CHIUSURA DI MALPENSA

Comunicato StampaMilano – PD metropolitanoContro la chiusura di Malpensa, presidio del PD davanti a Palazzo Marino, ore 17.30 

Milano – Il taglio drastico dei voli, da 1200 a 185, era solo il primo passo verso la chiusura di Malpensa. Il PD denuncia con un presidio davanti a Palazzo Marino la morte cruenta dell'aeroporto internazionale di Malpensa.

 

«La Lega di Bossi ci parla sempre di presenza sul territorio – dice Ezio Casati, segretario del PD metropolitano – ma insieme a Berlusconi, Formigoni e Moratti stanno uccidendo le imprese e lo sviluppo della regione Lombardia»

 

Un presidio per denunciare Roma che ruba risorse alla Lombardia, oggi ore 17.30, Piazza della Scala di fronte a Palazzo Marino con il Presidente della Provincia, Filippo Penati, il Segretario regionale Maurizio Martina, il Segretario metropolitano Ezio Casati, il Segratrio cittadino Stefano Draghi, i Consiglieri e i Capogruppo del PD regionale, provinciale e nazionale.

 

Maria Emanuela Adinolfi

Ufficio Stampa

PD metropolitano

Cell 334 3998046

me.adinolfi@gmail.com

         

INTERROGAZIONE AREA PORTO DI MARE: PROGETTI DI BONIFICA

Il Consigliere Aldo Dell'Oro(PD) ha presentato questa interrogazione sulla bonifica dell'area di Porto di Mare

Premesso che: 

·        L’area PORTO DI MARE è stata indicata negli ultimi anni dall’Amministrazione Comunale come sede di importanti progetti urbanistici cittadini (Cittadella dello sport, Cittadella della Giustizia, luogo eletto per la movida);

·        l’area in oggetto attualmente comprende, oltre ad una vasta zona abbandonata, un parco pubblico (Parco delle Rose), diverse attività sportive e ricreative (discoteca, ristoranti) e molte  attività artigianali, più o meno regolari;

 considerato che: 

·        il Comune di Milano, sollecitato più volte dal Consiglio di Zona 4 a presentare i progetti di volta in volta annunciati, ha sempre risposto, sostenendo trattarsi di ipotesi di progetti più che di progetti veri e propri;

      ·        l’area in oggetto, di proprietà del Consorzio Canale Navigabile, doveva essere acquisita dal Comune di Milano e per anni era stata sede di un’importante discarica di rifiuti; 

si chiede al Sindaco e agli Assessori competenti di essere aggiornati su
 

        
quali progetti stia realmente perseguendo il Comune e se intenda informare e coinvolgere la zona 4;
          quale sia la situazione attuale della proprietà dell’area;
          quali ipotesi d’intervento siano previste per la bonifica dell’area stessa

MILANO,
7 maggio 2009                                                           
                                                                                                                  
                                                                                                 ALDO DELL’ORO

                                                                                                   Partito Democratico

                                                                                                  

  

E’ gradita una risposta scritta.

 

IL SICOMORO

Il nuovo numero del Sicomoro raccoglie testimonianze e racconti su Giuseppe Lazzati di cui ricorrono i 100 anni dalla nascita.
Uomo profondamente spirituale e allo stesso tempo immerso nella storia di questo mondo, con esso ha vissuto e si è confrontato.
Maestro di laicità.
Se
clicchi qui puoi leggere il nuovo numero

Il “Pacchetto Sicurezza” mette a rischio i diritti fondamentali della persona

1

Il “Pacchetto Sicurezza” mette a rischio i diritti fondamentali

della persona

In merito al “pacchetto sicurezza” e alle norme relative all’immigrazione e preoccupati per

il concreto rischio di vedere messi in discussione alcuni tra i diritti umani fondamentali,

proponiamo le seguenti riflessioni.

È per noi già fonte di perplessità ricorrere all’uso del termine “sicurezza” mettendolo in

relazione alle modifiche delle norme sui ricongiungimenti familiari e sul riconoscimento

dello status di rifugiato politico: quasi che queste regole possano avere a che fare con la

sicurezza dei cittadini e non, invece, essere considerate provvedimenti di un eventuale

“pacchetto famiglia”.

