di accordo di commercio equo e solidale, nonché di filiera. Gli enti di promozione, anch’essi senza scopo di lucro e con un ordinamento interno a base democratica, presidiano la promozione e il sostegno delle filiere, attraverso la concessione in licenza di uno o più marchi, che possono essere utilizzati in riferimento ai prodotti la cui conformità a standard internazionalmente riconosciuti è certificata da organismi di certificazione accreditati. I soggetti vengono resi visibili ai cittadini, alle imprese e ai consumatori attraverso un apposito elenco nazionale tenuto dalla Commissione per il commercio equo e solidale.

Il cuore della legge è l’attenzione particolare rivolta alla tutela della filiera, anche per evitare infiltrazioni degli “equofurbi” e proteggere i consumatori e quella che è la vera, reale produzione equa e solidale. Si istituisce, inoltre, una giornata nazionale da celebrare annualmente, con la collaborazione degli enti iscritti all’elenco.

 

 

 

Stampa, mai più minacce

 

Questa è stata anche la settimana in cui sono state illustrate, discusse e approvate due fondamentali relazioni, seguite a un’indagine, per il vivere civile. Una riguardava lo stato dell’informazione e la condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere dalla quale abbiamo scoperto che ogni anno in Italia circa 300 giornalisti subiscono intimidazioni e attacchi, e il numero è in crescita. Da qualche anno è aumentato il numero dei giornalisti a cui lo Stato garantisce una scorta per tutelare la loro incolumità. E dall’indagine sono emerse in particolare quattro importanti tendenze: la maggior parte dei tentativi di intimidazione avviene in provincia, al di fuori del palcoscenico nazionale; spesso i bersagli sono piccole testate giornalistiche, radio o canali televisivi di piccol e dimensioni; a essere particolarmente in pericolo sono i giornalisti freelance, i quali in caso di vertenze legali vedono messa in gioco la loro stessa sopravvivenza finanziaria; un carente pluralismo nel panorama mediatico di determinate regioni va a vantaggio delle mafie; le mafie hanno capito che i media sono un importante strumento di potere e per questo cercano di influenzarli a proprio vantaggio o addirittura di impossessarsene.

Dalla relazione è parso chiaro, dunque, che per contrastare il tentativo delle nuove mafie di condizionare l’informazione è necessario rafforzare il giornalismo e i giornalisti e contrastare la precarietà della professione, perché giornalisti impiegati in modo stabile sono più forti e possono lavorare in maniera più coraggiosa. Sono inoltre necessarie le tutele contro le denunce per diffamazione spesso mezzo di pura intimidazione a danno di giornalisti.

È, dunque, importante che a tutti i livelli della società, e anche della politica, si parli sempre più spesso di quanto sia importante avere organi di informazione liberi e giornalisti coraggiosi che lottano contro la criminalità organizzata.

Al termine della relazione abbiamo approvato una risoluzione con la quale abbiamo impegnato il Governo a intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati.

 

 

 

Lotta dura alla contraffazione

 

La seconda relazione trattata riguardava le possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.

Da un’indagine svolta dal Censis, poco più di un anno fa, è emerso che, soprattutto fra i giovani consumatori, l’acquisto di prodotti contraffatti, magari di capi di abbigliamento, scarpe, occhiali, musica, viene considerato un comportamento accettabile e non un reato. Il tema è, dunque, molto serio, sia per i numeri, che per la sua capacità di innovarsi, di occupare nuovi spazi di mercato, fino a ieri assolutamente inimmaginabili. Tant’è come ci hanno detto i colleghi che se ne sono occupati, la relazione è scaturita dall’ascolto delle principali procure impegnate sul fenomeno, del mondo produttivo, delle forze dell’ordine, delle Agenzie delle dogane, dei Ministri di Giustizia, Attività Produttive e Politiche agricole e ha evidenziato il grande impegno che tutti ci stanno mettendo, ma anche una serie di handicap del sistema di contrasto alla contraffazione nel Paese. Lim iti che vanno dalle Procure sommerse di lavoro alla sovrapposizione delle norme in vigore, dall’azione delle forze dell’ordine che necessita di più coordinamento all’insufficiente azione europea e internazionale. Il testo, inoltre, esamina le norme in vigore, quelle di prevenzione, quelle previste dal Codice civile e in sede penale e le direttive comunitarie, ne sottolinea l’evoluzione, l’inutile stratificazione, l’obsolescenza, affronta terreni nuovi come il commercio on line, la dimensione comunitaria e internazionale con i Trattati, a partire dal Ttip, con i problemi legati all’Italian sounding. Perché la contraffazione, ci è stato detto a chiare lettere, è un ambito scelto, oggi, come luogo di investimento e di diversificazione dell’attività per pezzi della criminalità organizzata e mafiosa nazionale e internazionale.

