Intervento di Marilena Adamo

Care colleghe e cari colleghi,

ho   appena  rassegnato  le  mie  dimissioni  da  Consigliere  Comunale  al
Presidente  del  nostro Consiglio. Ci ho pensato molto dopo la mia elezione
al Senato, per la quale ho ricevuto da tutti voi parole affettuose di stima
e  incoraggiamento.  Molti,  dentro e fuori quest’aula, mi hanno chiesto di
rimanere  e di garantire così anche attraverso una presenza il rapporto tra
questo Consiglio e il Parlamento, rapporto di cui abbiamo sentito tutti, al
di  là  delle  appartenenze  politiche, la mancanza. E questo nonostante la
presenza  di  colleghi di Giunta e di Consiglio con incarichi parlamentari.
Non  lo sottolineo con spirito polemico, ma per evidenziare il fatto che la
sola  presenza  non  basta. Abbiamo visto negli ultimi 7 anni alternarsi un
governo  con tanti ministri lombardi che hanno fatto ben poco per la nostra
città  e  viceversa  un  governo  –  quello  di  Prodi-  che  ha  garantito
investimenti  per  opere  strutturali  strategiche  per il suo sviluppo, la
candidatura e la vittoria di Milano per  EXPO 2015.
Oggi  si  è  aperta  una  nuova  stagione,  con un nuovo governo, con tanti
ministri  milanesi  e  lombardi,  ma già sentiamo altre priorità nazionali.
Nonostante  le  mie  dimissioni  quindi  l’impegno che prendo con chi mi ha
eletto nelle liste del PD, con i colleghi del mio gruppo e con tutti voi, è
di   essere  una  senatrice  “milanese”e  autonomista,  mantenendo  stretti
rapporti di lavoro con la città e le sue istituzioni.
L’incarico  che  ho  ricevuto  alla  Commissione  Affari  Costituzionali in
particolare  mi permetterà di affrontare molte delle questioni che stanno a
cuore   a   quest’area   del   Paese:  riforme  istituzionali,  snellimento
burocratico, federalismo fiscale; ma anche
sicurezza,  casa e così via. Mi conoscete e sapete che cercherò di svolgere
coerentemente  il  mio ruolo di opposizione con un profilo chiaro. Tuttavia
proprio  in  quella  Commissione  sarà  possibile verificare se e come alla
volontà  di  apertura  e  collaborazione  seguiranno  i  fatti.  Ma riforme
condivise non nasceranno io credo solo
se i vertici delle rispettive forze politiche troveranno un accordo. Quello
in  fondo  non  sarebbe  difficile se ci fosse la volontà. Quello veramente
difficile,  la  vera  sfida che abbiamo davanti, è che queste riforme siano
utili  al  Paese, condivise, frutto anche di una ricomposizione unitaria di
una  società  che  sembra  frantumata  in corporazioni, interessi, fortezze
territoriali,  tutte  realtà  apparentemente  in  contrasto  insanabile;  e
soprattutto  siano  in  grado  di  restituire  fiducia  tra cittadini nelle
istituzioni e nella politica.
   In  questo  senso intendo la rappresentanza territoriale, come strumento
necessario – non ci sono infatti scorciatoie – alla costruzione di un nuovo
senso di interesse nazionale.
Ma  di tutto questo avremo tempo se vorrete di parlare. Ho proposto a molti
eletti  dei  diversi  schieramenti  di  organizzarci  come milanesi non con
spirito  campanilistico – anche se un po’ di lobbismo meneghino non farebbe
male  – ma per verificare se c’è davvero un punto di vista comune, al di là
della retorica dei modelli ambrosiani o lombardi.
Una prima occasione sarà la legge speciale per EXPO. Credo che dovrà essere
una  legge  coerente  con  gli  obiettivi del Dossier che ci ha permesso di
vincere:  che esalti il ruolo delle istituzioni locali anche nelle funzioni
gestionali,  che  confermi  gli impegni di cooperazione internazionale, che
permetta   la  partecipazione  alle  scelte  dei  cittadini  e  delle  loro
rappresentanze,  che  punti  sull’innovazione  e la ricerca nel campo della
salvaguardia  ambientale  ed  energetico,  che  mantenga  tutti gli impegni
economici del Governo precedente.
   A  proposito  di EXPO permettetemi una considerazione:  abbiamo detto in
tanti  che  può essere una straordinaria occasione per Milano di crescita e
di riscoperta di un ruolo nazionale e internazionale. Ne resto convinta. Ma
tutto  questo  non  riusciremo  a  raggiungerlo  se  ci  occuperemo solo di
Malpensa,  delle  infrastrutture,  dello  stesso ambiente, di compatibilità
economiche  e  tempi  di  realizzazione.  E  ho  citato  cose che considero
importantissime.  Avremo  davvero qualcosa da “far vedere” agli altri se ci
cimenteremo  con  spirito nuovo sui temi della solidarietà e della coesione
sociale  interetnica  e  intergenerazionale, sulla qualità della vita nelle
nostre  periferie,  sulla  formazione  dei  giovani e degli  adulti, con la
pazienza  delle  piccole  buone  prassi  che creano cultura diffusa e senso
comune.  Milano  non  può  tollerare  baraccopoli,  tantomeno può tollerare
razzismo e spedizioni punitive. Se lo facesse avrebbe già perso.
   Tornando  alle  mie  dimissioni,  credo che siano un giusto passaggio di
coerenza  con  la  richiesta  di  non cumulare incarichi – come prevede tra
l’altro  lo Statuto del Partito Democratico – e che siano una risposta, per
quanto piccola e personale, all’esigenza, da parte di quelli della mia età,
di lasciare ruolo e possibilità di crescita ai giovani e alla formazione di
una nuova classe dirigente.
Sarei  ipocrita  se  vi  dicessi  che  mi  dispiace di essere in Senato, ma
lasciatemi  dire  con  altrettante schiettezza che sono convinta che non ci
sia nulla di più bello, di più formativo, per chi ha passione politica, che
cimentarsi in questo Consiglio e con questa complicata, affascinante città.
   Auguri  di  buon  lavoro,  grazie  per gli anni passati insieme, scusate
qualche  mia  intemperanza  e  qualche tono da maestrina. Non vi libererete
comunque facilmente di me.