La lunga serie di divieti, poi, declinati nel Disegno di legge n°733/08, sembra far prevalere

una logica repressiva mirante a “rendere la vita impossibile” allo straniero che si trovi in

situazione di irregolarità dal punto di vista dell’ingresso o del soggiorno. Lo dimostrano,

ad esempio, alcuni provvedimenti oggetto di dibattito, suscettibili ancora di modifica e/o

ratifica, relativi a chi non è in possesso del permesso di soggiorno:

– divieto di accedere agli atti dello stato civile; divieto di accedere ai servizi sociali;

divieto di contrarre matrimonio e di inviare i soldi in patria tramite money trasfer;

inoltre:

– soppressione del divieto per il personale sanitario di segnalare la presenza dello

straniero irregolare che chieda di essere assistito

– introduzione del reato di clandestinità sanzionato con un’ammenda da 5.000 a

10.000 euro

– possibile prolungamento dei tempi di trattenimento nei Centri di identificazione e di

espulsione (CIE)

– impossibilità di ottenere l’iscrizione anagrafica (che per i comunitari costituisce il

provvedimento equipollente al permesso di soggiorno) in assenza di una abitazione

conforme ai regolamenti comunali.

Se le norme passassero l’Italia rinnegherebbe di fatto alcuni diritti fondamentali

della persona, che si è invece impegnata a tutelare in sede di convenzioni

internazionali.

Rispetto alle proposte contenute nel pacchetto sicurezza almeno tre sono gli interrogativi

che riteniamo vadano posti al legislatore e all’opinione pubblica.

a) Nel Disegno di legge non viene indicata nessuna norma volta a ridurre il

fenomeno dell’irregolarità. Questa, nel nostro Paese, ha raggiunto il numero di

650.000 persone, non solo per la elevata pressione migratoria, ma soprattutto per

l’irrazionalità dell’attuale sistema di regolazione1. Su questo punto, occorre

superare una “grande ipocrisia” secondo la quale si può fare ingresso in Italia

solo dopo la stipula del contratto di lavoro, un “dopo” che rischia di non avvenire

mai o troppo tardi. Forse va studiato un diverso meccanismo per far incontrare

domanda e offerta una volta giunti nel nostro Paese. Fino a che questo nodo non

sarà sciolto, gli interessi convergenti della pressione migratoria e del sistema

imprese\famiglie faranno sì che l’Italia si riempia di lavoratori irregolari, in

attesa per anni di “essere regolarizzati” (previo ritorno in patria) con il

farraginoso sistema dei flussi.

b) Le norme sembrano ignorare che l’ingresso e il soggiorno irregolari non sono

semplicisticamente catalogabili come forme di “illegalità”: chiunque, per il solo

fatto di essere una persona umana, porta con sé un bagaglio minimo di diritti,

che devono essere rispettati; diritti scritti a chiare lettere nell’art. 2 del Testo

Unico dell’immigrazione: il diritto alla salute, a un minimo di assistenza sociale,

alla scuola per i figli, a difendersi in giudizio contro un eventuale provvedimento

di espulsione ecc. Il divieto di matrimonio (non quelli fasulli ovviamente), il

divieto di accedere comunque ai servizi sociali o addirittura di denunciare allo

stato civile la nascita del figlio, così come le altre norme richiamate, non paiono

per nulla rispettose di tale principio.

c) Infine, queste norme – come tutte quelle dettate da esigenze di immagine e di

consenso – non appaiono immuni da elementi di irrazionalità. Se la

1 Dati dai Dossier Caritas. La rilevazione precedente aveva stimato il numero degli irregolari in 364.000 unità. La

situazione è dovuta per più del 70% non a “sbarchi” ma, paradossalmente a irregolarità “sopravvenute” dopo un ingresso

regolare

 

“penalizzazione” dell’ingresso illegale venisse davvero applicata, si

prospetterebbero in Italia 650.000 processi, volti a comminare sanzioni

pecuniarie che nessuno straniero vorrà o potrà pagare, e che comunque si

svolgeranno a totale carico dei contribuenti, ivi compresa l’assistenza legale agli

imputati mediante il gratuito patrocinio. Terminati detti processi, gli impedimenti

all’espulsione materiale dello straniero resterebbero esattamente quelli che erano

prima: difficoltà di trovare un mezzo per il rimpatrio, di reperire le somme per

pagare il mezzo, di concordare il rimpatrio con lo Stato di appartenenza.