Alcune risposte sono già arrivate, come il corso di specializzazione sulla materia per i magistrati, l’insediamento di un pool di magistrati ed esperti per mettere a punto proposte di riforma dei reati in materia agroalimentare, l’aggiornamento delle norme in materia agroalimentare, gli interventi contro il caporalato. Inoltre, il Pd, a breve, presenterà una sua proposta di legge per aggiornare il sistema, le norme e le forme di coordinamento dell’azione di contrasto. Anche in questo caso, poi, abbiamo approvato una relazione per impegnare il Governo a intraprendere ogni iniziativa utile a contrastare il fenomeno.

 

 

 

A sostegno della famiglia

 

La popolazione residente in Italia è sostanzialmente arrivata alla crescita zero, ovvero il rapporto tra nati e morti, e i flussi migratori, a differenza di ciò che si può pensare, riescono a malapena a compensare il calo demografico. L’invecchiamento della popolazione, la crisi economica, la precarietà sono conseguenze e cause di questa situazione.

Ecco perché abbiamo approvato una mozione in cui si impegna il Governo ad assumere iniziative normative per incrementare la quota di bilancio statale destinata alle politiche di sostegno alle famiglie e per incrementare l’occupazione femminile, prevedendo incentivi per le imprese che assumono a tempo indeterminato manodopera femminile; a prevedere, come negli altri Paesi europei, la contribuzione figurativa e il riconoscimento previdenziale per i lavori di cura; a rafforzare le politiche sociali di sostegno alla maternità e alla paternità; a dare continuità alla misura del bonus bebè; a sviluppare iniziative per promuovere la genitorialità; a garantire l’accesso alle mense scolastiche a tutti i bambini; a favorire e stabilizzare le politiche di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro; ad assumere iniziative per interventi, anche di tipo fiscale, per il sostegno alle famiglie più disagiate.

 

 

 

Anche muratori e gruisti tra gli usuranti

 

Ho aderito a una proposta di legge di modifica al decreto legislativo concernente il riconoscimento di attività usuranti per gli operai edili e per i lavoratori in altezza. Il decreto aveva, infatti, dettato una disciplina organica della materia dei lavori usuranti, volta a consentire agli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti l’accesso al pensionamento in via anticipata, rispetto a quanto stabilito per la generalità dei lavoratori. Ma ora si intendono inserire in questa categoria anche coloro che lavorano nell’edilizia o in altezza, ovvero su scale aeree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione. A questi lavori sono assimilati quelli svolti dal gruista, dall’addetto alla costruzione di camini e dal copritetto.

Invece per quanto concerne i lavoratori del comparto edile, queste persone operano in un ambiente con elevato rischio sia sul fronte delle malattie professionali, sia su quello degli infortuni sul lavoro, sottoposti a continui sforzi che fanno della categoria stessa, uno dei settori più usuranti dal punto di vista fisico. Ho firmato con convinzione, perché mi sembra doveroso verso questa categorie di lavoratori.

 

 

 

Cari lettori,

ricordo che venerdi 11 marzo ore 21.00 al circolo Pd di Gorgonzola vi aspetto per l’annuale rendicontazione. Clicca sulla locandina.

Paolo Cova