News dal Parlamento

Un Def, molti impegni

Due risoluzioni, due voti, due approvazioni. Questa settimana abbiamo dato il via libera a quella che si chiama Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014. In sostanza, è il provvedimento che riaggiusta le previsioni economiche e di finanza pubblica contenute nel Def già approvato in aprile.

Per dare il suo ok, alla Camera abbiamo votato prima la risoluzione che rinvia il pareggio di bilancio al 2017, dopo che il Ministro Padoan ci ha spiegato che solo liberandosi da questo capestro l’Italia può ripartire. Successivamente abbiamo approvato una risoluzione di maggioranza che impegna il Governo su una serie di punti. In particolare, il documento chiede all’esecutivo di procedere a una revisione della Tasi e, per quanto riguarda il Jobs Act, a includere tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica anche il disegno di legge delega sul lavoro.

La risoluzione chiede, poi, di completare l’iter delle riforme strutturali, con particolare riferimento a quelle riguardanti il mercato del lavoro, la scuola, il sistema fiscale, la pubblica amministrazione, la giustizia civile. E anche di utilizzare tutte le clausole di flessibilità rese disponibili dal patto di stabilità e crescita, al fine di rilanciare la domanda aggregata e la competitività, come pure di intensificare l’azione di contrasto dell’evasione fiscale.

Si chiede un impegno per la stabilizzazione del bonus Irpef per i redditi più bassi, l’ulteriore riduzione del prelievo gravante sulle imprese da accompagnare al processo di semplificazione fiscale, in particolare per le Pmi. Ma anche il rafforzamento e la maggiore inclusività della rete degli ammortizzatori sociali, l’attuazione delle misure contro la povertà e l’esclusione sociale, lo stanziamento di adeguate risorse per i settori della scuola e della sicurezza.

Gli impegni toccano poi la riduzione della spesa pubblica, la revisione del sistema delle partecipate, il contrasto al dissesto idrogeologico, i bonus per la riqualificazione energetica, la tassazione immobiliare.

 

Tornino i capitali

Tecnicamente si tratta di “procedure di collaborazione volontaria del contribuente con l’Amministrazione fiscale per l’emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all’estero”. In pratica, alla Camera abbiamo votato la legge parlamentare che vuol tendere a far emerge la presenza di capitali all’estero di cittadini italiani, spingerli a farli rientrare in patria pagandoci il “dazio”, in questo caso tutte le tasse dovute, e introduce, tanto per non lasciare ombra di dubbio, il reato di autoriciclaggio. Insomma, si fa sul serio con l’evasione fiscale.

Così, i soggetti che oggi detengono attività e beni all’estero e hanno omesso di dichiararli, potranno sanare la propria posizione nei confronti dell’erario autodenunciandosi e pagando le imposte dovute, in tutto o in parte, e le sanzioni in misura ridotta, ottenendo alcuni benefici anche sul piano delle sanzioni penali tributarie.

Lo scopo è, ovviamente, quello di contrastare fenomeni di evasione e elusione fiscale consistenti nell’allocazione fittizia della residenza fiscale all’estero e nell’illecito trasferimento o detenzione all’estero di attività che producono reddito. Per effetto della collaborazione volontaria verrebbe garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi, ovvero la riduzione a metà delle pene e il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie.

Ma le norme introducono, nel Codice penale, anche un nuovo reato fiscale, appunto, il cosiddetto autoriciclaggio, che attribuisce rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa.

 

 

Genova per noi

In settimana, alla Camera, abbiamo ascoltato il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti su un’informativa riguardante l’alluvione che ha colpito pesantemente Genova. Molte le cose che ci sono state dette, ma la prima che il Governo ha voluto sottolineare è che la Regione Liguria, come evidentemente tutte le altre, ha piena responsabilità dell’attività di allertamento, nella emissione sia degli avvisi meteo che degli avvisi di criticità idrogeologica e idraulica per quanto riferito al territorio regionale. E questo perché dispone di un Centro funzionale decentrato attivo che svolge attività operative di previsione, monitoraggio e sorveglianza, gestito dall’Arpa e dipendente dalla struttura regionale competente in materia di Protezione civile.

Ora il governo regionale ha attivato le procedure per la realizzazione dei lavori per aumentare la capacità e quindi la sicurezza del tratto coperto del torrente Bisagno alla Foce, e si prevede che i lavori saranno ultimati in 28 mesi, con un impegno di spesa previsto di circa 221 milioni di euro.

Ma non è solo una questione locale, ci ha tenuto a sottolineare Galletti: il Governo è di fronte ai cittadini che chiedono risposte. Il dissesto idrogeologico, ha detto il Ministro, “è un male al quale non possiamo rassegnarci. Una malattia da cui l’Italia deve essere curata a tutti i costi. Lo stiamo facendo dal primo giorno, con serietà, consapevoli che l’impegno per mettere in sicurezza il Paese richiede tempo”.

Come? Cambiando le regole, semplificando le procedure, eliminando le cattive burocrazie, spendendo tutti e subito i fondi disponibili fermi. Perché la soluzione del problema del dissesto idrogeologico richiede tempo e il massimo sforzo del Parlamento. Ed è una questione troppo importante per dividersi. Su questo non posso che essere d’accordo con il Ministro.

 

Dal Mare Nostrum emerge Triton

Lo avete sentito soprattutto dalla Lega, che insiste nei suoi vecchi stereotipi dello “stiano a casa loro” e del “semmai li aiutiamo là”. Ma che non capisce una cosa semplice: se le operazioni per controllare i mari e soccorrere le imbarcazioni stracolme di disperati che arrivano da tutta l’Africa continuano, è perché non si possono certo far morire centinaia di persone, comprese donne e bambini, partiti alla disperata dai loro Paesi e in approdo alle coste del nostro.

Perciò se, come ha riferito il Ministro Alfano questa settimana alla Camera, l’operazione Mare Nostrum sarà chiusa e ne sarà aperta un’altra dal nome suggestivo Triton, i motivi, forti, terribili, se vogliamo, ci sono tutti.

E ce li ha spiegati proprio Alfano: tra due giorni l’operazione Mare Nostrum compie un anno di attività e in questo arco di tempo sono stati circa 100mila gli immigrati soccorsi in mare, e tra loro c’erano 9mila minori non accompagnati (non so se la Lega conosce i numeri, ma parliamo di quasi 10mila ragazzini). Non si è riusciti a evitare morti e dispersi, si è anzi rammaricato il Ministro, ma sulla base dei racconti delle persone soccorse si stima che le vittime siano circa 3mila.

Alfano è stato chiaro anche sull’attività investigativa: in questo anno sono stati individuati e bloccati 500 scafisti e sequestrate tre navi-madre. All’Italia sono arrivati apprezzamenti internazionali, ma non è certo questo il motivo per cui anche dopo la dismissione dell’operazione l’Italia continuerà a fare ricerca e soccorso in mare.

Ciononostante, la missione Triton di Frontex avrà regole d’ingaggio diverse da Mare Nostrum e avrà l’obiettivo principale di contrastare l’immigrazione irregolare e il traffico di esseri umani. Le sue navi fisseranno la linea di pattugliamento a 30 miglia dalle coste italiane e le imbarcazioni utilizzate per il trasporto degli stranieri potranno essere distrutte. E questa volta ci sarà la più ampia compartecipazione degli Stati membri: sono 19, oltre all’Italia, quelli che hanno già dato la disponibilità a partecipare all’operazione Triton, con assetti aerei, navali, con personale o fornendo esperti.

 

 

 

 

Paolo Cova