Aggiungiamo che, nel frattempo, i “colpevoli” saranno entrati in contatto con

migliaia di pubblici ufficiali (medici, infermieri, insegnanti, ecc.) i quali

dovrebbero presentare denuncia e che, se non lo facessero, rischierebbero, a loro

volta, un processo per violazione dell’art. 361 codice penale. Quel che ne risulta

è una illogica moltiplicazione di attività giudiziarie senza che la questione della

irregolarità possa con questo fare un passo neppure minimo verso la soluzione. A

meno che non si varino norme dal valore simbolico, nella tacita speranza che le

stesse non vengano effettivamente rispettate e fatte applicare dai giudici: con il

risultato di infliggere un colpo davvero mortale al già debole senso dello Stato e

della legalità. Infine, nei confronti della pressione migratoria, l’effetto

“dissuasivo” dell’una o dell’altra legge è sempre stato praticamente nullo, come

ben dimostra la vicenda di questi mesi, quando un progressivo irrigidimento

delle norme ha coinciso con un aumento vertiginoso degli sbarchi.

Di fronte a questa situazioni, non ci appelliamo al pur importante dovere comune di

solidarietà, ma alla ricerca di soluzioni efficienti e razionali quale dovere primario della

politica.

L’esasperazione della logica repressiva (per esempio rinchiudere nei CIE, per mesi e

mesi, 650.000 persone in attesa di rimpatrio) non è né efficiente né razionale, perché

nessun fenomeno complesso può essere regolato in quella sola logica.

Occorre invece porre in essere un’intelligente politica di incentivi al rispetto della

regolarità, che preveda, ad esempio, il prolungamento del permesso di soggiorno per

chi dimostra stabilità di occupazione e l’abolizione del divieto di reingresso per chi

ottempera all’espulsione e regolarizza la sua posizione.

Per fare questo occorre però che venga messa da parte la pretesa di leggere qualsiasi

fenomeno sociale nella sola ottica della sicurezza e che si mettano in atto anche quegli

interventi promozionali, di sostegno e di integrazione, quali vie positive e lungimiranti

per edificare nel tempo una società inevitabilmente multietnica e multiculturale.

 

Documento sottoscritto da: Azione Cattolica Ambrosiana, Acli, Comunità di S.

Egidio, Gruppo Promozione Donna, Movimento dei Focolari.

RETTIFICA CORRIERE DELLA SERA

Sul Corriere della sera di domencia 3 maggio 2009 è apparso questo articolo che puoi leggere cliccando qui
qui sotto potete leggere la richiesta di rettifica

Gentile Andrea Senesi,

in riferimento all’articolo pubblicato domenica 3 maggio dal titolo “Dal  bowling  ai Celti,  ecco le spese del Comune”,  nel quale si  prendono in esame  i fondi erogati dal Comune di Milano e dai Consigli di Zona ad enti ed associazioni,  le devo segnalare una spiacevole imprecisione.  
A sostegno della tesi che la distribuzione dei fondi è “democratica “  l’articolo conclude che  “anche i Ds Lombardia, con sede in via Pergolesi 8, hanno pescato il loro bravo contributo di quasi duemila euro”.  In realtà “diesse Lombardia”, con sede in via Pergolesi 8, è un’associazione che aderisce alla Compagnia delle Opere (come si può rilevare dal sito web) e nulla ha a che fare con il partito DS.

Le chiedo pertanto cortesemente, per una corretta informazione ai suoi lettori, di pubblicare la seguente rettifica.

Cordiali saluti
Sergio Poggio – coordinatore PD zona 4

25 APRILE ALL’ORTICA

La Festa del 25 aprile ci deve far riflettere su quante persone hanno vinto il proprio interesse e il proprio individualismo fino al punto di dare la propria vita per la libertà.
Il Bene Comune prima di tutto.
In questi ultimi anni la politica populista del centro-destra spinge le persone a pensare a se stessi e al proprio individualismo.
Per questo gli insegnamenti delle persone che hanno dato la propria vita e lottato per il bene comune sono ancora attuali

Rifugiati a Milano: diritti e doveri degli stranieri e delle istituzioni.

