Prendo da Avvenire questo interessante articolo di Davide Rondoni
Il calo dei consumi, certificato in vario modo dai sofisticati studi di Confcommercio e dai più semplici rilievi sul portafoglio di casa, è un indice del calo del benessere. I media parlano di crisi, di crollo, di baratri.
C’è del vero. Ma c’è anche qualcosa di falso.
Insomma, secondo questa visione l’uomo che sta ' bene' sarebbe dunque l’uomo che consuma. Se consuma meno, ha meno soldi e dunque c’è da preoccuparsi. È lecito, è naturale che governo e opposizioni, e che enti e associazioni di categoria usino questi indicatori per valutare la salute del Paese.
Però. C’è un 'però' grande come una casa, e profondo come una ferita di pugnale.
Se i consumi calano, si può dire che c’è meno benessere economico o più paura a spendere. Ma non per questo si può dire che l’uomo che consuma stia bene.
Una lettura del fenomeno umano che si concentri solo sulla quantità dei consumi può essere fuorviante e pericolosa. Abbiamo visto spesso come certi consumi, anche consistenti, non solo di ansiolitici e beauty center ma anche di telefonia e di tv, segnalino piuttosto vari generi di malessere, a volte profondi.
Certe ' bulimie' da consumo, in campi come l’alimentare, l’abbigliamento, le comunicazioni, i viaggi, non sono sempre mosse da un benessere, ma non di rado da un malessere che cerca di ' curarsi' invano con la disponibilità di soldi. Così come, spesso, l’impigrimento nella produttività dipende da fattori di educazione e di capacità ideale che sfuggono ai calcoli.
Non vogliamo che i nostri economisti o gli statistici si trasformino in indagatori del cuore e dell’animo umano. Stilino le loro tabelle, i politici le impugnino, le studino: ma non pretendano di leggere solo lì dentro il benessere o il malessere d’Italia.
E dunque, se crollano i consumi si chiedano almeno di che genere di malessere è afflitto il Paese, e se si tratta di un malessere solo economico o se c’è dell’altro. E se c’è, occorre intervenire, anche in regime di maggiori ristrettezze su elementi che determinano la vita nei suoi fattori non solo ' economici'.
Non tutto si trasforma in economia. E non tutto è mosso dai soldi. Ci sono esempi di gente dalla vita sobria che con il loro lavoro ha mosso l’economia. Nei momenti di difficoltà, di stretta, si vede di che pasta è fatto un uomo. E un Paese.
Se di fronte a questo calo dei consumi, la reazione è solo il panico, o l’allarme o il lamento, può darsi che da questo fosso non si esca. E che ci si dibatta isterici e tendenti alla rapina reciproca. Se non si comunicano, se non si imparano certe ricchezze di cui si è dotati anche quando si è meno benestanti, allora la ristrettezza sarà solo un tempo cupo, e pericoloso.
Se non ci abituiamo a pensare a noi e ai nostri figli non solo come consumatori, sarà difficile avere valori e ragioni a cui richiamarci di fronte ai motivi di frustrazione o di ingiustizia che non mancano in questo paradiso ferito detto Italia. E al calo dei consumi si potrebbe affiancare, e forse già s’affianca, lo spettro dello scontro, della guerra tra poveri, dell’insoddisfazione scaricata sul vicino, o chiamatelo il prossimo. Già ora, di fronte alla necessità di non far mancare il necessario a chi ha più bisogno, e di cambiare certi assetti, si registrano i primi irrigidimenti, le dure erezioni di barricate a difesa dei propri interessi.
Così l’Italia, con i suoi consumatori e i suoi poveri, sarà una zattera alla deriva. Se ci saranno uomini capaci di sobrietà e di lavoro, di entusiasmo senza recriminazione anche con qualche sera al cinema o viaggio in meno, allora sì, ci sarà speranza ancora.