In questi giorni a Milano è riesplosa la questione rifugiati e cioè delle numerose persone che giungono nel nostro paese dopo lunghi viaggi, spesso dai luoghi più difficili dell’Africa.
E’ un argomento difficile e delicato, ancor più oggi in un momento di crisi per tutti. A noi però interessano poche ma fondamentali cose:

i diritti delle persone, di tutte le persone, quelli dei cittadini italiani e quelli delle persone che giungono nel nostro paese spinte dalla povertà, dalle guerre, dalle persecuzioni, dove una corretta ed equilibrata integrazione di diritti e doveri aumenti la coesione sociale e dove i problemi si risolvono allargando la protezione sociale;
una giusta ed equilibrata correlazione tra diritti e doveri di tutti, necessaria per realizzare la coesione sociale delle nostre comunità, fondamentale per aumentare i livelli di protezione sociale, per favorire l’accesso ai diritti fondamentali della casa e del lavoro e dei doveri che la nostra Costituzione ricorda all’art. 2 come “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e all’art. 4 dove afferma che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
la responsabilità delle Istituzioni, esplicitata all’art. 3 della nostra Costituzione con le precise parole “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
il principio sperimentato lungamente nella storia, ed in particolare quella millenaria del nostro paese e dell’intero bacino del Mediterraneo, dove i popoli che si sono evoluti sono stati quelli capaci di integrarsi, di relazionarsi con gli altri, di scambiare merci, persone, culture, saperi, ma anche la storia che ha dimostrato che l’esclusione di molti dalle ricchezze di pochi, nei tempi lunghi ha provocato conflitti e lacerazioni.
Sembrano cose lontane, ma invece molto vicine ai fatti di questi giorni, sembrano cose irrealizzabili ed invece si può scoprire che nelle nostre comunità e istituzioni abbiamo già esperienze, risorse e leggi che ci aiutano. Proprio per questo i fatti di questi giorni sono ancor meno comprensibili e accettabili per una società civile e dalla lunga tradizione di accoglienza, operosità e responsabilità.

Vogliamo fare chiarezza e distinguerci da chi usa i numeri degli stranieri per produrre consenso e alimentare la paura e l’insicurezza della gente oppure chi usa le storie e giusti diritti degli immigrati per creare conflitto sociale propugnando diritti a tutti i costi senza doveri e senza le necessarie gradualità del possibile e dell’esigibile.

Ma veniamo ai fatti.

Nel 2007 il Governo Prodi, con i Ministri Amato (Interno) e Ferrero (Sociale) decide di investire risorse per una politica dell’immigrazione giusta e responsabile. Ne nascono progetti e destinazioni di risorse. In particolare sul tema dei rifugiati (intendendo per essi: richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria) il Governo fa accordi con le città dove di fatto molti di essi si concentrano dopo gli attraversamenti del Mediterraneo.
Questi accordi si aggiungono al già esistente SPRAR (Sistema di protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) realizzato a partire dal 2001 dal Governo con l’ANCI, l’associazione dei Comuni. A Milano questo programma garantisce già dal 2006 almeno 100 posti di accoglienza con le risorse del Governo e altri messi a disposizione già in precedenza dal Comune di Milano.
Con Milano il Ministero dell’Interno del Governo Prodi firma un accordo (cosiddetto Accordo Morcone) recepito dal Comune di Milano con la Delibera di Giunta del 30 novembre 2007 “Approvazione dell’Accordo, ai sensi dell’art. 15 della legge 241/1990, tra il Comune di Milano e il Ministero dell’Interno per la realizzazione di un Centro Polifunzionale da destinare a servizi ed attività di accoglienza a favore dei richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria. Approvazione degli interventi necessari a garantire l’utile uso degli immobili descritti nel documento preliminare alla progettazione ex DPR 554/99 e D.Lgs.163/206 relativo ai lavori di adeguamento e recupero delle strutture e aree destinate alle attività di accoglienza temporanea.”
L’accordo prevede la realizzazione di 400 posti di accoglienza per richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria, mettendo a disposizione risorse precise per la gestione (55€ procapite al giorno), per la ristrutturazione 4 milioni €, per la manutenzione 500.000€ annui.
La motivazione del Ministero è molto chiara: “incentivare la promozione dei diritti e delle libertà civili” e “l’utilità di impegnare risorse per promuovere anche nella Città di Milano una più adeguata risposta” e lo stesso Comune afferma che “le strutture attivate dal Comune sono comunque insufficienti a coprire la domanda di accoglienza in quanto la Città è interessata da un continuo afflusso di cittadini stranieri provenienti dalle Questure del sud Italia”.
Quindi un accordo importante, giusto e aggiuntivo a ciò che già esiste. Così Milano potrebbe mettere a disposizione un’accoglienza di 500 persone (richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria): 100 dello SPRAR e 400 del Morcone.

Di fatto oggi però ci sono due problemi:
i posti a disposizione per tutto il 2008 e ancora oggi sono circa 300 nei 4 centri per uomini e per quello per donne e bambini, presenti oggi a Milano e dedicati ai rifugiati;
mancano oggi programmi adeguati di passaggio dalla prima accoglienza che avviene nei 5 Centri citati alla vita autonoma nel tessuto abitativo della città.

Per il primo problema chiediamo al Comune di attivarsi con la massima urgenza per attivare i circa 200 posti mancanti, realizzando la struttura già indicata nella delibera del 2007 oppure trovando una soluzione alternativa o provvisoria, comunque più adeguata alla realizzazione dell’accordo del novembre 2007.

Per il secondo problema è necessario ripensare l’intervento alla luce della realtà odierna, magari realizzando un tavolo del Comune con le realtà del non-profit milanese già impegnate da anni nella seconda accoglienza e nei processi che favoriscono l’integrazione lavorativa e abitativa delle persone straniere. Infatti ad oggi, intervenendo purtroppo troppo spesso a seguito di occupazioni e sgomberi, i rifugiati vengono inseriti in blocco con un intervento complessivo per 10 mesi. Al termine di questi si trovano a passare da un’accoglienza completamente gratuita e collettiva alla realtà del mercato della casa di  Milano, già particolarmente complesso e costoso per tutti.
In verità l’accordo del 2007 prevedeva un percorso più innovativo e particolare, rispetto a quello messo in atto dal Comune di Milano:
una prima fase di 60 giorni per accoglienza temporanea e assistenza;
una seconda fase di 180 giorni per un’accoglienza finalizzata al sostegno, alla formazione e all’integrazione socio-lavorativa;
una terza fase di 60 giorni di ospitalità in semiautonomia attraverso modelli alloggiativi sperimentali.
La strada è già indicata, ed è una strada di diritti e doveri, di corresponsabilità delle istituzioni ma anche dei rifugiati stessi che diventano partecipi di un programma-progetto di integrazione dove riteniamo che sia necessario l’aiuto delle istituzioni ma anche la capacità di programmare un percorso di graduale autonomia abitativa ed economica.
Per evitare situazioni periodiche come quelle di questi giorni forse serve proprio un programma serio di realizzazione della terza fase, magari accompagnata da una quarta fase di accesso a risposte abitative dove gli stessi rifugiati contribuiscano con loro risorse economiche.

Si tratta di passare tutti dalle parole ai fatti, con responsabilità e solidarietà. Noi siamo disponibili. Intanto abbiamo chiesto all’Assessore Moioli di rispondere ad un’interrogazione particolareggiata sui passaggi di questi mesi.

Milano 24 aprile 2009

Marco Granelli e Andrea Fanzago, consiglieri comunali PD a Milano

BANDO LEGGE 23/99 E ZONA 4

Giovedi si è tenuta la Commissione Politiche Sociali, Famiglia di Zona 4 con Il Bando della legge 23/99 sulla famiglia della Regione Lombardia.
L'intento è quello di creare reti di solidarietà fra le famiglie e sviluppare l'associazionismo famigliare

La prima considerazione sono i soli 7 milioni di euro stanziati per tutta la Regione Lombardia su un tema cosi importante e dove necessitano interventi di sostegno più consistenti.

Le richieste da parte delle Associazioni, delle scuole o delle parrocchie di Zona 4 sono andate prevalentemente su interventi di doposcuola o di prevenzioni della dispersione scolastica o per l'integrazione degli stranieri.
Questo sta a significare la profonda difficoltà che sta vivendo la scuola italiana dopo la Riforma Moratti che ha tolto insegnati di sostegno e mediatori culturali.
Ora si cerca di mettere delle pezze hai danni causati da quella riforma.

Estremamente positivo l'atteggiamento delle associazioni e gruppi di volontariato che stanno cercando di supplire alle mancanze dell'amministrazione comunale e regionale